BLASONE IN SICILIA
OSSIA
RACCOLTA ARALDICA
V. PALIZZOLO GRAVINA
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BAf^ONE DI RAGIONE
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Editori |
PALERMO |
Tipografia |
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VISCONTI & HUBER |
( ?• LJ B L I C ) |
IGNAZIO MIRTO |
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ALL'ECCELLENTISSIMO
DON JVIICHELE GI\AVINA E REQUESEI^^^S
PRINCIPE DI COMITINI
PER VARI TITOLI ILLUSTRE
TESTIMONIO DI GRATO E RIVERENTE AFFETTO
QUESTO LIBRO
' OFFRE
L' A U T 0 R E
INTRODUZIONE,
Sono oramai dieci secoli da che, posto il feudalismo in tutto il suo splendore sotto Carlo Magno, la scienza ca- valleresca segnò un nuovo stadio di nobiltà sconosciuto agli antichi celebrati tempi di Grecia e di Roma. Epperò nei misteri di questa scienza ritrovasi un gran vestibolo, un importante inizio, che ^tùlbica o SSlaèotie si appella.
Dopo le varie opere del p. Mènestrier piene di dotte curiosità, molti scienziati sopratutto in Francia, Germa- nia, Italia ed Inghilterra anno molto su questa materia lavorato; talché può dirsi ch'essa prenda a' di nostri non picciol rango nel mondo dell' erudizione, accanto all' Ar- cheologia, alla l^umismatica ed alla Paleografìa, attese le grandi attinenze che la genealogia dei più illustri perso- naggi colla storia dei popoli à sempre mantenuto.
« Il Blasone, dice il Visconte du Magnj, è una storia « vivente e animata, è il risultato di ciò che i secoli pas- « sati ed i tempi moderni anno prodotto d'eroico e d'illu- « stre; in funesti segni rilevanti, in questi innumerevoli « simboli tutto à un senso, una causa, un fine, una ra- « gione di essere. »
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Mfilgrado gli sforzi d'un lliiiutoli, Inveges, Muguos, An- zaloiie, Btironio, Savasta, e più d'un istaiicabile Marchese di Villabiauca, ai dì nostri non possediamo ancora un' o- pera che possa reggere al paragone di quelle splendidis- sime, che in Francia ed altrove son venute alla luce; in cui chiaramente scorgesi qual potente ausiliario sia per l'Araldica l'arte dell'incisione, dai moderni portata a som- mo grado di perfezionamento mercè il sistema della cro- molitografia. Ne col dire che nelle opere dei citati autori ci resti non poco a desiderare per le moltiplici lacune ed errori, che vi si rinvengono tanto in Araldica che nel nesso delle genealogie, intendiamo volger loro un'amara censura,
T
mentre poi senza i loro lumi è la loro scorta nulla oggi ose- remmo intraprendere, .
Il nostro 35Ia#ottc offrir può non pochi interessanti dati agli amatori delle gloriose tradizioni di quest'Isola. E noi che dai bravi, artisti wisconti e Huber siamo stati incorag- giati, non per vanità di sciorinar dottrine non nostre, ma solò per colmare 'una ìacuna, o a dir meglio per provve- dei*e a un bisogno ormai nel mondo culto sentito, ci siamo accinti aìin picciol sag'gio di tal lavoro, sperando che possa contentare l'esigenze del secolo illuminato in cui viviamo.
Taluni per bizzjii^ria o per altri intendimenti, che in- darno studiano dVcciiltare, sentenziano non essere le armi gentilizie e la nobUlà istessa che un rancido avanzo da medio-evo, oggimai divenuto inutilissimo. Sarebbe super- fluo r avvertire che non è per loro che ci siamo accinti alla difficile impresa, ma per la gioventù bennata, la quale deve ispirarsi a grandiosi concepimenti, e che meditando sulle virtù degli avi non lieve frutto potrebbe da questa
opera raccogliere. È gitisto altresì non ignorare cìi e k nò- bilia e ereditaria e personale ; che la prima volendo far eco ai grandiosi pensamenli di Platone, Aristotile, Cice- rone, Machiavelli ed altri non può produrre da se sola che un j)ome vano; e che la seconda senza il prestigio di quella poco valida si rende. In óomma è dietro i ineriti propri e gli onori che da essi derivano che oggi ognuno ama di risalire all'idea della virtù, e quindi della nobiltà degli antenati.
Intanto non chiuderemo questa breve introduzione sen^jia dare un'idea dell'ordine del nostro lavoro— Presentano il punto di base ben cemto tavole colorate, contenenti circa duennil a stemmi delle nobili fatniglie, delle principali città, e delle dinastie regnanti, chiMn retto le sorti della nostra Sicilia^ riprodotte col ^isterilii della cuo- rnolitografia pei cennati artisti,
Alle stesse faremo seguire un ^ì^ìonavio esplicativo dei nomi di tutte le nobili famiglie, rilevandolo dai suddetti autori e da appositi documenti 9 che 3aranno nel testo citati.
11 tutto da i^tojiom hi «Jlì'MMcasarà preceduto, sulla ma- teria di accreditate opere valendoci; il che basterà a dare Un'idea dell'origine e perfezionamento delle armi > degli scudi e loro partizioni, della ^ìnilx^lica degli smalli e pcaze onorevoli, e degli ornamenti «steri ori delle dignità eccle- siastiche» militari e civili.
^. spttfns-olffT&Toviniiìt.
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BEIVI MlOMBìAUlDìCA.
X(* Araldica, Ha' moderili Blasone appellata, e la scicn^ta rlie da J«llf reg'ole per esplicare i metalli , i Colon, le ftp'ure,^!! ornamenti, i gridi, e le divise di \xno scw- Ao^ e cfiianioisi Araldica Porgli Araldi, cne sì trova va no neiTonci onde tener re^ìiXro delie nrn\\ dei Cavalieri clic presentavansi per coml>flltere.
Molti Araldici Kan fatto su <^uesta- sc'tenxAle pWiiiUressanti ricercKe, e \e danno un' origine onltcUissunok-.
joegoino" rie attrjtuiite Vinytnnone alXtmfi Ji noe~iieìrAf>oinloi ,\fptoìie ,Montftt eà <dtri r\e fanno ri^^lrre l'uso aJt^empi evotci-^icnas e Panàro/r, daìF'ou*torffu dt antiflii manoscritti di Crt50( Maffei, deicrrvono il {>Ia5one delle coorte rollane, rne dicono essere comjfos[o di metallo, dì colore , e di figure impreo-aite nello fetido — TicKcr «ppoograndoi'r al cap»ito|oVIdcìla termanta diTacttf^^drce cKeg^lt Ale- •n\aiim conoscevano il blasone — Grani er di C a 55ao'rtac infine pretende ciiele armi esistevano sin dai secoli d'Auou^to co' 5iml>oli ed i sec'ni jmpieortti nel medioevo-
Ma queste inseone u5ate sin daitemp't -più remati non furono cJie per^onalt^c non SI resero ferme, ereditarie, dr Jm alti determinati, di certa di $po5Ì zione ordinatx per dislinoucre le famiglie e contra.$se<rnarela nobiltà, die nelXU secolo per le cure Ài Ludovico VII detto il Giovine, e di suofrolio Klippo-Au^u^to.
lì dotto gesuita "P.]V|enestrier^'^Monle dà orio-ine che dai H'ornei^ e fata ^-wo- deriia voceì>loLsone derivare dal»lci2:^n parola ale ma ima, cKe sionifiea Sìw- nareit coTnoolitr<»»nl3a;il die prati cavasi nei Tornei fluandoam no-e va un notile oflDi
C4) Villa cultu^.jactatio 5CiAtatoiiitii/m'\ectlSSj|iiii colorrtu^ i't s\inof."i^^ ■ iZ)ì^eneS\rie)r- 0x1(71 ne ies AnnCries et <<«• Blason.
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di far raounare crìi altri per esami narele sue armi eiì i suoi titoli -E<rli Ja ai Tefle.$fhila gloria d'avere? i "primi mtrotJottal'u^otn'xa cle11'o(i-me,e<? ai Francesi riserva «quella J'avcr ne fatta un'arte anzr una sciexz; sono e5si infatti die anno formatele \eogi Aral<^iflie,clic presenta Ilo le a.r mi pi m re troia ri .
3eg'ufcn<to iMencstrie ho f/etio rne l'orio'ine del hìàsone -venne cÌslì Tornei ;eAecco come fu stabilita <jue4a comrettura — Lo 5cu<Jr> rappresenta i\ hroccììiere^'chc l Lavai ieri portava ao nei Tornei» crìi s/t?a/tf'esPrinioiw ivàrìi coìorideìle 3irnii,e depJi abiti dei Cavalieri; la bsndoL e\3,^^scis mostrano Wfendoìio oXsiSciurpcx; i caf>riolo e la croce eli P. Andrea rappre5<!ntano le barriere eie ]ìzze ; i\ ^^lo Ja la nei a; Vo?io il recmttx^el Campo, clovefacevasi la corsa. G.li <^/v^^r//?(?///t attorno àeWe armi det- ti Jai Taarceiì Uwhrea'i(ins'presen\d.no i liastrr, or\àe i cavalieri oriiavctrio I ioro einii in onor delle Panie _1 tenenti ei sop>f>ortc Ae]\e armi Vf Ho-oilo <rla r paff^i fKc portavano j detti ^cudi «^^i Cavalieri ^à xx quali 5Ì davano ^]i sh^Vx ài stìvi^cro-i ,
di leoni ^ Q ^t fio-ure ^'nomi ni ,
o
DEGLI SCUDI.
Lofcuttoèla'fifMra dVna^pecre di fcroccliiere sul di cui campo 51 dt^eo-nano le armi,
varie 50110 le forme deo^Ii scudi -essi &iytTS\Vi(:\Y\o secondo le nazioni — TaV- 1 .
1. Lo $cvì.\o Italiano e oVale.
2. Il Siciliano è ovale e terni! nato in punta.
3. il rT'ance5e è un Quadrato lungo lecoernien te rotondato aidue ano;^pli4nfcripri e terminato in punta.
4.LoiS^tudo delle Dame oDamigellee una mandorla delta da i France5Ì/oj^a/7<rÉ'^ ed è il simbolo ài Vero^inita,Le maritata Io porta no accollato alle armi de'loro mariti.
5. di iSfcudi 5pao;'nitolt^Fortoo-liest eFiamminaKi sono completa mente roìonAl ìi 5olto , ^- drino-le^i Anno adattato c^uasi l'Ì5tc5^o 5cudo france5c,tranne gli arto-oli
di sopra, che soiioprolunafottun punte orirzontalr ' 7. La Scucio Tedeico è incavato, edi vane figure,
JMa tutte queste fonme Ai scuài Potendo, giunta il parere dei più \}r3ivi araf- dict Trance5Ì, nona es5erecii rigore adottate; per le armi no,sfre siciliane al francese attenuti/ ci 5iamo, 5i e coirve quello che a Hasonarele armi vierneal^<?^i presta .
(.DBroctJiiere arma difensiva ,siportaVA al traccio sinistro e serviva a riparare dai colpi J el ncinjfo .
C2) Coinè ^« oijervoc in varii anttirlit monw/rnciiti jicrliani , e precisaMiente ne\Xu,rno\o \ncirmirrco <i\t>u.eii. laMzi'i moglie del conte Cliiiva monte, eii^tcnte >« ralermo nella cfitc sa Ji<?.>1»rr« delta Catena nella prima caypello. jiiiiotn de jtfj. ^
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DEI PUNTI PRINCIPALI DELLO SCUDO.
A serve a designare il mezzo, o il cuore dello scudo, sul quale si col- loca la pezza che è sola o che è la pezza principale;
B è la punta del capo, o il mezzo del capo;
C è la punta dello scudo;
D il lato destro del capo;
E il lato sinistro del capo;
F il fianco destro;
G il fianco sinistro;
H il lato destro della punta;
I il lato sinistro della punta; Tre pezze alUneate in D, B, E si dicono allineate in capo, In B, A, C: situate in palo; In F, A G: situate in fascia; In D, A, I: situate in banda; In E, A, H: situate in barra; In H, C, I: situate in punta; '
Nove pezze situate in D, B, E, in F, A, G, e in H, C, I, si dicono situate 3, 3 e 3
0 in bandiera. Cinque pezze situate in A, B, C, F, G, si dicono messe in croce. In A, D, I, E, H, sono in croce di S. Andrea. ìv. In D, B, E, G, I, C, H, F, sono in orlo.
DELLE DIVISIONI E SUDDIVISIONI DELLO SCUDO.
Il campo dello Scudo si divide in quattro grandi parti o sezioni principali, che si denominano partito, diviso, trinciato, e tagliato da dove derivano tutte le altre divisioni e suddivisioni di esso — Tav. I.
9. Il partito si forma con una linea perpendicolare, che divide lo scudo in due parti uguali.
10. Il diviso con una linea orizzontale.
11. l\ trinciato con una linea diagonale, tirata dall'angolo destro dell'alto dello scudo all'angolo sinistro della punta.
12. Il tagliato con una linea che è opposta al trinciato.
13. L'interzato è di due linee, che dividono lo scudo in tre parti uguali, o in fascia, o in banda, o in barra.
14. \J inquartato quando lo scudo è partito e diviso; e forma quattro quadrati uguali.
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15. U inquartato in croce di S. Andrea divide lo scudo in quattro triangoli iso- lati, uno in capo, uno alla punta, e i due altri ai fianchi; ed è formato dai diago- nali del trinciato e del tagliato.
16. ritondato è formato di quattro principali divisioni, dove in effetto si trova il partito, il diviso, il trinciato, ed il tagliato.
17. Lo scudo può essere inquartato, al 1 e 4 contr' inquartato ec; così pure al 2 e 3 inquartato in croce di S. Andrea.
18. Lo Scudo partito di due tagli forma 6 quarti.
19. Partito di tre linee e di un taglio forma 8 quarti.
Lo Scudo può anche dividersi in 12, 16, 20, 24, 32 quarti; quest'ultimo si chiama Pennone Genealogico.
20. In Ispagna ed Inghilterra lo scudo con le proprie armi entra ordinariamente nella composizione del pennone generale delle armi di famiglia; ma in Francia ed in ItaUa è d'uso che lo scudo d'una famigha si metta in cuore sopra il tutto; e se un altro scudo è sopra questo collocato, allora si dice ch'egli è sopra il tutto del tutto.
DEGLI SMALTI, METALLI, COLORI E FODERATURE.
Il Blasone à due metalli, cinque colori ^ detti smalti, e due foderature. I due metalli sono Y oro e l'argento. I cinque colori l'azzurro, il rosso, il verde, il jjor- pora o pavonazzo, il nero ; ai quali gì' inglesi aggiungono l' arancio ; le due fode- rature l'armeUino ed il vajo. Essi si distinguono per via di ombreggiamenti, o di intagliature 2 — Tav. II.
1. 2. L' Oro si descrive punteggiato; è simbolo del sole, rappresenta la forza, la costanza e la ricchezza.
3. 4. L' Argento si descrive tutto bianco ; è simbolo della luna. Significa purezza, innoccenza, carità, clemenza, concordia, vittoria.
5. 6. L' Azzurro si presenta con linee orizzontali che vanno dalla destra alla si- nistra. Esso mdica il firmamento e l' aria ; significa giustizia, lealtà, beltà e riputa- zione. Nei Tornei era contrassegno di gelosia.
7. 8. Il Rosso si forma con linee verticali che vanno dall'alto in basso; esso rap-
1 I differenti colori usati nell'arme, dice il p. Ménestrier, si riferiscono ai colori dei quali si ornavano i Cavalieri nei Tornei; e questi sono succeduti agli antichi giuochi del Circo, dove erano quattro fazioni o squadriglie. Alba, Rosea, Veneta, Prasina; cioè la Bianca, la Rossa, V Ac^zivra e la Verde. Domiziano ne aggiunge altre due, 1" una vestita di drappo d' oro, e 1" altra di porpora; il nero fu introdotto da' Cavalieri, che portavano il lutto; finalmente gli Armellini ed i Vaj servivano parimente agli abiti di Tornei.
2 II gesuita p. Pietrasanta, nel suo libro intitolato Tesserae Gentilitiae, fu il primo che mostrò la maniera di far conoscere i metalli ed i colori nelle incisioni per mezzo di linee, e di ombreggiamenti.
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presenta il fuoco, ed è simbolo del valore, della giustizia e dell'amor di Dio; nei tornei era segno di allegrezza. E il ])iìi noliile di tutti i colori.
9. 10. Il Verde viene formato da linee diagonali dall'angolo destro del capo al- l'angolo sinistro della punta, rappresenta la terra, molto raro nelle armi dove fu introdotto all'epoca delle crociate. Dimostra la vittoria, l'onore, la civiltà, la cor- tesia; nei tornei fu contrassegno di speranza.
11. 12. Il Porpora o pavonazzo si forma da linee diagonali dall'angolo sinistro del capo, all'angolo destro della punta. Esso si attribuisce all'uso degli abiti di por- pora che portavano certi funzionari della chiesa e di corte; rappresenta verecondia, fede, temperanza, nobiltà cospicua, ricchezza, liberalità, ricompensa d'onore.
13. 14. Il Nero viene rappresentato da linee verticali, ed orizzontali molto unite; è simbolo di fortezza e vittoria; significa prudenza, saggezza, costanza nelle avver- sità, dolore, tristezza, umiltà.
15. 16. UArcmcio si rappresenta con Tincrociamento di linee verticali e diagonali; è un colore adottato dagl'inglesi, e significa buona riuscita, desiderio glorioso, si- cura speranza.
17. U Ermellino i è indizio d" un' alta dignità; serviva a guarnire gii abiti dei personaggi più elevati ; viene rappresentato da un fondo d'argento sul quale si ve- dono molti fiocchetti neri.
18. Il ContrermelUno si forma di fiocchetti d'argento in campo nero.
19. Il Vajo ~ è una foderatura di pelli bianche, ed azzurre tagliate a forma di campane; essa era molto stimata nel secolo XIV. Può essere formato d'altro colore, 0 metallo che l'argento e l'azzurro; ed allora dicesi vajo di tal metallo o colore.
20. Il Controvajo risulta da campane dello stesso metallo o colore, poste l'una rivolta contro l'altra.
DELLE VARIE SPECIE D'ARMI
Gli araldisti, e sopratutto il p. Menestrier distinguono nove specie di armi, cioè: di dominio, di concessione, ìYì patronato, di comunità, di famiglia, di alleanza, di suc- cessione, di pretenzione , di elezione.
1. Le armi di dominio sono (pielle, che portano i sovrani; esse son sempre unite a quelle dei regni, e delle terre che possedono.
2. Diconsi di concessione quelle, che i sovrani concedono a persone private, per-
1 II p. Moneti (lice che l'ermellino e la pelle d'un topo dell'Asia di mi pelo bianco a piccliiettature nere; questo animale abbonda nell'Armenia, dove se ne fa un gran cunimercio.
2 Vajo scojattolo del Xord.
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che sieno un contrassegno alla posterità della ricompensa loro accordata per segna- lati servizj.
3. Di ];)adronato son quelle, che le città aggiungono alle proprie come un con- trassegno di soggezione e di dipendenza.
4. Sono di comuìiità quelle delle provincie, delle città, degli arcivescovadi, ve- scovadi, delle accademie, capitoli, comunità religiose, ordini mihtari, ecc.
5. Di famiglia quelle, che sono particolari a certe persone, e servono a distinguere una casa da un'altra.
6. Di alleanza quelle, che si mettono in uno dei quarti per dinotare le famiglie colle quah si ha contratta la parentela.
7. Diconsi di successione quelle, che si prendono in seguito di eredità, tanto per volontà del testatore, che per sostituzione.
8. Sono di pretensione quelle, che dinotano un dritto, che si ha sopra regni, pro- vincie e terre.
9. Di elezione sono finalmente quelle prodotte dal capriccio e dalla vanità di al- cuni, che sono giunti a qualche fortuna, e che non hanno legittimo dritto di por- tarle. Ma ciò non li rende nohih ; vi hisognano a quest'uopo dei diplomi speciaU di concessione.
DELLE ARMI DI FAMIGLIA
Esse sono di cinque specie:
1. Le parlanti, che hanno rapporto coi nomi delle persone, e che sono, secondo il marchese du Magny, le piti antiche e le più noljili. Sembra però che il promo- tore di quest'utile costume fosse stato il re Ludovico VII. Fu egli il primo, che pose nel suo scudo un oggetto, che potesse richiamare al suo nome di Loys il Lijs gigUo; ed a suo esempio tutti i signori cercarono riprodurre i loro nomi nelle loro armi.
2. Le pure o piene, come quelle di Francia.
3. Le rotte (brisées), che servono a distinguere i cadetti dai primogeniti.
4. Le caricate, quelle cui sono aggiunte alcune pezze.
5. Le diffamate o scaricate, sono quelle ove si è tolta qualche pezza, o porzione come un contrassegno d'infamia.
DELLE VARIE FIGURE CHE CARICANO LO SCUDO
Le figure o mobih, che caricano lo scudo sono di quattro specie cioè:
1. Figure araldiche,
2. Figure naturali,
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3. Figure artificiali, ed inanimate.
4. Figure chimeriche.
I.
Le Figure araldiche di prim' ordine, dette onorevoli perchè occupano ordinaria- mente il terzo dello scudo, sono :
Il Capo, prima delle pezze onorevoli ordinarie, nella simbolica del blasone rappre- senta l'elmo del cavaliere; esso ^si mette nell'alto dello scudo. Si dice capo ah- bassato, quando è staccato dall'orlo superiore dello scudo; sormojitato quando ciò che lo separa dall' orlo superiore è a colore; capriolato, palato, bandaio, quando il capo è distinto da alcuna di queste pezze. Dicesi anche capo cucito quando è del colore del campo.
La Fascia, seconda delle pezze onorevoli ordinarie, dinota la corazza o la cintura del cavaliere, e prende posto orizzontalmente nel mezzo dello scudo, di cui occupa il terzo. — Lo scudo si dice fasciato, quando vi sono 4, G, 8, fasce; se poi ve ne sono di più addimandasi burellato, che si distingue in merlato, doppio merlato, den- tellato, fatto a scaccili.
Il Palo, terza delle pezze onorevoli ordinarie, mostra la lancia del cavaliere, o il palo, che il castellano faceva drizzare innanzi il ponte levatojo della sua abitazione, come segno di giurisdizione. — Si specifica il numero dei pali; ve ne sono a forma di cometa, ed a fiamma. Quando i pali sono dimezzati, e la metà del palo è di metallo e di colore, si dice palato e contropalato.
La Banda, quarta delle pezze onorevoli, figura la sciarpa del cavaliere, e simbolizza la qualità dell' alfiere ; essa occupa il terzo dello scudo e lo attraversa dall'angolo destro del capo, all'angolo sinistro della punta. Si chiama cotissa quando non à che due terzi di sua larghezza, e banda in divisa quando non à che il terzo. Vi sono pure delle bande fusate, dentate, merlate, caricate, accompagnate, potenziate, ed a scacchi. — Quando le bande sono opposte le une alle altre, cioè quando il colore è opposto al metallo, ed il metallo al colore, lo scudo è detto allora bandaio, controbandato.
La Sbarra, una delle pezze onorevoli, non dift'erisce dalla banda che per la sua posizione che è di sinistra a destra, mentre la l)anda è di destra a sinistra. — Essa s' impiega qualche volta come segno di bastardia, ma allora deve essere meno larga, e si chiama Traversa.
Il Capriolo 0 Scaglione, quinta delle pezze onorevoli ordinarie, à la punta in mezzo al capo dello scudo, e due gambe che aprendosi in forma di compasso si estendono ai due angoli della punta. Esso occupa il terzo dello scudo; rappresenta gli sproni del cavaliere; e se di legno, è destinato a sostenere i lavori delle fortificazioni. Può anche
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rappresentare la l^arriera. e la lizza. Il capriolo può essere accompagnato, scorciato, appuntato, spezzato o rotto, spaccato.
La Croce, sesta delle pezze onorevoli, da alcuni araldisti è tenuta come rappre- sentante la spada del cavaliere; ma sembra meglio adottata dai crociati nelle loro armi dopo il ritorno di Terra Santa. — Di varie forme è la croce, come: scorciata, ancorata, ìjordata, merlata, doppio merlata, striata, accantonata, composta, dentata, inquartata, cancellata, scaccheggiata, a gigli, infiorata, inforcata, alzata, d' ermellini, di Lorena, romboide, ondata, inchiodata, patente, potenziata, ricrociata.
La Croce di S. Andrea, (Sautoir) composta della banda e della sbarra, dimostra la barriera e lizza; essa è pure di varie forme come scorciata, caricata, accompagnata, di foderature come Vaj ed Ermellini.
La Bordura, (^bordure) cbe è attorno dello scudo, se merlata indica le mura della fortezza, se dentellata un campo trincerato e difeso da palizzate.
Il Quarto, [frane quartier), è il primo quarto a destra dello scudo, e deve es- sere d' un altro smalto del campo.
II Grembo, (le giron) è un mobile a triangolo isoscele; esso rappresenta l' antico abito, largo in basso, ristretto al di sopra. Se solo, s' indicherà da qual lato si muove.
La Campagna, ò una pezza onorevole formata di una linea orizzontale, che oc- cupa circa una terza parte dello scudo verso la punta.
Lo scudetto, (ecusson en coeur) è uno scudo piccolo, posto in centro o in fondo dello scudo; esso dinota principe giusto, protezione sicura, e fede sincera.
— Le figure araldiche di second' ordine o di moderna creazione sono:
II Lambello, (le lambel) fascia stretta, che non tocca i bordi dello scudo, ed or- dinariamente con tre pendenti, che scendono nel basso. Serve a distinguere i ca- detti dai primogeniti, e può essere di colore sopra colore, e di metallo sopra metallo.
La Pergola, (la pairle) palo che sorte dalla punta dello scudo; diviso in due parti uguali in forma Y ai due angoli del capo e rappresenta lo sperone dell' antico ca- valiere.
L' Orlo, (r orle) differisce dalla bordura in ciò che questa tocca i bordi dello scudo mentre questo ne è staccato.
La Punta, (la pointe) pezza che si forma con due linee, le quali cominciando dai due cantoni di sotto si uniscono in punta, quasi nel mezzo dello scudo.
Pila, (la pile) è la punta rivoltata; può essere moltiplicata nello scudo.
Il Cantone, (canton) piti piccolo del quarto eh' è la quarta parte dello scudo, col- locandosi a destra o a sinistra rappresenta la bandiera del cavahere alfiere.
Cinta merlata, {Trecheur) somiglia all' orlo con metta di sua larghezza.
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— Le figure araldiche di terz' ordine sono molto più numerose ; menzioneremo soltanto le principali.
Bisanti, (Besant) sono monete coniate a Costantinopoli, pezze onorevolissime usate nelle armi. Rappresentano ricchezza, ajuto, sovranità di chi à dritto di Ijattere mo- neta nei suoi stati, o come riscatto di prigionieri in guerra.
Torte, (tourteaax) pezza mobile nelle armi tonda e piatta, di colore, e di fode- ratura, si distingue dalle hisanti. che sono di metallo. Rappresentano il pane di mu- nizione, che serve per l'armata in guerra.
Toì'te hisanti (les hesants-tourteaux) è una pezza tonda partita o inquartata di metallo e di colore.
Plinto, pezza quadra e bislunga come un mattone che dicesi plinto, o biglietto. Alcuni credono, che i mattoni rappresentino il dritto, che avevano i signori feudali di far costruire castelli e case signorili; secondo alcuni erano pezze di stoffa d'oro e di argento, aventi la forma di un quadro lungo di cui si ornavano gli abiti come segno di giurisdizione e di franchigie signorili; secondo altri dinotano stabilità e fermezza, 0 pure lettere sigillate.
Gli Scacchi, (les carreaux) sono quei quadri, che compongono lo scudo o le pezze scaccate. Essi significano fortezza e costanza, e possono rappresentare un'armata schierata in battaglia.
Lozanga, (Losange) figura di quattro punte uguali, due delle quali in senso con- trario sono piti acute in forma di rombo. Ciò che abbiamo detto per gli scacchi può applicarsi per le lozanghe.
I Fuselli, (Les fusèes) figure più acuminate delle lozanghe, e quasi a foggia di fuso; sono l'emblema della pazienza, e possono per conseguenza essere l'espressione di qualunque lunga intrapresa compita con saggezza e perseveranza.
Le Maglie, (les màcles) sono lozanghe aperte nel mezzo e fan vedere il campo dello scudo.
I Quadri acidi, forati, o aperti in forma quadra o rotonda, detti dai francesi Rìi- stres, sono lozanghe forate in giro.
— Le figure araldiche di quart'ordine sono le diminuzioni, e moltiplicazioni delle pezze e delle figure araldiche sopra descritte, come fasciato, jJalato , Mandato , ca- priolato, fusaio, scaccheggiato, lozangato, cantonato, ecc.
IL
DELLE FIGURE NATURALI
Le figure naturali sono quelle che appartengono ai tre regni della natura, men- zioneremo le principali.
IS
Agnello, simbolo d'innocenza.
Angelo, simholo della fede clie si à nella di lui assistenza divina; le sole teste alate dimostrano ardente amore verso Dio.
Asino, simbolo del travaglio e della pazienza.
Ape, emblema dell'industria, dell'ordine, ed offre l'immagine d'una monarchia.
Aquila, occupa il primo rango fra gli uccelli, ed è simbolo della possanza.
Btie, rappresenta la Mica, la pazienza, e l'assiduità al lavoro.
Cane, simbolo della vigilanza, dell'amore e della fedeltà.
Capra, simbolo della fatiga e della diligenza.
Cardo, dinota ingegno acuto, pronto risentimento.
Conchiglia, dinota fede pubblica, concordia ed unione.
Castoro, simbolo di pace, di destrezza e di perseveranza.
Cavallo, simbolo del valore e dell'intrepidità, egli è il vero contrassegno del ca- valiere.
Cinghiale, talora il solo capo, coraggio superante le più ardue imprese.
Cervo, contrassegno d'antica nobiltà e di prudenza militare in chi lo prese per insegna, ovvero che fosse inclinato alla caccia.
Cometa, dinota chiarezza di fama e di gloria derivante da illustre virtù.
Cicogna, simboleggia la pietà di un ottimo cittadino che con molto zelo governa la cosa pubblica, ovvero l'amore verso dei parenti.
Cigno, dinota il 1»uon augurio.
Colomba, simbolo dell'amor casto e puro, della pace conjugale e della fecondità, d'animo semplice e benigno, e di gratitudine.
Coniglio, rappresenta il soldato sollecito.
Delfino, il più noljile dei pesci rappresenta la vittoria nei combattimenti navali.
Elefante, dinota fof^tezza, coraggio, grandezza d'animo, benignità, prudenza e giu- stizia.
Falcone, dimostra cavaliere guerriero e d'animo eroico.
Fuoco, simbolo della generosità, dell'ordine e della vivacità.
Fiamma, significa amore, lealtà e fede.
Fiore, simbolo della speranza.
Giglio 0 fiordaliso, rappresenta la speranza, la purità.
Gatto, simbolo dell'indipendenza e della libertà.
Grue, simbolo della vigilanza, prudenza, e grande esperimento nella milizia.
Luna, significa benignità e buona amicizia; ed è simbolo dell'impero d'oriente. Molti crociati 1' anno adottata nelle armi per ricordare le loro imprese contro i turchi.
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Leonardo, simbolo del coraggio e del valore.
Leone, occupa il primo rango fra i quadrupedi ed è simbolo della forza, del co- raggio e della magnanimità.
Leoncelli, simbolizzano la volontà che anno i figli di seguire le orme de' loro padri.
Liocorno, emblema dell'innoccenza e della castità.
Lupo, rappresenta un uomo crudele e sanguinolente, un capitano vigilante ed ;ir- dito nel cercare l'inimico e superarlo.
Merlo, simbolo dei viaggi di Terra Santa e di oltremare.
Montone, simbolo della dolcezza e della bontà; indica possessione d'abbondanti pa- storizie e di vasti campi coltivati.
Orso, figura un uomo fiero in guerra ed iracondo.
Pavone, significa amor proprio, stima di se, splendide ricchezze.
Pellicano, l'amore d'un padre di famiglia, ed un ottimo principe caritatevole verso i suoi sudditi.
Pernice, la verità, virtù propria d'un'anima nobile.
Porco, uomo voluttuoso, talora uomo di guerra.
Serpente, prudenza, riflessione, e perspicacia.
Stella, rappresenta il buono e cattivo augurio, la luce e la guida degli uomini.
Spiga, il l)uon genio, pieno di virtù e di prudenza con celesti ispirazioni.
Vacca, simbolo del beneficio e di gratitudine.
Testa di moro, indizio d'un'antica nobiltà, rimontandone l'uso alle crociate; esse rappresentano gl'infedeli fatti prigionieri e resi schiavi.
III. DELLE FIGURE ARTIFICIALI
Le figure artificiali, prodotte dalla mano degli uomini, non sono meno numerose delle figure naturali; e fu specialmente dopo l'invenzione delle armi parlanti ed al- lusive, che tutti gli oggetti, che servono nella vita ordinaria, àn trovato posto nelle armi. Presentiamo le principali.
Ancora, non si esprime la positura, avrà la trave e forse la gomena ed esprime costanza in amore, illastre guerriero marino, celebre navigatore. Due àncore grande ammiraglio.
Anello, esprime fede, perseveranza d'un amore perfetto; se d'oro in campo nero, matrimonio fedele.
Anelletto, più anelli possono essere infilzati e sono contrassegno di nobiltà, di giurisdizione; un solo è distintivo del quintogenito d'una famiglia.
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Antenna, grandezza d'animo, magnificenza.
Arco, può essere cordato, teso incoccato. Figura ozio virtuoso. Se d'oro, cordato d'argento in campo rosso, mostra forza d'autorità ragionevole.
Bastone, esso si mette in banda pei cadetti de' principali sovrani; posto in sljarra sopra altre pezze è segnu di non legittimità.
Borsa legata d'oro nello scudo di rosso, importa prudente parsimonia sostenuta con decoro.
Castello, composto di due o più torri fiancheggiate d'antirnuri, indica signoria di vassalli, 0 governo di tpuilche piazza.
Campana, con battaglio, segno di vocazione divina e fama chiara.
Colonna, segno di costanza, di cuor generoso.
Dardo, saetta, freccia ecc. Se uno in palo e due in croce, indicano celerità nel deliberare, volontà pronta.
Spada appuntata, alata, intrecciata ecc. insegna propria del cavaliere o di no- biltà, mostra origine di persone militari, anche vendetta.
Sperone segno di emulazione e di virtù; se dorato, militare.
Globo terraqueo. Presso i romani fu geroglifico dell' imperatore (Augusto) indi- cando essere tutti i domini della terra un sol principato. Tutti i re indi portarono il globo in cima delle loro corone; sormontato da croce per dinotare che con essa essi soggiogano il mondo.
Lancia, armata ecc. onore cavtilleresco, costanza, grandezza d'animo.
Lira, emulazione virtuosa, concordia piacevole.
Nave, animo forte nei grandi pericoli.
Le Palle, dimostrano l'eternità ed il moto incostante della fortuna.
Le Ruote, rappresentano varietà di fortuna, ed animo nobile innalzato a grandi cose.
Scettro, seguo di dominio d'animo giusto e grande.
Toson d'Oro, ordine istituito da Fihppo III il 1429. È una pecorella che pende da una collana dell'Ordine. Rappresenta il vello d'oro di Giasone. Esprime magna- nimità, giustizia.
IV. DELLE FIGURE CHIMERICHE
Le figure chimeriche sono fatture bizzarre della fantasia, che rappresentano ani- mali favolosi e fantastici. Tali sono :
Aquila a due teste o bicipite, simbolo di possanza. Secondo Cassaneo fu insegna di Giuho Cesare; ma non trovasi nelle medaglie dei Consoli e degl'Imperatori, tranne
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nella colomica Trajana. Significa due legioni comandate da due capi, componenti un esercito. L'Imperatore Sigismondo fu il primo che impiegò l'aquila a due teste nella sua arme nel secolo XV per simbolizzare la riunione dell' impero d' Oriente allo impero d'Occidente.
Drago figura dominio, nobiltà eroica, fortezza, coraggio, magnanimità.
Fenice uccello sul rogo acceso, per cui immortale. Simbolo di costanza, di cuor generoso.
Grifo metà aquila, metà leone. Simbolo della forza unita olla vitalità.
Idra valore clie non teme le perdite e le ferite.
Salamandra -ivdi. le fiamme -timore dedito alla misericordia, generosità, giustizia, valore guerriero che non teme il fuoco.
Sirena mostro favoloso, metà donna, metà terminato in coda di pesce. Simbolo dell'ingannatrice bellezza e della pigrizia di donna seducente.
DELLE REGOLE PER BLASONARE LE ARMI.
La prima regola del blasone si è di esprimersi in termini proprii e concisi, onde evitare le ripetizioni. I Francesi e gì' Inglesi nel blasonare le armi cominciano sempre dal campo, poi specificano le figure, le pezze, il loro sito, il loro numero, il metallo, ovvero il colore. Gl'Itahaui, gli Spagnuoli e qualche volta i Tedeschi cominciano dal nominare le pezze dello scudo e terminano col campo ; così dicono un' aquila nera in campo d'oro, un leone d'oro in campo azzurro.
Blasonando le figure si comincia sempre dalla principale, purch'ella sia broccante sopra qualche figura. Tutte le figure onorevoli tengono rango di principali, fuori del capo e della bordura, che non si specificano ordinariamente se non dopo le altre pezze, che s'incontrano nello scudo.
Quando vi è una figura, la sua posizione ferma è di piazzarla nel centro o nel cuore dello scudo.
Due figure si mettono l'una sopra l'altra, e si dicono in palo.
Tre si piazzano 2 e 1, come i gigli di Francia, o allineate in capo, in palo, in banda, in barra, in fascia, ec.
Quattro si piazzano 2 e 2 o cantonate.
Cinque, 2, 2 e I, o in croce di Sant'Andrea.
Sei, 3, 2 e 1, 0 2, 2 e 2, in palo o in orlo.
Otto, 4 e 4, in palo o in orlo.
Nove, 3, 3 e 3, 0 3, 3, 2 e 1.
Intanto egh è espressamente vietato di mettere metallo sopra metallo, e colore
22 sopra colore; altrimenti le armi sarebbero false. Le eccezioni sono rarissime; ed i Francesi dicono à enqiierre, a s'enqiiérir le armi da dimanda, quali sono quelle dei Re di Gerusalemme che portano in campo d'argento la croce potenziata d'oro, can- tonata da quattro crocette pur d'oro, metallo sopra metallo. Goffredo di Buglione volle in questo modo trasmettere ai posteri nel suo scudo la memoria della con- quista che fece della città santa di Gerusalemme, tolta pel valore delle crociate dalle mani degl'infedeli nel 1099.
Le estremità degli animali, come unghie, becchi, lingue, grifi, artigli, occhi, corna, code, corone e collari possono essere di metallo sopra metallo , e di colore sopra colore; egualmente le hrisure dell'arme, come il lambello, il bastone, la cotissa, la bordura, il bastone raccorciato in banda.
In fine deggio avvertire che le armi più semplici e meno caricate stimansi le più antiche, essendo passato in proverbio tra gli araldisti, che nelle armi chi ha più egli ha meno.
DEI CONTRASSEGNI ESTERIORI DELLE ARMI.
I contrassegni, che si mettono attorno delle armi, appartengono all'esercizio della spada, all'ufiizio della toga ed al servizio della Chiesa.
II primo è Velmo sinonimo di casco, si mette sopra lo scudo, ed è il contrassegno della vera cavalleria. Viene dalla voce tedesca Helm, e casco dal latino cassis. Gli Spagnuoli lo chiamano celada da celare.
Esso sì distingue per la materia, la forma e la situazione, Tav. 3. N.° 1. (yV imperatori eà i re lo portano tutto d'oro damascato, aperto e posto di fronte, simbolo d'un'ampia potenza.
2. I principi ed i ducili d'oro damascato, più o meno aperto e posto di fronte.
3. I marchesi d'argento damascato, posto di fronte con undici griglie ed i bordi d' oro.
4. I conti e visconti d'argento, posto in terzo con nove grighe ed i bordi d'oro.
5. I baroni d'argento, posto in profilo con sette grighe ed i bordi d'oro.
6. Il gentiluomo antico cavaliere, d'acciajo pulito e lucido, e posto in profilo con cinque griglie ed i bordi d'argento.
7. e 8. Il gentiluomo di tre razze paterna e materna, d'acciajo pulito e lucido, con tre grighe posto in profilo, la visiera aperta, il nasale rialzato ed il ventagUo ab- bassato.
9. Il nuovo nobile di ferro o acciajo pulito, posto in profilo, col nasale ed il ven- taglio mezzo aperti.
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10. I bastardi d'acciajo pulito, posto in profilo e voltato a sinistra, come segno di bastardume, e la visiera intieramente abbassata.
Gli altri contrassegni, onde oggidì si adornano gl'imperatori, i re, i principi e le altre persone di distinzione sono le corone, Tav. 4.
Anticamente gì' imperatori romani portavano una corona d'alloro, ' ma dopo Carlo Magno gl'imperatori a sua imitazione anno portato una corona d'oro arricchita di gemme, rialzata da 4 fiorami. Carlo Vili fu il primo che la fece chiudere, a causa d'aver preso il titolo d' imperatore d' Oriente. Qualche medaglia lo rappresenta a cavallo con la corona chiusa sulla testa con questa legenda Carolo Imp. Orientis vi- ctori semper augusto.
N.° 1. La corona imperiale è formata d'un cerchio d'oro caricato di gemme e rialzato da otto fiorami d'oro, alternati da punte sormontate da perle, ed arcato da tre semicircoli d'oro caricati di perle. Questa corona formata a guisa di mitra antica è foderata da un berretto rosso, e sormontata da un globo con croce.
2. I re la portano formata d' un cerchio d'oro con otto fiorami, cinta da sei dia- demi di perle, che la chiudono in cima, e sormontata da globo con una croce.
3. 1 principi ed i ciuchi cerchio d'oro rialzato da otto fiorami, ed arricchito di gemme e perle. I principi l'usano pure chiusa con quattro cerchi e sormontata da globo con croce.
4. I marchesi cerchio d' oro con otto fiorami^ quattro d' oro e gli altri quattro formati ciascuno di tre perle disposte in forma di trifoglio.
5. I conti cerchio d'oro ornato di sedici perle poste sopra punte^ delle quali nove visibili.
6. I visconti una corona sormontata da quattro grosse perle ed altre quattro piccole.
7. I baroni un cerchio d'oro ornato di pietre, circondato da un doppio braccia- letto di piccole peiie.
1. I Romani avevano anticamente otto sorti di corone per ricompensarne le azioni di valore.
I. ÌS Ovale era di mirto, pe' Generali quando avevano vinto senza spargimento di sangue.
n. La Navale ovvero Rostrale era un cercliio d'oro, ove si vedevano intagliate prore e poppe di navi, per un capitano, o soldato che primo fosse saltato sul vascello nemico.
III. La Vallare era un cerchio d'oro rilevato da pali per un soldato, che primo avesse forzata la palizzata nemica.
rV. La Murale era un cerchio d'oro merlato per chi avesse primo salita la muraglia d'una città assediata, e vi avesse inal- berato lo stendardo.
V. La Civica era un ramo di quercia per chi avesse salvata la vita di un cittadino.
VI. La Trionfale era fatta di rami di alloro per un Generale che avesse vinta una battaglia e conquistata una provincia.
VII. V Ossidioiiale ovvero Ch-amignea, poiché era fatta dì un'erba detta Gramigna, che si raccoglieva sul luogo medesimo; si concedeva a' Generali che avessero costretto un esercito nemico a sloggiare.
VIII. La Castrense si faceva d'oro, o d'argento, e aveva all'intorno certe punte di palizzata a foggia di raggi. Si dava a chi avesse forzato il campo nemico, o guadagnato le trincee e le barricate dove il nemico si fosse fortificato. Da Vallemont.
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8. 1 cavalieri semplicemente un cerchio d'oro.
9. Il heì^retto in forma di morta] o, che usano i presidenti è ornamento esteriore delle dignità civili ed è contrassegno della giustizia sovrana.
' I contrassegni esteriori delle dignità della Chiesa sono :
10. La corona del Pa^m che si denomina tiara, composta di tre corone attaccate ad una berretta o mitra rotonda ed alta. Questa tiara non fu che il pileo o ber- retto che usavano i romani, simbolo della libertà. S. Silvestro fu il primo ad usarla > forse di sua volontà, o per concessione di Costantino Imperatore. Alessandro III detto il propugnatore deUa libertà italiana nel XII secolo la circondò d'una corona nella parte inferiore, per dinotare il real sacerdozio conferito da Cristo al principe dei Sacerdoti. Bonifazio Vili ne aggiunse una seconda per significare che il Papa contemporaneamente possiede il potere spirituale ed il potere temporale. Benedetto XII ne aggiunse una terza per mostrare il potere del Papa su la Chiesa purgante mi- litante e trionfante. Questa mitra o berretta à due pendenti frangiati nelle due estre- mità con due chiavi poste in croce di S. Andrea, come contrassegno di sua giu- risdizione.
1 1 . Il cappello dei Cardinali è rosso con cordoni di seta attortigliati, che pendono in cinque ordini di fiocchi; questo fu loro dato da Papa Innocenzo IV.
12. Gli Arcivescovi ed i Patriarchi l'usano verde con quattro ordini di fiocchi e la croce con due traverse.
13. I Vescovi verde con tre ordini di fiocchi e la croce semplice.
14. Gli Abati nero con due ordini di fiocchi ed un pastorale.
15. La mitra è un'acconciatura del capo, che portano nelle cerimonie di Chiesa i Cardinali, gli Arcivescovi, i Vescovi e gli Abati.
DEI TENENTI, SUPPORTI, CIMIERI, LAMBREQUINI, DIVISE, GRIDI DI GUERRA, BANDIERE, PADIGLIONI, ORDINI CAVALLERESCHI.
I tenenti sono figure di angioli o d'uomini che si mettono a fianco dello scudo.
I supporti sono figui-e di ammali, che sostengono lo scudo, come aquile, leoni, leopardi, cani, ec. ~. La scelta dei supporti e dei tenenti non è obbhgatoria pei discendenti, perchè la maggior parte è stata l'efietto del capriccio; ma se provengono da concessione reale , allora divengono ereditari. Alcuni tenenti e supporti fanno allusione a' nomi che li portano, come i Monaci di Monaco, gli Orsi degli Orsini.
1. Papebrocliio, i boUandisti.
2. Amedeo VI di Savoja detto il Conte Verde al torneo dato in Chambery nel 13-lG fece guardare il silo scudo da due uomini vestitti di pelli di leoni, che poi conservò per supporto nelle sue armi, e trasmise ai suoi discendenti.
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Il cimiero è l'ornamento dell' elmo, come questo lo è dello scudo. Esso è venuto dall'uso antico che avevano i grandi signori e generali d'esercito di portare sopra i loro elmi varie figure, per mettere in ordinanza le loro truppe, e farsi conoscere dalle loro genti. Nel medio - evo era il più gran contrassegno di nobiltà e si portava dopo aver preso parte nei tornei. I duchi di Brettagna, ed altri Principi sovrani portavano delle corna di cervo per cimiero; desse sono state sempre riguardate come segno di dominio.
I lainbrequini sono pennacchi attaccati al cimiero; rappresentano pezze di stofia 0 di velo con le quali anticamente avvolgevasi il cimiero per preservare i cavaUeri dai raggi solari ; come ai nostri tempi praticasi dalle armate in està, covrendo i loro berretti con pezze di tela bianca. Tali pennacchi debbono essere dello stesso smalto
'del campo, e l'orlo dee porsi secondo le pezze del blasone. Essi avviluppano le armi; ma se queste hanno de' supporti, i lambrequini si collocano volanti ai lati dell'elmo. Le divise sono le cifre, i caratteri, e le brevi sentenze che per figura o per al- lusione coi nomi delle persone, ne fanno conoscere la nobiltà, i partiti, o gì' hnpieghi che li distinguono. Un autore italiano le à definite il linguaggio degli eroi, o ancor meglio la filosofia del cavaliere. La divisa se è ereditaria, si mette sempre sotto lo scudo.
II grido di guerra è un detto, o una massima di cui i capi dei soldati avvale- vansi per animare le loro truppe al combattimento, ovvero per chiamarle a raccolta. Cos'i l'antico grido dei re di Francia era Montjoie St- Denis, quello di casa Savoja, Savoja. Il grido si mette sempre sopra lo scudo.
/ jìadiglioni e mantelli sono stoffe di velluto o di drappo, che circondano le armi; essi traggono la loro origine dai tornei, dove i cavaliei'i esponevano le loro armi sopra tappeti preziosi, e sotto tende o padiglioni che i capi delle squadriglie vi fa- cevano drizzare per stare al coperto, fino a che non bisognava entrare in lizza. I padiglioni ed i mantelli erano riservati ai più grandi signori, e specialmente il pa- diglione era ricercato dai re, e dai principi del sangue.
Le bandiere erano stendardi sotto i quali si ordinavano i soldati, o i sudditi di un signore. Si chiamavano ^^wce pennoni, gtddmii e gonfaloni; ma quest'ultimo si adatta più ad una bandiera di chiesa.
Gli ordini cavallereschi sono iiistituzioni di noliiltà per la difesa della fede o per ricompensare il merito e la virtù. I cavalieri possono personalmente contornare le loro armi coi collari di questi ordini. Quello che è di più antica instituzione deve contornare più da vicino ed immediatamente lo scudo.
Noi qui portar dovremmo sotto l'occhio dei nostri lettori una completa dimo- strazione delle insegne di tutti gh Ordini cavallereschi esistenti sulla terra, locchè
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ci condurrebbe ad opera troppo lunga, d'altronde incompatibile colla specialità del lavoro da noi intrapreso. Quindi ci limitiamo alle sole insegne degli ordini usate in questo secolo in Italia, accennandole per data d' instituzione.
ORDINI CAVALLERESCHI IN ITALIA.
Ordine sovrano gerosolimitano detto di malta. — Questo antichissimo e nobilissi- mo ordine sembra rimontare al 1048. Ottenute da Goifredo di Buglione ed altri prin- cipi cristiani delle donazioni, in seguito i suoi statuti furono stabiliti da Raimondo du Puy nel 1121, successore di Gerardo Tunc che prese il titolo di Gran Maestro. Fu un ordine importantissimo per essere stato il terrore dei pirati musulmani, per aver contribuito col suo valore alla difesa della religione cattolica, perseguitata dagli infedeh, per la filantropica cura degl' infermi e di alloggiare i pellegrini nei suoi ospe- dali; dal che i cavalieri presero altresì il nome di Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme. Indi si nominarono cavalieri di Rodi per il possesso di quest'isola che tennero dal 1309 al 152,2, in cui ne furono cacciati da Solimano imperatore dei Turchi.
Nel 1530 ebbero concessa dall'imperatore Carlo V e re di Sicilia l'isola di Malta, della quale ne vennero ingiustamente spoghati nel 1798. Ripararono nel 1802 in Catania, e nel 1827 trasferironsi in Ferrara. Finahiiente per la munificenza dei Papi l'ordine è stato asilato in Roma, ove attualmente risiede il gran magistero, ado- perandosi qual pria nelle cure degl' infermi. Si compone di cavaheri di Giustizia, pei quali occorre prova limpida ed induljitata di una compita nobiltà generosa, che in Italia vuol esser provata per quattro lati, addimandati quarti; e cavalieri di de- vozione con le prove dei due soli quarti paterno e materno. La decorazione con- siste in ima croce biforcata e smaltata di bianco, cantonata da quattro gigli d'oro, sormontata da una corona chiusa sostenuta da trofeo militare : nastro nero on- deggiato.
Costantiniano DI NAPOLI. — Instituito l'anno 1190 dall'Imperatore Isacco - Angelo Comneno. Si compone di cavalieri di giustizia, che devono far le prove di quattro quarti di nobiltà; e di cavalieri di grazia. Forma tre classi : Inquisitori Gran Croci, con ciarpa e placca, Coimnendatori con croce al collo che sostiene un San Giorgio a cavallo che uccide il dragone, e placca, Cavalieri con placca e piccola croce con San Giorgio a cavallo al collo : la decorazione è una croce d' oro smaltata di color porporino in mezzo alla quale il monogramma ^^ posto fra le due lettere greche A i2 e nei quattro angoli gigliati le lettere I. H. S. V. iniziali delle parole In hoc signo vinces. Nastro celeste.
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Costantiniano di parma. — L'istesso che quello di Napoli avendo entrambi il diritto di conferirlo.
Cristo. — Ordine Pontifìcio ; lo stesso che quello di Portogallo instituito da Dionigi I re di Portogallo. Papa Giovaimi XXII autorizzandone la creazione si riservò per se e suoi il diritto di conferii'lo. Si compone di una sola classe, e la decorazione si porta al collo appesa ad un nastro rosso, e la placca al petto.
La decorazione è una croce patente rossa caricata d'una crocetta bianca e celeste sormontata da una corona chiusa.
San Maurizio, — Instituito nel 1434 da Amedeo VI primo duca di Savoja, e riunito a quello di S. Lazzaro nel *1572 da Emmanuel Filiberto. Si compone di cin- que classi: Gran Croci con ciarpa e placca. Grandi Uffiziali con placca, Com- mendatori con croce sostenuta da corona reale al collo, UiRziali con croce soste- nuta da corona reale d'oro all'occlùello, Cavalieri con croce sempUce all'occhiello» La decorazione rappresenta una croce bianca a trifoglio con quattro angoH bifor- cati e pomati di verde. Nastro verde ondeggiato.
Ordine supremo dell'Annunziata. — Instituito nel 1518 da Carlo III duca di Sa- voja per rimpiazzare quello del collare e lo pose sotto la protezione della Ver- gine. Si compone di una sola classe, ed i membri portano la decorazione al collo con una catenella d'oro, ed al petto sinistro una placca d'oro con la rappresen- tazione della Annunziata, ed il motto Feri. È uno dei primi ordini del mondo.
Santo Stefano. — Ordine di Toscana, creato nel 1562 da Cosimo I dei Medici duca di Toscana in memoria d'una vittoria ch'egli riportò su i Francesi il 2 agosto 1554 giorno di festa di Santo Stefano. L'ordine conta quattro classi : Priori Gran Croci con placca e ciarpa. Bali Commendatori con croce al collo e placca al petto sini- stro, cavalieri di giustizia, e cavalieri di grazia con la sola placca. Le ammissioni dei cavalieri di giustizia si fanno con le prove di otto quarti di nobiltà, e con giu- stificare una rendita determuiata; è accesso agli stranieri purché siano cattolici. La decorazione è una croce biforcata smaltata di rosso , cantonata da quattro gigli d'oro : nastro rosso.
San Gennaro. — Ordme di Napoli, fondato il 6 luglio 1738 da Carlo III Borbone in memoria del suo matrmionio con la principessa Amalia di Sassonia. Questo grande ordine forma una sola classe di cavalieri di giustizia, che devono far le prove di quattro quarti di nobiltà, e che portano la ciarpa rossa ondeggiata e la placca al petto sinistro con una croce biforcata e pomata d' oro cantonata da quattro gigli pur d' oro, caricata d' uno scudo con l' immagine di San Gennaro in abito ponti- ficale, e col motto In sanguine fcedus.
San Ferdinando DEL MERITO. — Ordine di Napoli, creato il 1° aprile 1800 dal re
28 Ferdinando IV , e posto sotto la protezione del santo cui portava il nome. È un ordine militare e si compone di tre classi: Gran Croci con ciarpa e placca, Com- mendatori con croce al collo, Cavalieri all'occhiello; inoltre decorati con medaglia d'oro , e medaglia di argento. La decorazione è una stella formata d' uno scudetto d'oro coir imagine di San Ferdinando, orlata di smalto azzurro colle parole Fidei et Merito, con sei raggi d'oro alternati da altrettanti gigli di argento, e cimata da una corona reale : nastro blìi orlato di rosso cupo.
San Giuseppe. — Ordine di Toscana; creato il 9 marzo 1807 da Ferdinando gran duca di "Wurtzbourg, e introdotto in Toscana da questo principe il 19 marzo 1817, quando egli acquistò la sovranità di questo paese. Si compone di tre classi: Gran Croci con ciarpa e placca, Commendatori con croce al collo, e Cavalieri con croce con la corona all'occhiello; per le prime due classi si richiede un'alta nobiltà; il plebeo che per eccezione ottiene quest'onore acquista la nobiltà ereditaria. Il titolo di ca- valiere conferisce la nobiltà personale. La decorazione è una stella a sei raggi bi- forcati, pomati d'oro, smaltati di bianco? cantonati da piccoli raggi rossi; essa è caricata da uno scudetto ovale con l' imagine di S. Giuseppe, e in giro la leggenda: Uhiqice similis: nastro rosso con ima lista bianca ai due lati.
San Giorgio della riunione. — Ordine di Napoli, instituito il 1° gennaro I8I9 dal re Ferdinando IV per ricompensare i servigi militari; e chiamato cosi in memoria della riunione dei due regni in un solo stato. Si compone di quattro classi: Gran Croci con ciarpa e placca. Commendatori con croce al collo, Cavaheri di dritto, e Cavalieri di grazia con croce all'occhiello; inoltre decorati della medaglia d'oro, e d'argento. La decorazione è smaltata di color rubino, nel cui scudo appare l'effigie di San Giorgio a cavallo in atto di ferire il dragone; circondata da un cerchio az- zurro e da una ghirlanda d'alloro; da una parte si legge il motto In Hoc Signo Vinces e nell'altra Virtuti: nastro celeste orlato d'arancio.
Francesco I. — Ordine di Napoli, instituito il 28 settembre 1829 dal re Francesco I che gli diede il suo nome e per ricompensare i servigi resi nelle scienze , lettere, arti , ed amministrazioni civili. Si compone di cinque classi : Gran jCroci con ciarpa e placca, Commendatori con croce al collo e placca, Conunendatori con la croce al collo, cavalieri di prima e seconda classe la croce all'occhiello; inoltre de- corati della medaglia d'oro e d'argento. L'ordine consiste in una croce biforcata smaltata di bianco , coronata , accantonata da quattro gigU d' oro , caricata d' uno scudo colle cifre F. I. Franciscus Primics circondato da una fascia azzurra colla leggenda: De Rege Ottime Merito. Nel rovescio lo scudo contiene entro ad una corona d'alloro la leggenda Franciscus Primus instituit MDCCCXXIX : nastro rosso orlato di blu.
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San Gregorio Magno. — Ordine Pontificio; instituito il 1° settembre 1831 dal Papa Gregorio XVI riserbato in principio per quelli che si segnalavano mercè il loro zelo in difesa della Chiesa, indi per ricompensare il merito. Si compone di tre classi: Gran Croci con ciarpa e placca, Commendatori con croce al collo, Cavaheri croce all'occhiello. La decorazione è una croce biforcata, smaltata di rosso, pomata e pro- filata d'oro, caricata nel mezzo d'uno scudo che presenta l'immagine di San Gre- gorio di cui porta il nome, e la leggenda attorno Sanctus Gregorius Magniis: na- stro rosso orlato d'arancio.
Ordine militare di Savoja. — Instituito il 29 ottobre 1831 dal re Carlo Alberto per ricompensare gli ufRziali e soldati che si distinguono in guerra. Si compone di cinque classi : Gran Croci con ciarpa e placca. Grandi Utfiziali con placca. Commen- datori la croce sostenuta da una corona reale al collo, UfRziali la croce con corona d'oro all'occhiello. Cavalieri la semplice croce all'occhiello; inoltre decorati medaglia d'oro e d'argento. La decorazione è una croce bianca attorniata da una ghirlanda d'oro con le cifre V. E. e la divisa Al merito ed al valore: nastro blu.
Ordine civile di Savoja. — Instituito il 29 ottobre I83I dal re Carlo Alberto per ricompensare il merito ed il valore nella carriera civile. Forma una sola classe. La decorazione è una croce d'oro piena smaltata d'azzurro caricata da uno scudetto rotondo con la cifra del fondatore da un lato e le parole Al Merito Civile : nastro bianco con lista blti nel mezzo.
San Giorgio del Merito. — Ordine di Toscana; instituito il 1.° giugno 1833 da Carlo Luigi Borbone duca di Lucca, hi ricompensa de' servizj e dell'attaccamento alla sua persona dagli ufìiziali e soldati della sua truppa. Quest'ordine fu riimito alla Toscana dopo l'annessione di Lucca il 1847. Si compone di ufììziah di prima classe con croce d'oro smaltata, ufìiziali di seconda classe con croce d'argento smaltata, e cavalieri di terza classe con croce d'argento. La decorazione consiste in una croce patente smaltata di bianco caricata d'uno scudetto nel quale si vede l' mimagine di S. Giorgio e coli' iscrizione^? Merito Militare: nastro rosso con una hsta bianca nel mezzo.
San Luigi. — Ordine di Parma; instituito il 22 dicembre 1836 sotto il nome di ordine di San Luigi per il merito civile da Carlo Luigi di Borbone duca di Lucca che gli diede il nome di Luigi IX re di Francia. Riunito agh ordini del ducato di Parma Carlo III gli diede nuovi statuti nel 1849 e lo fé divenire civile e militare. Si compone di quattro classi : Gran Croci con ciarpa e placca, Commendatori con croce al collo, Cavalieri di prima e seconda classe croce all'occhiello, inoltre deco- rati della medaglia d'argento; le prime due classi conferiscono la nobiltà ereditaria, le due seguenti la personale. La decorazione è una croce d'oro smaltata di bianco
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colle aste sormontate da grandi gigli, le cui foglie si uniscono a guisa di raggi al centro dell'angolo della croce, nel cuore vi è uno scudetto triangolare colle armi dei Borboni di Lucca dall'una parte, e l'immagine di S. Ludovico dall'altra: nastro blu con due strisce gialle ai bordi.
San Silvestro. — Ordine Pontificio; instituito nel 1841 da Papa Gregorio XVI in rimpiazzo dell'ordine dello Speron d'oro. E accessibile a tutti i meriti. Si com- pone di due classi : Commendatori con croce al collo, e Cavalieri croce all'occhiello. La decorazione è angolata di quattro raggi e caricata nel centro d'uno scudetto colla immagine di S. Silvestro e la leggenda Gregorms renstituit: nastro rosso vergato di due liste nere.
Piano.— Ordine Pontificio; creato il 17 giugno 1847 dal presente Papa Pio IX per ricompensare eminenti servizi prestati alla Chiesa. Si compone di due classi : la prima conferisce la nobiltà ereditai'ia, la seconda la nobiltà personale. La deco- razione è una stella d'oro smaltata d'azzurro di otto raggi caricata d'uno scudetto bianco in cui si legge in lettere d'oro Pius IX circondato da un orlo d' oro con l'epigrafe Virtuti et merito e nel rovescio mdcccxlvii : si porta alla parte sinistra del petto : ciarpa blti con due liste di rosso.
Merito militare. — Ordine di Toscana, creato il 19 novembre 1853 dal gran duca Leopoldo per compensare militari servizj. Si compone di tre classi: la prima porta la decorazione al collo e conferisce la nobiltà ereditaria, la seconda e terza classe all'occhiello : nastro rosso listato di nero.
Ordine di San Carlo. — Instituito il 15 marzo 1858 da Carlo III attuale principe sovrano di Monaco che lo intitolò dal santo di cui porta il nome, per ricompensare il merito e riconoscere i servizj resi allo stato ed alla persona del principe. Si compone di cinque classi : Gran Croci con ciarpa e placca, che consiste in una stella biforcata d' argento a punti di diamanti, portando nel centro la decorazione dell' ordine e la leggenda Princeps et Patria; Grandi UfBziali con placca. Commendatori croce al collo, Uffiziali croce all'occhiello sospesa da nastro con rosetta. Cavalieri piccola croce all'occhiello. La decorazione dell'ordine è una croce biforcata di smalto bianco orlato di rosso con punte d'oro, nel cui cuore da un lato vi è la leggenda Beo Juvante, e nell'altro sopra smalto rosso un doppio C con la corona del principe e la leggenda Princeps et Patria. La croce è circondata da ghirlanda di smalto verde : nastro listato rosso e bianco.
Ordine DI San Marino. — Instituito nel 1860, dal Generale Consiglio principe so- vrano della Repubblica di San Marmo pe r ricompensare tutti quelli che concorrono al bene ed alla gloria di questa repubblica, uno dei piti antichi stati di Europa, do- vendo alla sua picciolezza la propria conservazione. L'ordine si compone di cinque
31 classi : Gran Croci con ciarpa e placca, Grandi Uffiziali con placca, Uffiziali supe- riori la croce al collo, Uffiziali croce con corona chiusa all'occhiello, Cavalieri la croce semplice all'occhiello. La decorazione è d'oro smaltata in bianco^ pomata d'oro nel centro dell'estremità hirostrali delle aste, accantonata da quattro torri d'oro con l'effigie di San Marino Protettore sul cerchio , con lo stemma sammai'inese dal- l'altro, e il motto Merito Cicile e Militare nel cerchio; cimata da una corona chiusa d'oro: nastro listato bianco e hlìi.
Ordine DELLA Corona I)' Italia — Instituito il 20 febl)raro 1868 dal re Vittorio Emmanuele II per ricompensare coloro che contribuirono alla formazione dell' Unità Italiana. Si compone di cinque classi : Gran Croci con ciarpa e placca. Grandi Uf- fiziali con placca. Commendatori con croce al collo, Uffiziali croce con rosetta sul nastro all'occhiello, Cavalieri la semplice croce all'occhiello. La decorazione è una croce patente d'oro, ritondata smaltata di bianco, accantonata da quattro nodi di amore, caricata nel centro di due scudetti d'oro : l'imo smaltato d'azzurro con la co- rona ferrea in oro, l'altro con l'aquila nera spiegata avente nel cuore la croce di Savoja in ismalto: nastro rosso con striscia bianca nel mezzo.
Osservazione.
Per semplice notizia storica relativa all' antica nobiltà di Sicilia ricordiamo es- sere stati in quest'Isola due ordini nobihssimi, tuttoché oggi estinti.
1. Ordine del Cingolo militare, i — Fu fondato nell'XI secolo dal Gran Conte Ruggiero per fare onore a molti distinti personaggi militari che militi appellavansi.
Ruggiero II reso nel 16° anno atto alla guerra qual capo dell'ordine, dice Inveges, prese le armi ed il cingolo di cavahere; talché accordavasi a' primarii baroni e nobili del regno. Ricevevasi con gran pompa per mani del re con queste parole : « nostro Signore Iddio e ynesser S. Giorgio facciavi huoìi cavaliere. » Le insegne secondo il Villabianca erano una collana d'oro, un cingolo con una spada d'argento, ed ima manta nobile di drappo di Cendado. Sotto Ludovico II venne detto Cavaliere aurato.
2. Ordine della Stella. — Instituito il 1595 in Messina, mentre governava da
1. Il Principe di Torremiizza D. ViiiCPnzo Castelli nel suo libro intitolato / Fasti di Sicilia ci presenta un notando delle famiglie Siciliane che han fruito dell'ordine del cingolo militare, grande distinzione che si accordava ai primi nobili feudatarii del regno. Essi sono: Alliata, Amico, Abate, Abbatelli, Antiochia, Burgio, Brauciforti, Chiaramente, Celeste, Colonna Romano, Carbone, Calvello, Diana, Emmanuele, Filangeri, Formica, Graffeo, Guascone, La Grua, Lanza, Montaperto, Mastro Atonie, Milo, Maletta, Paterno, Perdio, Spadafora, Sclafani, Speciale, Trigona, Tagliavia. Alle quali aggiungiamo le famiglie Grimaldi e Pa- lizzolo a noi note per docimienti che citeremo negli articoli che li riguardano nel dizionario storico delle famiglie.
32 Straticù questa città Vincenzo di Bologna, in occasione di respingere le continue invasioni delle orde moresclie. Fu posto sotto la protezione de' tre Re Magi a' quali era comparsa la stella. Si componeva di cento cavalieri, che dovevano far la prova di 200 anni di nobiltà per quattro quarti. Essi esercitavansi alle armi, addestravano cavalli, e davan feste con tornei. Il loro capo chiamavasi Principe, vestivano man- tello e cappuccio bianco, e portavano una croce come quella di Malta con mia stella smaltata nel centro. Filippo II di Spagna lo confirmò. Fu finalmente abolito nel 1687 dal viceré Francesco di Bonavides conte di Santo Stefano in pena de' torbidi su- scitati nella città di Messina.
mi Mum\ li SICILIA
. Le città tutte gemevano sotto il grave dominio saraceno quando due invitti fra- telli Ruggiero e Roberto ultimi figli di Tancredi Conte di Altavilla Signore normanno, dopo aver portate le armi in Italia e fattevi delle conquiste nel 1066 vennero in Sicilia; ed a capo di anni 30 se ne resero assolutamente padroni.
Epperò Roberto nel 1090 in età di anni 62 in un combattimento perde la vita; e Ruggiero detto il bosso per avere alte le spalle , insieme alla monarchia faceva sorgere il feudalismo e immobilizzava la proprietà; rendendola demaniale per la co- rona, aristocratica pe' commilitoni, ecclesiastica per la chiesa, e allodiale pe' liberi cittadini. Eresse delle suntuose chiese, e nel suo lustro ristabilì la religione di Cri- sto. Stanco finalmente del continuo accorrere ora in Puolia ed ora in Calabria in difesa de' nipoti; garentito da Papa Urbano II, che nel 1099 insignivalo del singolare privilegio della monarchia e quindi dell' apostolica legazia per se e suoi, dopo aver preso tre mogli, e regnato 10 anni fini di vivere in Mileto di Calabria all' età di anni settanta succedendogli
Simone suo figliuolo sotto la tutela di Adelaide di Monferrato la gran contessa sua madre. Mori in Palermo il 1105, in età di 13 anni. Gli successe
Ruggiero II di lui fratello che dotato era di acuto ingegno e di gran valore. Sde- gnando il titolo di gran conte assunse quello di re di Sicilia, e fu coronato nel Duomo ^ di Palermo il 15 maggio 1229. Egli institui la Magna Curia e die al regno forma di governo feudale, incoraggiò l'agricoltura e l'industria, ed introdusse in Sicilia il Celso, il baco da seta e la canna zuccherina. Prese cinque mogli e caro ai buoni nel 18 aprile del 1154 in età di anni 59 se ne volò al Signore. Giace sepolto in un tumolo di porfido nel detto duomo — Dopo im lungo e glorioso regno di ben 24 anni per cui la Sicilia salì al colmo di sua grandezza, lasciando la corona al di lui figlio
. 1. Fondato dall'inglese Gualterip Qffamill arcivescovo nel 1185, e ristorato o guasto dall'architetto Ferdinando Fuga negli ultimi anni del secolo scorso.
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Guglielmo 1 detto il malo natogli dalla terza moglie Elvira figlia di Alfonso VI re di Castiglia, quanto elevato d'ingegno e in armi valoroso, altrettanto sitibondo d'oro pigro e crudele: contro il Papa in principio rivoltosi menò vita licenziosa.
Ravvedutosi poscia della cieca deferenza per un suo ministro certo Majone uomo iniquo, nel 1166 cessò di vivere in età di anni 46, e dopo averne regnato 12. Le sue ceneri si conservano nel duomo di Monreale in un tumolo di porfido. Gli successe
Guglielmo II natogli dalla moglie Margherita figlia di Garsia re di Navarra. Questo principe fu d' animo buono benefico a ninno inviso, di costumi dolcissimo e pio; talché si acquistò il soprannome di Guglielmo il Buono. Con idee larghe e liberali riformò l'amministrazione, ed elevò la potenza militare di Sicilia sino a portare le vittoriose sue armi in Oriente. Fu egli il fondatore del Duomo di Monreale eretto il 1174 in onor della madre di Dio su gli avanzi di un antico tempio bizantino ' uno de' più belli monumenti delle arti del medio-evo. Non avuta prole da Giovanna sua moglie figlia del re d'Inghilterra volle che sua sorella
Coslanza moglie di Enrico VI imperatore di Germania gli ereditasse; il che non piacque ai baroni, i quah alla morte di Guglielmo avvenuta nel 1189 in età di anni 36 e dopo 23 di regno convocato il parlamento a suo successore elessero
Tancredi conte di Lecce figlio di Ruggiero, Duca di Puglia e nipote a Ruggiero II. Morì in Palermo il 1194 in età di 64 anni e dopo 4 di regno, succendendogii non sansa disturbi suo figlio
Guglielmo III sotto tutela della regina Sibilla sua madre: ma per breve tempo, poiché dal detto Enrico VI di casa Sveva marito di Costanza ne venne cacciato; e quindi il povero Guglielmo fini sua vita il 1197 nelle prigioni di Germania. Questa casa ebbe tre conti e cinque re, e regnò 94 anni. Il suo blasone presenta un campo azzurro con una banda di due tiri a scacchi d'argento e di rosso; Corona reale: vedi Tav. V. L
CASA SVEVA.
A dir vero non si può senza raccapriccio leggere la storia del reame di questa malaugurata famiglia per le tante inaudite scene di sangue e di vendetta.
Enrico \I avaro, perfido, e crudele cominciò a regnare sin dal 1195, ma per breve tempo, imperocché in uggia ai Papi co' quali fu in continua guerra, abborrito da' Siciliani per aver spogliato l' isola delle sue ricchezze, e vilmente trattato gli ul- timi rampolli della casa Normanna, la cui memoria era carissima ai Siciliani, stanco
1. Gravina, Illustrazione del Duomo di Monreale.
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di tante nefandezze se ne nioiì in Messina il 1197. Il suo cadavere trasportato in Palermo venne sepolto nella maggior basilica in un tumolo di porfido. A lui suc- cesse suo figlio
Federico I fra i re di Sicilia, II fra gl'imperatori di Germania, principe di gran cuore e mente non volgare; in principio fu sotto tutela della madre Costanza, indi del Papa Innoccenzo III, che lo fece eleggere Imperatore di Germania. Ma condottosi male co' Vescovi fu più. volte scomunicato. A lui deve Sicilia il vanto d'avere con grandi auspici resa illustre la lingua volgare, e iniziata la letteratura italiana, fon- dando nel real palazzo un' accademia ove i suoi figli stessi con Giulio d' Alcamo poe- tavano. Fu lui che fece cavare gii occhi a Pier delle Vigne suo segretario creduto traditore, il quale per punto d'onore si uccise. Riempì di strage e di spavento l'I- talia distruggendo i Guelfi suoi nemici. Nel 1222 fece un codice che chiamò Costi- tuzioni del Regno; favorì l'industria l'agricoltura ed il commercio. Prese quattro mogli: Costanza figlia di Alfonso re di Aragona, Iole o lolante figlia del re di Ge- rusalemme da cui i re di Sicilia il titolo ereditarono. Isabella sorella diErrigo III re d' Inghilterra; Bianca figliuola di Galvano Lanza, conte di Fondi. Finalmente as- salito da fierissima dissenteria o forse da veleno nel 1250 in età di 57 anni in Puglia cessò di vivere, dopo aver regnato per anni 32. La Sicilia ad Enrico figlio di Isabella sua terza moglie per suo volere passar dovea; ma morto nelle fasce andò a
Corrado I figlio della connata Iole, mentre ad Enrico figlio di Costanza spettò la Germania. Corrado di genio aspro e sospettoso regnò in Sicilia circa 3 anni, e morì nel 1253 di anni 27 dopo accanita guerra co' suoi nemici, lasciando il regno a suo figlio
CorradillO o (Corrado II sotto tutela della regina Margherita d' Austria sua madre e di Bertoldo Marchese di Onemburgo; ma l'anno 1258 ne fu spogliato dallo zio
Maufredi, il quale come figho di Federico si credè legittimo erede dando ad intendere la morte di Corradino e fu coronato in Palermo a 10 agosto 1258. Ma il Papa gli fulminò la scomunica, e gli moss e guerra; indi salito al ponteficato Urbano IX delegò Carlo d' Angiò, fratello di S. Luigi IX re di Francia, quegli che uccise Manfredi nella battaglia di Benevento , abbandonato da' suoi nel 1266 di anni 34 e dopo un regno di anni 7. Intanto l'amio appresso Corradino in età di i.mni 15, con un esercito muove a combattere Carlo dalla Germania, ma soprafl'atto muore in Napoli sopra un palco nel 1268, dopo un anno di prigionia in età di anni 18, e regnandone soli quattro. La casa Sveva trae origine da quel Federico de Bicren detto Staufen nato il 1015, in Svevia al castello di Hohenstauff'en di dove prese il nome. Questa casa à dato alla Germania molti imperatori ed in Sicilia durò 75 anni e die cinque re. Il suo stemma in Sicilia presenta campo d' argento con un aquila nera coronata, al volo spiegata : Corona real e. Tav. V. 2.
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CASA D'ANGIÒ.
Avvenuta la infelice morte di Corradino di Svevia , Carlo D'AngiÒ protetto dal Papa, come colui che avea fatto trionfare il partito guelfo, fu salutato re da tutti ed ubbidito; mentre sin dal 1265 era stato in Roma da Clemente IV dichiarato re di Gerusalemme e di Siciha coll'obbligo di pagare alla chiesa l'annuo tributo di 40 mila onze d'oro; e l'anno appresso fu ivi soUennemente coronato. Ma il mal governo e gli abusi dei suoi ministri mossero i SiciHani a tal disperazione da fare dei Fran- cesi una generale uccisione nel vespro del 30 marzo 1282 ed a cacciarli dall'Isola. Carlo non mancò di accorrere con armi alla vendetta, ma fu vinto dall'esercito si- ciliano ed aragonese. Così deluso sopravvisse altri due anni, morendo in età di anni 54 il 1285 nella città di Manfredonia ed il suo cadavere fu trasportato in Napoli. Il Governo Angioino durò in Sicilia anni diciassette. L'arme della Real Casa d'Angiò è un campo azzurro sparso di gigli d'oro con lambello rosso a quattro pendenti; Corona reale. Tav. V. 3.
CASA D'ARAGONA.
La corona di Sicilia a voti unanimi fu trasferita a
Pietro re di Aragona, principe valoroso e sagace già marito di Costanza figlia di Manfredi svevo , e della di lui prima moglie Beatrice di Savoja. Fu coronato in Palermo nel tempio antico di S. Maria la Incoronata a 30 Agosto 1282 trovan- dosi Messina assediata dal detto Carlo d'Angiò. Dopo tante vittorie, il re Pietro visse poco, e recatosi in Catalogna mori in età di 54 anni, verso il 1285 non avendone regnato che soli 3.
Giacomo secondogenito di Pietro e di Costanza sveva raccolse col favore e gra- dimento de' siciliani la corona lasciatagli dal padre. Chiamato al trono di Aragona tradì la causa siciliana, e le popolazioni di Sicilia accia mavano il di lui fratello Fede- rico IL Giacomo mori in Barcellona di Spagna di anni 37 nel 1320.
Federico II fratello del precedente fu coronato in Palermo il 1296 non man- carono durante l'occupazione Aragonese le pretensioni della casa d'Angiò e le sco- muniche del Papa; anche un momento lo stesso Già comò si mostrò disleale e ne- mico al fratello ed alla nazione, che l'avea fedelmente s ervito. La lotta fini colla prigionia di Filippo d'Angiò, e colla vittoria delle armi siciliane, per cui ne venne la pace di Caltabellotta che chiudeva la guerra tra gli Angioini e gli Aragonesi. Federico II era riconosciuto re di Trinacria, e sposava Eleonora d'Anjou figlia di Carlo II lo zoppo e sorella di Filippo, ed il Papa ratificava la pace.
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Questo principe riformò gli ordini del regno, allargò le libertà municipali, rispettò le costituzioni ed i privilegi dell' Isola; e dopo avere intrapreso varie guerre e trion- fato, con fama di ottimo re e benemerito de' Siciliani, in Palermo cessò di vivere nel 1336, in età di 65 anni dopo 40 di glorioso regno che lasciava al figlio
Pietro li il quale sin dal 1321 era stato dai baroni associato al trono del padre e quindi in Palermo coronato. Anch'egli fu ottimo e benefico re, ma non di uguale dignità. Le guerre civili delle potenti famiglie Ventimigiia, Palizzi, Chiaramente ed Antiochia, favorite dal re Roberto d'Angiò turbarono per qualche tempo la pace che subentrò per le vittorie ottenute. Finalmente in età di anni 37 dopo 6 di regno in Calascibetta nel 1342 fini sua vita. Immediatamente ereditò il piccolo suo figlio
ludovico nato da Elisabetta di Corintia sotto la tutela del duca di Atene uomo assai acconcio a reggere uno stato. Con maggiore animosità risorsero le fazioni dei baroni che nuovamente la Sicilia per sette anni scompigliarono; però il partito reale prevalse, e nel 1350 fu conchiusa la pace tra' Palizzi e Catalani. Indi il re giunto in età di anni 17 in Aci il 1353 si morì, dopo 13 anni di regno. Il suo ca- davere fu pomposamente trasferito nella Cattedrale di Catania. Indi salì al trono il di lui fratello
Federico III il quale regnò sotto la tutela di Costanza poi di Eufemia sue sorelle. Ciò avvenne non senza disturbo per parte della regina Giovanna di Napoli che van- tava de' dritti suUa Sicilia, cui poscia rinunziò. Questo re detto il semiìlice per la sua dappocagine, m età di anni 14 si ammogliò colla principessa Costanza di Ara- gona figliuola di Pietro IV re di Aragona, dalla quale si ebbe una figlia a nome Maria. Venne poi a seconde nozze con Antonia del Balzo figlia del duca d'Atri, uni- ' tamente alla quale fu coronato in Palermo il 12 gennaro 1374. Morì in Messina nel 1377 in età di anni 37, dopo un governo tempestoso di anni 22 in mano a pochi prepotenti baroni, che la Signoria di Sicilia abusivamente dividevansi. Gli suc- cedette sua figlia
Maria lasciata in tutela al conte Artale di Alagona gran giustiziere del regno. Dopo molti contrasti fu ella rapita dalla fortezza Orsina in Catania, ove tenèvala custodita il conte Blasco d' Alagona; e condotta in Barcellona di Spagna per opera del conte Guglielmo Raimondo Moncada potentissimo barone ed ivi sposata a
MarlillO I il giovine figho di Martino II duca di Monblanco fratello del re Giovanni d'Aragona. Egli vinto il partito oppositore di Chiaramente ed Alagona potentissimi baroni nel 1392 entrò vittoriosamente in Palermo ove fu coronato, inaugurando un regno robusto e introducendo della legislazione, degli elementi che tendevano a mi- ghorare lo stato politico ed economico del regno. Maria morì senza figh in Lentini nel 1402 in età di 39 anni, e dopo armi 14 di regno, succedendole come legittimo erede di casa d'Aragona 5
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Marlino II il vecchio padre del vedovo marito di Maria, il quale lasciò governare il figlio Martino I. Questi sposò in seconde nozze Bianca figlia del re dì Navarra, ma egli nel 1409 morì; e Martino II quindi riprese il regno lasciandone comechè re di Aragona il vicariato a sua nuora la vedova regina Bianca. Indi morto egli pure senza figli nel 1410 in Barcellona, con lui venne del tutto ad estinguersi l'antichis- sima e famosa casa aragonese dei Conti di Barcellona, che trae origine da Goffredo il Peloso. Questa casa regnò in Sicilia 127 anni e diede nove re. Il suo stenuna in SiciUa era uno scudo inquartato in croce di S. Andrea, il capo e la punta d'oro con quattro pali di rosso che è à'Aragoìia, ed i fianchi d'argento con l'aquila nera coronata che è Sveva di Sicilia; Corona reale. Tav. V. 4.
CASA DI CASTIGLIA.
Rimasto vuoto il trono di Sicilia, i haroni vennero in lotta per la successione di esso; principali attori erano la regina Bianca tuttavia vicaria, appoggiata dal gran giustiziere Bernardo Caprera che in moglie pretendevala, ed il conte di Modica. In fine un arhitrato di nove de' più grandi personaggi decise in favore di
Ferdinando I re di Castiglia e di Aragona che nel 1414 fu proclamato re di Sicilia, dietro essere stato cacciato l'amhizioso Caprera. Fu un principe benigno, virtuoso e meritò il soprannome di giusto. Sposò Eleonora di Castiglia figliuola di Sancio conte d' Album quer qua. Nel 1416 venne rapito da cruda morte in Barcellona di Spagna in età di anni 43, dopo un regno assai benefico di 4 anni, succedendogli il di lui figlio primogenito
Alfonso I principe guerriero, politico, e cultore non meno che promotore di buoni studi il quale fece varii acquisti, e fu detto il magnanimo. Nel 1420 recossi ia Pa- lermo giurando la conferma de' suoi privilegi. Sposata Maria di Castiglia figliuola di Errigo III re di Castiglia che non gli die prole, in età di 64 anni dopo 43 di regno nel 1458 in Napoli cessò di vivere, succedendogli per testamento nei due regni d'Aragona e di Sicilia suo fratello
Giovanni re di Navarra, che sposò la suddetta regina Bianca di Navarra vedova del re Mai'tino il giovine, morta la quale passò in seconde nozze con Giovanna En- riquez figlia di Ferdinando ammiraglio di Castiglia. Sotto il suo regno s' introdusse in Palermo nel 1477 l'arte della stampa già inventata sin dal 1440 in Strasburgo da Giovanni Guttemberg. Dopo un regno di 20 anni re Giovanni in età di anni 82 in Barcellona di Spagna esalò l'ultimo respiro il 1479 succedendogli il figlio
Ferdinando II di Sicilia, V di Spagna, che riprese diffinitivamente la corona giacché col padre sin dal 1468 avea regnato. Fu detto il cattolico per avere cacciato i Mori
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dalla Spagna, non che spiantato gli eretici. Fu a quel tempo il principe più valo- roso d'Europa. Di rare virtù adoi'no e da propizia fortuna assistito, egli cinse non solo la corona di Aragona ma ben anco quella di Castiglia, Granata, Navarra, Napoli, e d'una gran parte del nuovo mondo, che sotto il suo regno e mercè il di lui ajuto fu scoperto nel 1492 dal genovese Cristoforo Colombo. Ebbe due mogli : Isabella di Ca- stiglia figliuola ed unica erede di Giovanni II re di Castiglia; Germana di Foix figliuola di Giovanni di Foix visconte di Narbona. Finalmente in età di G3 anni dopo un lungo regno di 48 anni in Madrid il 1516 compì sua carriera mortale, lasciando erede l'unica figlia Giovanna vedova di Filippo arciduca d'Austria. In Ferdinando il cattolico fini la famiglia Castigiiana discendente da Enrico II conte di Trastamare, capo della terza dinastia di Castiglia, figlio naturale di Alfonso XI. Questa casa regnò in Sicilia 102 anni e die quattro re, armandosi con uno scudo inquartato : nel 1° di rosso, con un castello d'oro sormontato da tre torri pur d'oro, chiuso d'azzurro murato di nero che è di Castiglia; nel 2*^ d'argento, con l'aquila nera coronata che è di Sicilia ; nel 3° d'oro, con quattro pali di rosso , che è ^.'Aragona ; nel 4" di argento, con un leone rosso coronato che è di Leone; Corona reale : Tav. V. 5.
CASA D'AUSTRIA SPAGNA E SICILIA.
Volendo Giovanna ritirarsi cede al figlio
Carlo I in Spagna e SiciUa, V nell' impero d'Austria, figlio di Filippo il Bello ar- ciduca d'Austria, le due corone di Spagna e Sicilia. Questi in età di anni 17 col con- senso del papa nel 1516 venne ploclamato re in Bruxelles; poscia eletto imperatore di Germania. In quel tempo governava da viceré l' isola nostra Ugo di Moncada prode capitano spagnuolo, discendente da una delle più antiche ed illustri case di Catalogna; ma uomo inviso ed abborrito, il quale fu rimpiazzato da Ettore Pigna- telli conte di Monteleone, che non fu accetto all'universale. Allora fu il S. Ufiìzio colla forza ristabilito nel 1535, l'imperatore venne in Sicilia, ed in Palermo giurò r osservanza delle costituzioni del regno, percui gli s' innalzò una statua in bronzo che si vede nella piazza Bologni. Concesse a' cavalieri di S. Giovanni le isole di Malta e del Gozzo sotto il tributo annuale di un falcone. Sostenne aspra guerra con Fran- cesco I re di Francia, che fece prigione a Pavia^ debellò altri suoi nemici, ripor- tando 40 vittorie. Sotto di lui mille torbidi si per congiure, tra le quali la più fa- mosa quella del caso di Sciacca avvenimento che nacque dall'odio implacabile delle due famiglie Luna e PeroUo venute in fierissima nimistà sin dal 1455, si per la pirateria turca. Tolse in moglie Isabella di Portogallo, Stanco alfine di tante guerre, travaghato da gravi mali rinunziò l'impero di Germania e il regno di Ungheria a Ferdinando suo
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fratello, e gli altri suoi vasti doniinj di Spagna, Italia, Olanda, Fiandra, Belgio ed America a Filippo suo figlio. Fu principe attaccatissimo alla religione cattolica, d'in- corrotti costumi, di profonda politica. Morì nel 1558 in età di 58 anni nel convento di S. Giusto in Portogallo, dopo avere governato 38 anni.
Filippo I di Sicilia, II di Spagna, figlio del precedente acclamato re di Sicilia in Messina il 1556. ebbe lo stesso spirito marziale del padre ma oppressore e feroce. Battè Enrico II re di Francia nella famosa battaglia di S. Quintino, ed i Mori in Africa. Fu ammirevole sotto il suo governo il viceré duca d' Ossuna, perchè pro- tettore de' letterati. Prese quattro mogli , e dopo 24 anni di regno mori in Madrid il 1598. in età di anni 71 succedendogli il di lui figlio
Filippo II di Sicilia, III di Spagna, nato dalla quarta moglie Anna d'Austria figlia dell'imperatore Massimiliano IL Dopo la morte del padre prosegui continuando la guerra contro r Inghilterra e l'Olanda, ricluedendo i consueti sussidii. Egli abban- donò il governo di Sicilia nelle mani del duca di Olivares. Sposò Margherita d' Au- stria figlia dell' arciduca Carlo . procreando Fihppo. Morì in Madrid nel 1621 in età di anni 41, e dopo 23 anni di regno.
Filippo III di Sicilia, IV di Spagna, salì al trono in età di anni 16 e alla sua volta proseguì la guerra di Francia e di Olanda, comimque le finanze ristrettissime e la peste nuovamente qui inferocito avesse. Indi stabilì perpetua pace colla Francia, sedò molti torl)idi in Sicilia, per cui gii fu eretta una statua in bronzo i nel piano del real palazzo in Palermo. Ebbe due mogli. Isabella di Borbone figliuola del grande Enrico IV re di Francia e di Maria de' Medici, Maria Anna d'Austria figliuola dello imperatore Ferdinando III, e di Maria sorella dello stesso Filippo IH. Governò 45 anni, cessando di vivere in Madrid nel 1665 in età di anni 61, lasciando il trono al di lui figlio Carlo nato da INIarianna d'Austria.
Carlo II che sah al trono in età di anni 4 sotto la tutela della madre Marianna d'Austria. Fu principe dabbene religioso, liberale senza fasto. Nel suo regno la Si- cilia fu travagliata da gravi calamità; finalmente nel 1700 anno di carestia cessò di vivere in Madrid in età di 38 anni e dopo 34 di regno, senza aver prole, la- sciando per testamento suo erede il nipote Filippo Borbone Duca d'Anjou secondo genito di Luigi Delfino figlio del re di Francia Luigi XIV, e di Maria Teresa d'Au- stria sorella di Carlo II, in cui si estinse fra i monarchi di Spagna e Sicilia il primo ramo della casa d' Habsbourg, che regnò in Siciha 184 anni ed ebbe cinque re. Si armava con uno scudo inquartato e contr' inquartato;
n primo gran quarto inquartato, 1° e 4° rosso con un castello d'oro sormon-
1 Oggi a causa della rivoluzione del 1848 trovasi convertita in marmo.
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tato da tre torri pur d' oro, chiuso d' azzurro, murato di nero che è di Castìglia; 2° e 3° d' argento, con un leone rosso coronato che è di Leone.
Il secondo gran quarto partito: nel 1° d'oro, con quattro pali rossi che è di Aragona; nel 2° in croce di S. Andrea il capo e la punta d' oro, con quattro pali di rosso, ed ai fianchi d' argento, l' aquila nera coronata che è di Aragona Sicilia, diviso d' argento con una croce potenziata d' oro, accantonata da quattro crocette potenziate, d'oro che è di Gerusalemme; sopra il tutto d'argento con cinque scudi d'az- zurro situati in croce, caricato ciascuno da cinque hisanti d'argento e la bordura di rosso, con sette castelli d' argento, che è di Portogallo;
Il terzo gran quarto diviso: nel 1° rosso, con una fascia d'argento, che à^ Austria nel 2° bandato d'oro e di azzurro di sei pezzi, e l'orlo di rosso, che è di 'borgogna antica;
Il quarto gran quarto diviso: nel P d' azzurro sparso di gigli d' oro e la bordura composta d' argento e di rosso che è di Borgogna moderna; nel 2° nero, con un leone d' oro linguato e armato di rosso, che è del Ducato di Brahante; in punta innestato d'oro, con una granata verde, aperta di rosso che è di Granata; e sopra il tutto partito : nel 1° d' oro con un leone nero coronato linguato e armato di rosso, che è di Fiandra; nel 2° d' argento, con im" aquila rossa coronata armata unghiata di oro che è Marchionatus Sacri Impérii, parte del Ducato di Brahante.
Lo scudo contornato del collare del Toson d'Oro, i e sormontato da Corona reale; supporto un'aquila nera coronata con le ali abbassate. Tav. VI. i.
CASA BORBONE DI SPAGNA.
Filippo IV di Siciha, V di Spagna, duca d' Anjou figlio di Luigi Borbone delfino di Francia e di Maria Teresa d' Austria sorella di Carlo II per di cui testamento ere- ditò le due corone di Spagna e SicUia.
L'Imperatore Leopoldo gli contrastò la successione alla corona di Spagna, che doveasi a suo fìgUo l'arciduca Carlo d'Austria. Sostenne dodici anni di guerra ri- sultando vittorioso. Alla fine pel trattato d'Utreht il I7I3, dovè cedere la Sicilia a Vittorio Amedeo di casa Savqja; indi riconquistatala nel 1717 ne fece cessione
1 Questo grande e celebre ordine uno dei più illustri della cristianità fu fondato a Bruges il 10 gennaro 1429 da Filippo III detto il buono duca di Borgogna, in occasioue del suo matrimonio con Isabella di Portogallo. Estinta la casa di Borgogna que- st'ordine passò in quella d'Austria per il matrimonio di Maria figlia unica di Filippo il temerario con Massimiliano imperatore d'Austria. Carlo V lo trasmise ai re di Spagna suoi successori; ma dopo 1' estinzione di quest'ultimi, Carlo VI d'Austrin ne as- sunse la gran maestria dell' ordine. Intanto Filippo V di Spagna si ostinò a volerlo conservare perse e a dispensarne le insegne. Finalmente dopo alquanti anni di negoziati si posero d' accordo e variandone in qualche modo gli ornamenti accessorii comin- ciarono essi ed i loro discendenti a dispensarlo.
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al suo figliuolo Carlo nato da Elisabetta Farnese seconda moglie, avendo in prime nozze sposata Maria Luisa Gabriella di Savoja figlia del re Vittorio Amedeo madre del re Luigi I e di Ferdinando VI monarca delle Spagne. Finalmente dopo 15 anni di regno in età di 62 anni morì improvvisamente in Madrid a 9 luglio 1740.
L' arme della Real Casa Borbone di Spagna e Sicilia era uno scudo inquartato.
Il primo' gran quarto inquartato: 1" e 4° di rosso, con un castello d'oro sor- montato da tre torri pur d' oro, chiuso d' azzurro murato di nero che è di Castiglia 2° e 3° d'argento, con un leone coronato di rosso, che è di Leone;
n secondo gran quarto partito: nel 1° d'oro con quattro pali di rosso che è di Aragona; nel 2° inquartato in croce di S. Andrea il capo e la punta d'oro, con quattro pali di rosso, ed i fianchi d'argento con l'aquila nera coronata che è di Aragona Sicilia;
Il terzo gran quarto, diviso: nel 1° di rosso con fascia d'argento, che è à' Au- stria; nel 2" bandato d' oro e d' azzurro di sei pezzi, e la bordura di rosso che è di Borgogna;
Il quarto gran quarto diviso : nel 1° d'azzurro sparso di gigli d' oro e la bordura composta di argento e di rosso che è di Borgogna moderna; nel 2° di nero con un leone d' oro linguato ed armato di rosso che è di Bracante. Sopra il tutto d'azzurro con tre gigli d' oro che è di Francia. Lo scudo contoi^nato del collare del Toson di Oro e sormontato da Corona reale; supporto un'aquila nera coronata con le ali abbassate. Tav. VI . 2.
CASA DI SAVOJA.
Vittorio Amedeo II duca di Savoja figlio di Carlo Emmanuele II e di Maria Gio- vanna duchessa di Nemours, ottenne la Siciha per il trattato d' Utreht; e fa coro- nato in Palermo a 24 dicembre 1713.
Qui contese per la regia monarchia col Papa che interdisse la Sicilia eccitando gare, disserzioni e tumulti. Dopo un breve e turbulentissimo regno di anni cinque dovette perdere la Sicilia riconquistata daUe armi spagnuole e riparare in Torino, ricevendo in compenso il regno di Sardegna. Fu principe politico manieroso vigi- lante e intento a promuovere il bene del regno. Cessò di vivere in Torino nel pa- lazzo di Moncalieri nell'età di anni 66, il 31 ottobre 1732. La Casa di Savoja è la più antica tra le case Sovrane di Europa avendo origine da C/'r»5(?rifo delle Bianche mani che viveva nel decimo secolo fialio di un Beroldo 0 Bertoldo della casa di Sassonia viceré d'Arles e conte di Morienna, il quale era figlio di Ugo marchese d' ItaUa. Quindi per circa nove secoli cioè in 26 generazioni questa illustre famiglia
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à dato 38 principi quasi tutti o per virtìi cittadine o per valore militare commen- de voli.
Il suo stemma è uno scudo inquartato e contr' inquartato.
Il primo gran quarto inquartato: 1* d'argento, con una croce potenziata d'oro cantonata da quattro crocette potenziate dell' istesso metallo che e di Gerusalemme: 2° fasciato d' argento e d' azzurro, di 8 pezzi con im leone rosso armato linguato e coronato d'oro broccante sul tutto che è di Liisignano; 3° d'oro con un leone rosso armato e coronato d'oro, che è d'J.nnejwa; 4° d'argento con un leone rosso armato e coronato d'oro linguato d'azzurro e la coda biforcata che è di Luxem- hurgo.
Il secondo gran quarto partito: nel 1° di porpora, con un poledro contornato e cigliato d' argento che è di West falla ; nel 2° fasciato d' oro e di nero , di 8 pezzi con una corona schiacciata verde situata in banda, e broccante sul tutto che è di Sassonia, alle quali armi è innestato un campo d' argento con tre puntali di spada che è d' Aììgria; scudetto d' argento con una croce rossa contornata da quattro teste di moro nere attortigliate d' argento che è di Sardegna, quale scudetto fu aggiunto quando la casa di Savoja ottenne il possesso di quest' isola in compenso della per- dita della Siciha, e che noi abbiam esposto per completare lo stemma di Casa Sa- voja attuale regnante.
n terzo gran quarto partito: nel 1° d' argento, sparso di biglietti neri ed un leone armato e linguato di rosso broccante sul tutto che è del Chiahlese ; nel 2° nero, con un leone d' argento armato e hnguato di rosso che è di Aosta;
n quarto gran quarto partito: nel P rosso con la croce d'argento, diviso con cinque punte d'oro equivalenti con quattro d'azzurro che è di Genova; nel 2° di argento, al capo rosso che è di Monferrato, in punta dello scudo innestato d'oro con un'aquila nera che è di Moriana. Sopra il tutto d'oro con un'aquila nera, al volo spiegata coronata d'oro caricata nel petto d'uno scudo di rosso, con la croce d' argento, che è di Savoja, i lo scado contornato del collare dell' ordine supremo dell'Annunziata, Corona reale, cimata da croce trifoghata; supporto due leoni. Tav. vi. 3.
1 Anticamente l'arme di casa Savoja era un'aquila nera in campo d'oro; e fu il grande Amedeo che la cambiò con la croca de' Cavalieri di S. Giovanni di Gerusalemme in memoria del gran soccorso che mandò in Rodi mentre era assediata dai Tur- chi; per questo si veggono frapposte nel collare dell'arme le lettere F, E, R, T, che significano: Fortitudo Ejus Rodum Te- li uit.
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CASA D'AUSTRIA.
Carlo III fra' re di Sicilia, VI fra gl'imperatori d'Austria, figlio dell'imperatore Leopoldo I e di Eleonora di Neoburg , spedì un esercito di diciotto mila uomini sotto il comando di Claudio Florimond conte di Mercy, che venne a sanguinose battaglie con l' esercito spagnuolo del marchese di Leide, e bentosto si rese padrone di tutta la Sicilia, avendo il Leide dal suo re comando di cedere all' Austria l' isola. Carlo VI fu principe saggio e benellco; fece confermare dal Papa Benedetto XIII il privilegio della legazia apostolica come prerogativa inerente al trono di Sicilia; adoperò tutta la sua politica per fare riconoscere la prammatica sanzione che alla sua morte non fa rispettata e produsse la guerra. Finalmente dopo la vittoria di Bitonto riportata dall'esercito spagnuolo comandato dall'Infante Carlo e dal conte di Mon- temar, Carlo VI fu obbligato restituire alla Spagna la Sicilia il 1734. Morì in Vienna ai 20 ottobre 1740 dopo aver regnato anni quattordici. Con questo principe cessò di regnare in Sicilia l'eccelsa casa d'Habsbourg, ceppo della quale fu Rodolfo d'Hab- sbourg 1 poi imperatore di Germa nia nella storia riuomatissimo , che trae origine da Gentramo il Ricco conte d'Alsazia nel 917. L' ultima rampollo fu Maria Teresa, la quale maritatasi con Francesco di Lorena fece sì che questa illustre casa m. atto regnante le possessioni di quella ereditasse.
L'arme di questa casa Imperiale e Reale in Sicilia era uno scudo inquartato.
Nel I" quarto rosso un castello d'oro sormontato da tre torri, chiuso d'azzurro, murato di nero che è di Castiglia; nel 2° d'argento con un leone coronato di rosso che è di Leone; nel 3° d'azzurro sparso di gigli d'oro che è di Francia; nel 4° in- quartato in croce di S. Andrea, il capo e la punta d'oro con quattro pali di rosso, ed ai fianchi d'argento l'aquila nera coronata che è di Sicilia; sopra il tutto rosso con una fascia d'argento 2 che è à' Aiistria; Corona imperiale; lo scudo contornato del collare dell'ordine del Toson d'Oro. Tav. VI, 4.
CASA BORBONE.
Carlo IH di Spagna, IV di Sicilia, fighe di Filippo di Spagna e di Ehsabetta Far- nese, dopo la vittoria riportata su gì' imperiah passò trionfante in Sicilia, che a lui ubbidendo gli diede la corona nel Duomo in Palermo il 3 luglio del 1755. Questo principe era bello della persona e del volto, valoroso in armi, lilierale, benefico, e
■ 1 Hasbourg, castello nella Svizzera edificato nel 1020 da Radebot nipote di Gentramo il Ricco. 2 L'anno 1191 dopo la presa di Tolemaide sì portò dal campo di Battaglia la casacca bianca del valoroso Duca Leopoldo VII di Habsbourg, la quale essendo tutta intrisa di sangue, tranne il luogo dov' era la cintura, diede occasione a quest'arme.
45 quindi molto amato da' suoi sudditi clie eran lietissimi di vedersi indipendenti e non più soggetti a vasti e lontani regni. Parecchi monumenti abbiamo di sua larga ge- nerosità, tra' quali il sontuoso Albergo de' Poveri in Palermo. Governò sino al 1759 in cui chiamato al trono di Spagna cede la Sicilia a suo tìglio terzogenito Ferdi- nando, nato da Maria Amalia di Sassonia figliuola di Federico Augusto III re di Po- lonia e di Maria Giuseppa d'Austria. Dopo 25 annidi regno nioin in Madrid il 1788.
Ferdinando I tiglio del precedente instituito re di Napoli e di Sicilia per la rinunzia fattagli da- Carlo III a sei ottobre del 1759; si chiamò IV fra i re di Napoli e III fra quei di Sicilia. Egli durante 1' occupazione francese in Napoli cioè dal 1806, al 1815 si trovò in Sicilia garentito dagl'Inglesi. Diede nel 1812 una costituzione ai Siciliani; ma nel 1815 ripreso il dominio del regno abolì la costituzione suddetta re- stringendo alla Sicilia i suoi privilegi. Nel 1816 unificando i due regni di Napoli e Sicilia prese il nome di Ferdinando I; ciò produsse un gran malumore ed eccitò la rivolu- zione del 1820 che fu vinta dall' Austria. Questo principe intanto die ottime leggi, abolì il tribunale d' inquisizione, e coli' ajuto di uomini sommi fondò l'Orto Botanico, la Specola ossia osservatorio astronomico nel palazzo reale, e l' Università degli Studii di Palermo. Prese in. moglie Maria Carolina d' Austria figliuola dell' Imperatore Fran- cesco di Lorena e di Maria Teresa d'Austria. Morì in Napoli il 1825, in età di 74 anni, dopo averne regnato 65. Gli succede al trono il figlio
Francesco I sovrano molto inchinevole alla pietà ed alla filantropia; nel suo breve regno di anni cinque eresse vari stabilimenti di beniflcenza, tra cui quello dei Matti e dei Projetti in Palermo. Prese due mogli, Maria Clementina d'Austria figliuola dell'imperatore Leopoldo II ed Isabella Borbone figliuola di Carlo VI re di Spagna. Morì in Napoli il 1830 in età di 53 anni, lasciando erede suo figlio
Ferdinando II nato da detta Isabella; nel 1830 saliva un trono non poco sfiduciato e con finanze esauste, che furono tosto appianate mercè una saggia amministrazione. Coi primi atti del suo governo ispirati alle idee di vero progresso e discentra- mento ammmistrativo rianimò le speranze de' Siciliani; ma poco appresso sia perchè spaventato dalle conseguenze che da tali premesse potevano derivare, sia perchè frastornato da false suggestioni di pravi consiglieri, che circondandolo intimidivanlo, egli non fu mai sicuro del fatto suo, piegò all'assolutismo; lochè accrebbe il mal- contento nel popolo, e dispose la prossima caduta della sua dinastia. Del resto potè dirsi un Principe pio, severo e benefico. Ebbe due mogli Maria Cristina di Savoja figlia del re Vittorio Emmanuele I, e Maria Teresa d' Austria figha dell' Arciduca Carlo generale rinomatissimo nella storia. Mancò ai vivi nel 1859 afflitto da penosa malattia, che dubitasi prodotta da veleno in età di anni 49, dopo 29 di regno; suc- cedendo suo figlio
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Francesco II nato da detta Maria Cristina, chiamata volgarmente la Santa per le di lei grandi virtù^ e die le meriteranno più tardi 1' onore degli altari. Questo sven- turato Sovrano perde la madre sin dall' infiinzia, tradito e mal consigliato appena asceso il trono in età giovanile da perfidi consiglieri, dopo un' eroica resistenza so- stenuta nella fortezza di Gaeta il 1861 cede all'impero della forza esulando. Sposò Maria Sofia di Baviera sorella dell'Imperatrice Elisabetta d'Austria.
La casa Borbone regnò in Sicilia 125 anni, e die cinque re. Essa è una delle piti illustri Case Sovrane d'Europa, avendo avuto per ceppo Roberto il Forte Duca d' An- jou (864) discendente da Childebrando fratello di Carlo Martello re di Francia. Ella à regnato in Francia, nelle Spagne, nelle due Sicilie, e ne' ducati di Lucca e di Parma. Armandosi nelle due Sicilie con uno scudo interzato.
n primo gran quarto diviso : nel 1° d' azzurro, sparso di gigli d' oro con lambeUo rosso di quattro pendenti che è di Francia; nel 2° d'argento, con cinque scudi azzurri situati in croce caricato ciascuno da cinque bisanti d' argento e la bordura di rosso con sette castelli d' oro che è di Portogallo.
11 secondo gran quarto diviso: nel 1" inquartato di Castiglia e Leone, partito di Aragona Sicilia, (V. Tav. V.) nel 2'^ d'oro con sei gigli d'azzurro, situati 3, 2 e 1, che è Farnese.
11 terzo gran quarto d' oro, con cinque torte di rosso situate in orlo, e in capo una più grande di azzurro, caricata da tre gigli d'oro situate 2 e 1, che è di To- scana.
Sopra il tutto d'azzurro con tre gigli i d'oro situati 2 e 1, e la bordura di rosso che è r arme della real casa Borbone. Lo scudo è contornato de' collari degli or- dini del Toson d'Oro, Costantiniano, S. Gennaro, S. Ferdinando, S. Giorgio deUa Riunione. — Corona reale. Tav. VI.s.
Per gli avvenimenti del 1860 la Sicilia passò sotto lo scettro di Vittorio Enima- DUeie II di casa Savoja principe guerriero e liberale proclamato re d'Italia con ple- biscito dei 21 ottobre 1860.
1 I gigli, che al numero di tre imitano il modello della Trinità increata, il Padre, il Figliuolo e lo Spirito Santo e che tutti tra insieme fanno un Dio, sono il simbolo ed il carattere del regno di Francia — Edmond Gamurron, Cassette (ìe Saint Louis.
DIZIONARIO
DI
FAMIGLIE NOBILI SICILIANE
INDICANDO
LE ORICxINI LE CxLORIE IL BLASONE i
Abbadclli o Abbatclli — Secondo Inveges no- \ biliario ec. questa famiglia proviene da Lucca, trapiantata in Palermo da un certo Dulcio Ahhatelli il 1237 sotto ! l'imperatore Federico II. Il Villabianca dice che nel 1431 un Giovanni Abba- telli corrottamente Patella per 40 mila fiorini d'oro comprò da uno de' Mon- eada la contea di Cammarata; acquistò ' le baronie o feudi di Pietra e Cefalà, e secondo il Muscia — Sicilia Nohilis — , una metà della gabella de' frutti di Pa-
lermo. Occupò le prime cariche dello stato, imparentò con la nobilissima fa- miglia dei Chiaramonte, e suo figlio Federico il 1451 venne investito del titolo di conte di Cammarata, come i\\.ÌYei\jure aereditario materno di quel- r altro della contea di Modica. Dopo varie successioni il detto stato di Cam- marata passò ad una Margherita Ab- batelli e Branciforte, che sposò lo zio Conte Federico Branciforte capitan ge- nerale. Ma poiché questi nemico del
1 I cenni storici il:i. noi riportali non aeuipre saranno comiileti; ciò devosì parte all'oscurità, parte alla scarisezza e penuria dellH notizie apprestateci, e parte moltissima alla non cnranza delle famiglie che non liau mica risposto al nostro appello non solo, ma talora al nostro personale invito. Notizie apocrife abbiam dovuto sdegnosamente rigettare, siccome quelle che deturpano r opera.
l'er quanto poi concerne il blasone di talune famiglie, trovatolo discorde abbiamo creduto conveniente attenerci al Jlinutoli, Ormi Priorato di ifalta in Messina, siccome l'autore pili accreditato per la severità delle pruove di nobiltà fatte pria dell'am- missione a queir Ordine, non che all'opera inedita del Villabianca, raccolta di merito non indifferente. Del resto non mancheremo giammai di tener d'occhio gli antichi usi di famiglia, quali ci è stato facile rilevare da lapidi quando sepolcrali e quando in fronte a' portoni di antiche case baronali in città e nelle ville.
Inline crediamo degno di onorata ricordanza il nome del professore Antonio Lomonac.o per le solerti cure im|iiegate nella collaborazione del presente Dizionario — L' Autokk.
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viceré Ugo Moncada iruvossi implicato nella cospirazione di Leofante ed Im- peratore nel secolo XV, e n'ebbe il capo mozzo; così la Margherita passando a seconde nozze sposar volle un Blasco j Branciforte, siccome colui che a tali ' sollevazioni opposto si era. N'ebbe un ]' figlio Girolamo, letterato di vaglia, di cui V. Moreri, Mongitore, Crescenzi. Quindi la prima linea AbbatelU si estinse in Margherita, mentre sappiamo un ra- mo di tal famiglia esistere in Catania. È notabile come oggetto d'arte la di lei antichissima turrita casa che poi divenne monastero della Pietà, dove si scorge lo stemma della famiglia, che gli autori uniformemente armano: cam- po d'oro con un grifo nero rampante. — Corona di conte. Tav. VII.i. Abbate o Abbati — Questa famiglia al dir di Mugnos , discende da Papiro ca- valiere romano , il quale rinunziato al figlio Ascanio le sue possessioni ritirar si volle nel monastero di Mon- tecassino con vestir 1' abito religio- so ; né andò guari che fu fatto Ab- bate da quei monaci. Indi morto il di lui figlio senza prole, depose l'abito e nuovamente prese moglie; perlocchè i figli suoi furon detti dell'Abbate.
Taluno di essi fé passaggio in Si- cilia, propriamente quel ramo che fio- riva in Milano; si vuole fosse stato un Enrico Abbate tesoriere dell'impera- tore Federico II 1229, qui venuto col carico di visitator generale. Il Fazello poi riporta questa famiglia all'epoca
l\A vespro e cita un Palmerio compa- gno del Precida.
Checché né sia il "S^illabianca — >S'/- cilid Nobile — ne tesse un grande elo- gio dichiarandola di Sicilia antichissi- ma, non che posseditrice di Favignana, Carini, Gibellina, Ucria, Cefalà, Badia, Cudia, ec. stati e feudi che per varie circostanze in altre mani passarono.
Essa da Palermo diramossi in Mes- sina, Catania, Monte S. Giuliano col vanto di portare nel suo seno capitani giustizieri, senatori, cavalieri geroso- limitani, ed anche un Santo qual fu il glorioso S. Alberto frate dell'ordine di Monte Carmelo, figlio del cavaliere Benedetto Abbate, e di Giovanna della nobihssima prosapia dei Palizzi. Il Vil- labianca segue la linea sino ad Ignazio Vincenzo Abbate che nel 1723 s' inve- sti del titolo di marchese di Longarini. Si arma secondo gli autori concordi: campo diviso verde e di argento. — Corona di marchese. Tav. VII. 2.
Abbadessa — Antica nobile famigha fioren- tina, di essa ricorda Mugnos essere in Palermo venuto sotto Federico III un tal Nicolò qual regio percettore, che fu poi governatore della Camera Re- ginale. I suoi discendenti Corrado e poi Andrea sotto Carlo V governarono Vizzini — -Leva per armi: campo tagliato d'oro e di rosso. Tav. VII. 3.
Abbracciabene — Famiglia oriunda romagnola oggi estinta, dice il Savasta — Caso di Sciacca — Venne in Palermo sotto Lu- dovico d'Aragona; indi passò in Sciacca
ove in fatto di partiti tennesi neutrale, Poscia uno degli Abliracciabene al dir di Mugnos con truppe proprie nel 1344 in difesa del re prese in ]\Ies- sina il forte del Salvatore. Occupò di- stinte cariche; ed un Davide suo suc- cessore sotto Federico III pe' suoi glo- riosi servizii venne investito del titolo di barone del feudo Scanzatinni; e quindi possedette non pochi altri vi- stosissimi beni.
Armasi secondo il detto Savasta: campo d' oro con un leone rosso che abbranca una colonna al naturale. — Co- rona di barone. Tav. VII. 4. Abbrandici — Armasi giusta il Villabianca: campo azzurro con una banda merlata d' oro, affiancata da quattro stelle con sei raggi dell' istesso metallo, situate una in capo e tre in punta. Tav. VII. 7. Abela, Abella — Secondo Mugnos questa fa- miglia proviene di Spagna, passata in Sicilia nel 1282 epoca del Vespro; e fu Ferrare Abela che pei suoi servizii ebbe in dono l' isola di Malta; ma Fe- derico II ne lo scacciò. Nondimeno i suoi figli ebbero in compenso i feudi di Giaesi e le castellanie di Agirò e di Raginelgi, non che la capitania di Pa- lermo, 1360. Di là una genealogia sino ai tempi del prefato scrittore.
Vanta ella de' cavalieri di Malta, e tra questi un fra Giovan Francesco Abela Commendatore Gerosolimitano, il quale nel 1647 pubblicò in Malta un' opera intitolata — Descrizione di Malta. — Un ramo esiste in Siracusa.
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Si arma secondo Minutoli: campo azzuro- con un capriolo d'oro accom- pagnato in capo da tre stelle pur d'oro con sei raggi situate in fascia — Seb- bene Mugnos l'arma con due fucine di fuoco in campo azzurro. — Corona di barone. Tav. VII. 5.
Abramo — Nobile famiglia Siciliana che al dir di Mugnos possedè per molto tempo la baronia di Carcaci — Si arma: campo di argento con tre bande rosse. — Corona di barone — Tav, XV. 1.
Abrignano — Per come afferma il Mugnos è una famiglia oriunda Ravennate, che . nel 1316 passò in Napoli ed in Sicilia ove riparò a causa dei partiti guelfi e ghibellini bianchi e neri. Il primo ceppo siciliano fu un Maurizio che si stabilì in Trapani, ivi notato per le sue belle qualità nella maestra de' nobili, occu- pando i maggiori ufficii. Suo figlio Fran- cesco nel 1428 fu giurato, indi capi- tano giustizierie, cariche che occupa- rono in Sicilia solamente i nobili. Nei fasti di tal famiglia si ricordano un Enrico nel 1335 investito della ba- ronia di Regalmuto, un altro Enrico, dare Giovanni fatto vicario generale d' armi nella valle di Mazzara; un Giu- seppe, che nel 1528 da Carlo V ebbe conferita la baronia delle Saline di Tra- pani; un Ottofredo barone di Scam- maria nel 1635, ed infine un Antonino fondatore della commenda di S. An- tonio di Abrignano nel 1645 in Pa- lermo.
Si arma : campo rosso con un ca-
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stello d'oro sormontato da tre torri dell' istesso metallo. — Corona di ba- rone. Tav. vii. 13.
Abrugnale — Antica e nobile famiglia di Mes- sina, ove fiorirono al dir di Mugnos Sai- vitto Abrugnale, barone del Ponte di Agrigento ed altri illustri gentiluomini armandosi : campo rosso con una bro- gna d' argento — Corona di barone, Tav. XV. 2.
Accascina — Nobile famiglia di Pisa, ove godè i carichi di Priore ed Anziano, come riferisce Mugnos. Indi passò sotto il re Alfonso di Aragona in Palarmo e vi tenne supremi uiBcii e più volte la di- gnità senatoria. Fiorirono di tal fami- glia Fra Giovanni d' Accascina cava- liere Gerosolimitano nel 1444, e Fra Geronimo cavaliere di Malta nel 1590. Armasi: campo rosso con un'aquila d'oro. Tav. XV. 3.
Accìajoli — Secondo il Villabianca si arma: campo d' argento con un leone nero. Tav. VII. 10.
Accomodo — A dir del IMinutoli è una fa- miglia nobile di Palermo, primo a rap- presentarla fu un Vincenzo nel 1459, 1° C. Giudice della Corte Pretoriana. Si arma secondo il Minutoli: campo azzurro con una fascia d'oro, dalla quale sorge un braccio di guerriero che im- pugna una spada con la punta rivol- tata, ed accompagnato all' angolo sini- stro del capo da una stella d" oro con sei raggi Tav. VII. 11.
Aceto — Famiglia normanna, incominciata in Sicilia da Roberto de Aceto conte
di Aucense marito di Matilde figlia del conte Ruggiero ; lochè viene confer- mato da un privilegio del 1093 in per- sona del cennato Roberto, che il conte Ruggiero chiama suo genero; altri pri- vilegi attestano l' antica nobiltà di que- sta famiglia non che i carichi eminenti occupati, i titoli ed onori. Sotto Fe- derico II e Pietro II d' Aragona si di- stinse un Giacomo e sotto il re Alfonso un Giovanni. Cosi il Mugnos, Planzone, e l'Hermite de Soliers, che l'arma: campo diviso d'oro e di nero con un leone dell' uno e dell' altro. — Corona di conte. Tav. VII. n.
Acono — Nobile famiglia aragonese. Il primo che venne a trapiantarla in Sicilia fu Giovanni de Acono al seguito di re Martino, dal quale si ebbe pe' suoi gran servizii militari la baronia di Cama- stra, come riferisce il Zurita nei suoi Annali e riporta il Mugnos, arman- dola: campo verde con cinque conchi- glie d' oro situate in croce di Sant'An- drea. — Corona di barone. Tav. XV. 4.
Accoranibono — Il Villabianca l'arma: campo diviso d'oro e di rosso con un grifo rampante dell'uno e dell'altro. T. VII. 12.
Acquavi va — Famiglia napolitana che Mu- gnos sull'autorità di Ansehno Brac- ciano fa derivare dalla stirpe de' duchi di Baviera, passata in Italia con Car- lomagno. Vejane portata in Sicilia nel 1195 da un Rinaldo ed un Fortebraccio fratelli che militarono in favore dello imperatore Enrico svevo, da cui otten- nero i castelh e le terre di Giarratana
e Buccheri in Sicilia, tolte a Leone d'Atri e Giovanni Leontini ribelli. Un Federico edificò Augusta sulle rovine dell'antica Centuripe 1229; un Forte- braccio figlio di Rinaldo parteggiando pei Francesi fu trucidato con tutta la sua famiglia, non restando che un Luigi di lui fratello, che si caso in Lentini; di là una nuova linea. Armasi: campo d'oro con un leone azzurro. T. VIILi.
Ada — Il Villabianca l'arma: campo d'oro con un castello nero sormontato da un uomo armato, che tiene nella man de- stra una bandiera di quattro scacchi d' argento e d' azzurro, caricata da una crocetta rossa; e accompagnata nello angolo destro del capo da una stella d' oro con sei raggi la porta guardata da uomo armato. Tav. VIL is.
Acquino o Aquino — Dal Mugnos rileviamo essere stata una grande famiglia ita- liana; quella da cui ebbero origine un Anicìa romana madre di consoli ed imperatori; e la famiglia Frangipane e Summucula che per lo stato di Aquino lasciò il cognome di Summucula. Il primo a passare in Sicilia sotto Fede- rico II fu un Landolfo bandito dal re Roberto. Si caso in Palermo con una signora della famiglia Filingieri, ramo che durò sino a Carlo V. Una branca poi fiorì in Messina, derivante da' conti di Belcastro, e fu un condottiero chia- mato Alfonso che lasciò de' figli.
Leva per armi secondo il citato au- tore:, uno scudo inquartato; nel 1° e 4" campo rosso con tre bande d'oro; nel
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2° e 3° diviso d'argento e di rosso con un leone dell'uno e dell'altro T. VII. u.
Acugna — Al dire d'Inveges famiglia oriunda spac/nnola , o meglio castigìiana de- scritta da Lopez che vi appartenea. H piti antico ceppo fu un Contzen, ramo che passò in Sicilia col Conte Ferdi- nando d'Acugna che fu Viceré nel 1488 morto in Catania. Da lui un Luigi sposato ad Isabella Cruyllas erede della baronia di Francofonte; il quale si ebbe una figlia a nome Diana sposata ad uno de' Moncada, ove in fine si estinse la flmiiglia Acugna. Il Mugnos ed il Villabianca confermano la stessa cosa. Armasi secondo Inveges: campo d'oro con nove banderuole azzurre situate 3, 3 e 3 e la bordura di rosso cari- cata da sette castelli d'oro. — Corona di conte. Tav. VII.s.
Adamo — Nobile famiglia ^omèarc?a portata in Sicilia giusta il Mugnos da Childe- perto condottiero di 300 fanti a' ser- vizii di Pietro I d' Aragona, stabilen- dosi nella città di Messina. In essa fio- rirono un Antonio nipote del prece- dente uno de' consiglieri di re Mai'tino Giovanni barone di Cefalà, conserva- tore del Tribunale del R. Patrimonio Promastro Giustiziere del regno, molto favorito dal re Alfonso; una Celestria fondatrice di un monastero di donne in Caltagirone; un Giangiacomo capi- tan d'arme del regno e regio castellano di Caltagirone; Un Giacomo cavaliere gerosolimitano, ed altri illustri, che furono giurati di Noto — Leva per armi:
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secondo Mugnos: campo rosso, con una fascia d'oro accompagnata in capo da un leone passante dell' istesso metallo, ed in pmita tre da stelle d'argento con sei raggi male ordinate 1 e 2; lo scudo sormontato da Corona di barone. Ta- vola Vili. 2. Ademari — Il solo Mugnos che ne parla dice essere una delle principali famiglie no- bili di Firenze. Nel 1262, Pietro e Bo- naccorso Ademari indussero Corradino svevo all' acquisto de' suoi regni soc- correndo i Guelfi di Firenze. Poscia un Manno figlio di Pietro venne da Napoli in Sicilia a' servizi di Federico Secondo, il quale gli conferì il governo della città di Termini. Ebbe il feudo di Maeggi nel territorio di Siragusa. Continua la successione sino a Nicolò. Armasi secondo Mugnos: campo diviso d' oro e d' azzurro. Tav. VII. le.
Ademonia — Antica famiglia sveva al dir di Mugnos, portata in Sicilia da Landolfo Ademonia ai servizi! di Enrico VI im- peratore da cui si ebbe pei suoi ser- vizii militari la Castellania di Castel- lamare di Palermo, ed il governo delle fortezze del regno. Egli si stabilì in Palermo, ove fondò la sua famiglia, della quale fiorirono Enrico che fu Se- natore^ e Nicolò che molta parte si ebbe a scacciar dall'isola i Francesi. Leva per armi: campo d' oro con un leone rosso , che tiene con le zampe anteriori un'aquila nera. Tav. XV. 5.
Adìnoliì — Famiglia sveva come riferisce Mu- gnos passata in Sicilia con l'impera-
tore Enrico VI. Un Lanfranco Adinolfi pei suoi servizii ottenne dal citato im- peratore la custodia ed il governo della città di Catania. Il di lui figlio Giovanni fu scudiero dell'imperatore Federico II e si rese progenitore di molti virtuosi e valorosi baroni; perlocchè questa fa- miglia vantasi tra le antiche feudatarie di Sicilia. Armasi : campo d' argento con una spada ed una palma verde si- tuate in croce di S. Andrea, accom- pagnate da 'quattro stelle rosse poste ima in capo una in punta, e due ai fian- chi.-^ Corona di barone. Tav. XV. e. Adonnino — Giusta i rapporti del chiarissimo Villabianca fu questa patrizia famiglia messinese oriunda da un' altra detta Donnino di Firenze e che presenta il titolo di conte. Il primo ad esserne investito fu un Andrea Adonnino, al dir del Mongitore, valente letterato, che pe' suoi talenti occupò importanti ca- richi. Indi la famigha acquistò feudi ed altro; sicché trovasi ascritta nella maestra de' nobili di Messina, e conta qualche cavaliere di Malta. Sappiamo in oltre che ella possedè le baronie di Pileri e Suttafari, non che il titolo di duca deUa Catena il 1748. Nel supple- mento del Villabianca troviamo Tom- maso Adonnino morto il 1764 che vien seguito da Giovambattista investito il 1775. Intanto si sa che detto Tom- maso fé acquisto de' due feudi Can- ticaglione e Finocchiaro, un tempo di Casa Bugilo col mero e misto impero. Un ramo di essa trovasi in Licata
e precisamente quello del conte Adon- nino.
Si arma secondo il detto Villabianca: campo azzurro con un leone coronato d'oro che tiene un tizzone acceso con le zampe anteriori. — Corona di conte. Tav. vii. a
Alllillo — Pria de' Normanni, al dir. di Mu- gnos , questa ricchissima famiglia da Roma passò in Napoli acquistando gros- se terre. Il primo fu Bartolomeo ai servizi di Federico II imperatore; da, lui una discendenza sino a Pandolfo, il quale essendo a' servizi di re Giacomo recossi in Sicilia, ove per le sue heUe virtù militari meritò la concessione di ricchi feudi. Si caso in Palermo con la figlia di Guglielmo Póntecorona. Di là un' altra discendenza , nella quale incontriamo uomini illustri, che oc- cuparono i primi carichi dello stato; tra gli altri un ]\Iarchisio di Afflitto e Morso primo principe di Belmonte;, qual feudo fu antico apponnaggio della sua famiglia sin dal 1439. L'Inveges volendo un pò piti alto spingere le sue ricerche trova che un Placido Romano maestro dei cavalieri dell'imperatore Tra) ano divenuto cristiano fu martiriz- zato; perlochè i suoi figli furono detti àeìY Afflitto : indi riferisce ciò che di sopra abbiamo amiunziato. Vanta molti cavalieri di Malta.
Armasi secondo il Minutoli: campo rosso con un albero di palma d'oro ac- costato da due pavoni del color natu- rale.— -Corona diprincipe. Tav . Vili. 4.
Agaldi 0 iDgaldi — Famigha^yeya che, al dir
53 di Mugnos passò in Napoli e in Sicilia con l'imperatore Enrico VI. Possedè l'isola d'Ischia, la signoria di Car- bonara, altre terre e baronie.
Armasi: campo azzurro, e di sotto onde marine con tre uccelli Gaipa d'ar- gento che mirano un sole d'oro movente dall' angolo sinistro del capo. — Co- rona di barone. Tav. XV. 7.
Agari— Armasi secondo il Villabianca: campo rosso con una fascia d' argento, cari- cata da tre bisanti rossi, accompagnata nel capo da una stella d' argento con sei raggi. Tav. Vili, a
Agello 0 Ajello — Al dir di Mugnos è questa un,' antica famigha palermitana, aven- dola trapiantata in Sicilia un Matteo d' Ajello regio notaro del re Guglielmo il Buono , dal quale fu creato gran cancelliere del Regno nel 1169, e fondò in Palermo un Monastero di donne del- l'Ordine di S. Benedetto, e chiamato del Cancelliere.
Si arma: campo d'argento con onde azzurre, dalle quali sorge una testa di pesce delfino che guarda i raggi di un sole rosso rnovente dall' angolo destro del capo. Tav. XV. s.
Ages — Famiglia nobile catalana che il Mugnos dice esser passata in Sicilia
sotto i re aragonesi. Possedè la ba- ronia' di Santo Stefano, ed ebbe chia- rissimi e virtuosi cavalieri, che occu- parono le prime cariche dello Stato. • Armasi : campo trinciato d' argento e di nero, con un leone dell'uno e del- l' altro che tiene un giglio d' oro con le zampe anteriori. Tav. XV. 9.
54 Agliata 0 Alliata — Secondo Inveges è una antica famiglia sparsa in Grecia, Fran- cia ed Italia: Al dir di Mugnos fiorì in Milano nel 522 per un Santo Dazio che trovasi nel martirologio. Bardoino la fa signora di Candia sotto Costan- tino, contro cui combattè un Ante a- vendo alla testa Bardasalero e Teo- doro neir anno 170. Un Leone gran capitano nel 1274 difese Costantinopoli da' Barbari, e fu ceppo di due fami- glie, la detta milanese e la pisana, dopoché la famiglia per disgrazie patite finalmente recar si dovette da quella a questa città, cioè a Pisa. Lasciamo che il Baronio ed il Bonfiglio discor- rano a luno'o dei varii rami di tal fa- miglia. Noi in quanto al ramo pisano ci limitiamo a riferire che a causa delle persecuzioni de^ Visconti con molte ricchezze l'iparò in Sicilia nel 1300.
Ebbe a capo un Filippone o Fili- pazzo che procreò Nicolò e Giovanni, ceppo uno de' Principi di Villafranca e l'altro de' baroni di Solanto. Da Ni- colò venne Antonio, il quale edificò la terra di Villafranca e morì senza figli nel 1512 lasciando al fratello Andre otto la sua eredità. Da questi un altro Antonio che procreò Giuseppe padre di Francesco, che fu il primo principe di Villafranca per concessione di Fi- lippo III il 1609: fu egli pretore di Palermo e gran letterato. In quanto alla linea di Giovanni s' incontrano va- rie baronie di cui ignoriamo il seguito. Il Villabianca prosegue con Francesco P linea, 1647, morto il 1697; v. Mon-
gitore, biblioteca. Varii distinti perso- naggi di questa famiglia occuparono le prime cariche dello Stato come di presidente, vicario generale, proto- notaro del Regno, Pretore, Senatore, Strafico, ec. La famiglia conta non po- chi cavalieri di Malta, di Calatrava e del S. Gennaro , e gli onori si ebbe della grandìa di Spagna non che del titolo di principe del S. R. Impero.
Questa nobilissima famigUa dividesi osriri a Palermo in tre linee.
no
1." Nei principi di Villafranca, duchi di Salaparuta ec.
2.° Nei duchi di Saponara.
3." Nei duchi delle Pietretagliate.
Leva per armi secondo gli autori concordemente : campo d' oro con tre pali di nero, sopporto un' aquila bici- pite— Corona di principe. Tav. Vll.e. Agnello — Antichissima famiglia di Lentini secondo Mugnos, la quale fu chiara nelle discipline ecclesiastiche anche in Messina, ove ebbe un arcivescovo. Po- scia in Lentini stesso si estinse, stante da Carlo d' Angiò essere stata dichia- rata fellone e quindi passò in Genova e Pisa. Nondimeno un rampollo Paolo venne da Pisa in Siciha il 1449 sotto il re Alfonso; fu mastronotaro e ca- pitano delle carceri del castello e terra di Mistretta in feudo. Il figlio Anto- nino acquistò altro territorio. Vanta non pochi gentiluomini che con fami- glie nobili imparentarono. Il ]\Iinutoli riferisce qualche soggetto nobile in Ca- strogiovanni.
Armasi: campo azzurro con quattro
pali d'oro ed un agnello d'argento broccante sul tutto. — Corona di barone. Tav. Vili. 5.
— Al dir di Mugnos famiglia nobile aragonese. Martino di Agnon cavaliere passò in Sicilia con re Pietro d'Ara- gona nel 1282, ed ottenne la castel- lania di Lentini ove fondò la sua fa- miglia. Indi passò in Randazzo.
Armasi: campo d'argento con una aquila nera che tiene con gli artigli due serpi nere. Tav. XV. io. Agon — Nobile famiglia d'Aragona, che il Mugnos dice passata in Sicilia con Pie- tro d'Aragona. Un Martino Sennenes d' Agon fu maggiordomo dell' infante Federico. Armasi: campo d'oro con tre monti verdi sormontati da una stella rossa. Tav. XV. n Agostino — Famiglia catalana, pisana, sici- liana; della prima scrive l'arcive- scovo Agostino di Terragona, della se- conda il Mugnos, e della terza l'Inveges il quale sostiene ella essere qui venuta da Pisa sotto Carlo d'Angiò con su- premi carichi : indi passata in Polizzi, Messina e Palermo.
Fiorirono di questa famiglia An- dreotto d'Agostino che col figlio Pe- truccio furono maestri razionali e ca- stellani ereditari del castello di Maz- zara, un altro Pietro capitano delle armi nella città di Trapani, e vicario generale del Regno, Andreotto pretore di Palermo ec. Possedè al dir di Mu- gnos il feudo di Feureni ed altri.
Armasi secondo Inveges : campo az- zurro con tre fasce d'oro accompa-
55 gnate da sei vasetti pur d'oro situati 3, 2, 1. — Corona di barone. Tav. VIII. 6. Agrailionte — Fa per armi secondo il Villa- bianca: campo azzurro con un monte d'argento e balze verdi. Tav. Vili. 7. Agraz — Secondo Mugnos famiglia oriunda sjyagnuola. Il primo che apparve in Si- cilia fu D. Alfonso de Agraz reggente e presidente del Tribunale del Real Patrimonio, ed ebbe il titolo di mar- chese di Laguna. Il Villabianca nella sua Appendice accenna ad un Giuseppe Agraz duca di Castelluccio investito il 1744, il quale sposò la nobile dama Elisabetta Moscati fìgha del conte Na- varro di Malta.
Le armi di questa famiglia rilevansi giusta il Villabianca da una cappella gentilizia in Santa Croce di Palermo cioè: campo d'oro con due viti verdi e grappoli d' uva azzurre. — Corona di duca. Tav. Vili. s. Agrigento o Cingenti — NegU atti e registri della R. Cancelleria di Palermo dice Mugnos si rinvengono molti gentiluo- mini di tal famiglia, chiari nelle lettere, neUe armi ed in varie cariche; ma per- chè oggi estinta ricordiamo il solo Ri- naldo, che nel 1397 il re Martino lo chiamò suo nolnle amico e familiare, concedendogli il castello d'Agrigento; stante avere colle sue forze contribuito a togliere la città di Girgenti dalla op- pressione dei Chiaramontani. Da lui Gerardo, e cosi di seguito sino a Mi- chelangelo barone di Rabbugini.
Leva per armi : campo diviso, nel 1° azzurro un castello d'argento sor-
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m ontato da tre torri dell' istesso me- tallo; nel 2° d'argento con tre fasce ondate d'azzurro. — Corona di barone. Tav. Vili. 9.
Aidone — Secondo riferisce Savasta famiglia oriunda d'Aragona, portata in Sicilia da un Corrado Aidone che fu segre- tario di re Federico II in molto pre- gio tenuto. Da lui Giacomo e Gerardo; nella linea del primo troviamo un Gio- vanni, barone del feudo di S. Giuliano 1513, e nella linea del secondo lo stesso Gerardo che fu barone del feudo di Montagna di Marzo nel territorio di Piazza, come accennali Mugnos; non che altri cospicui baroni, che occupa- rono le prime cariche della città di Sciacca.
Armasi secondo il citato autore : campo rosso con fascia d'argento ac- compagnata da un capriolo d'argento in punta, e da due stelle d' oro con sei raggi in capo — Corona di barone. Ta- vola Vili. 11.
Airoldi — Famiglia nobile milanese decorata del titolo di conte di Lecco.
Le poche notizie che il solo Villa- bianca ci offre sono del 1711: si vede il titolo di marchese di Santa Colomba da Gaspare Santa Colomba e Denti passò a Giambattista Airoldi, che ne fece acquisto. Egli nel 1723 fu depu- tato del regno, morì nel 1729. Il di lui figlio Cesare mori giovine senza figU in Milano. Intanto l'eredità passò al fratello Giuseppe. Tra' personaggi riguardevoli di tal famiglia sono da an- noverarsi monsignor Carlo, prelato in
Roma, D. Alfonso valente letterato in- vestito d' un' abbazia parlamentare il 1751, D. Stefano bravo giureconsulto e maestro razionale perpetuo del Tri- . bunale del Real Patrimonio, indi Pre- sidente del Concistoro, morì da Pre- sidente del Tribunale della R. Gran Corte: in fine un Giambattista Airoldi duca Cruillas pretore della città di Pa- lermo nel 1808.
Leva per armi: campo diviso di due linee, nel V d' oro con un' aquila nera colle ali al volo spiegate; nel 2° ri- tondato d' argento e d' azzurro ; nel 3° d'argento con la biscia d'azzurro. — Corona di marchese. Tav. VIII. u.
Ajala — ^11 Villabianca l'arma: campo d'ar- gento con due lupi neri passanti si- tuati in palo, accompagnati da nove stelle nere con sei raggi, situate in orlo. Tav. Vili. io.
Ajedo — Si arma secondo il Villabianca: campo d'argento con un albero di pe- gno verde, accompagnato da due ca- valli neri passanti. Tav. Vili. 12.
Ajello — Famiglia nobile napolitana, dice Mugnos e propriamente tra le estinte del sedile capuano, avendo sempre oc- cupato supremi carichi. Il Bleda lib. 4, si avvisa che gli Ajelli di Termini in Sicilia sono una derivazione di quella. Armasi secondo il Villabianca: campo d'oro con un albero di palma verde abbrancato da un leone nero, il Mu- gnos invece l' arma campo rosso con un leone d' oro. Tav. Vili. 13.
AjlltamicrlstO — Giusta Mugnos questa ricca . e potente famiglia passò da Pisa va.
Sicilia sotto Alfonso di Castiglia. Ar- ricchì col commercio, e tanto che ac- quistò Misilmeri di cui Guglielmo Aju- tamicristo fu il primo ad essere inve- stito nel 1385. Il di lui fratello com- prò il feudo dell'abito di S. Filippo. A lui succedette Ruggiero che nel 1500 comprò dal conte di INIodica la terra di Caratatimi. Di là una serie di sog- getti molto pregiati , ed un Pietro nel 1520 fu giurato, possedendo im bel palazzo alla Fieravecchia, ove nel 1535 fu alloggiato l'imperatore Carlo V e che poi appartenne ai duchi di Mon- talto. Governò la città cogli uffici di pretore e senatore.
Armasi secondo Inveges, e come os- servasi sulla porta del citato palazzo: campo d' oro con cinque fuselli az- zurri accollati e situati in fiscia , lo scudo cimato da ehno con lambrequi- ni. — Corona di barone. Tav. VIIL 15.
Ajulo — i\jitica e nobile famigha trapa- nese al dir di Mugnos. Nel 1392 un Nicolò fu 2° provveditore del palazzo di Federico III, e suo padre Vincenzo regio cavaliere. Il Nicolò ebbe un feudo in Siragusa. Segue una linea d' il- lustri personaggi che sostennero eccel- lenti carichi sino a Lorenzo, che fu ar- mato cavaliere dall'imperatore Carlo V venendo in Trapani il 1535, ed eletto quinci capitano di quella città.
Si arma: campo rosso con una croce d'oro ed una corona di pater noster neri, situata broccante in orlo. — Co- rona di barone. Tav. Vili. io.
4Ia — Famiglia antica di Catalogna come
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dal Mugnos, d' onde un ramo passò in Sicilia, e propriamente in Catania sotto Federico II un tale Guarnuccio Ala suo segretario. Da lui altro Guarnuc- cio che fu barone de' feudi cìi Cani- cattini, Racalveti e la Fontana della Mortilla. Nel 1584 passò in Messina, Ebbe un cavaliere di Malta, e possedè anche i feudi di Spalla, Bigini, Mastrari e Prioli. Il Minutoli la dichiara estinta citando un Pierotto in Messma e l'ar- ma: campo azzurro con un'ala d'oro. Il Mugnos invece : campo azzurro con un'ala d'argento. — Corona di barone. Tav. vie. n. Alagona — Al dir di Mugnos una delle piU illustri ed antiche famighe di Spagna. Prese tal cognome da una terra d'A- ragona; e ciò per un Artale che se- condo il Surita in Catalogna era si- gnore del castello di Alevona il 1133. Il primo ceppo fu un Ermilao, prin- cipe di Agen uno dei nove cavaUeri francesi che liberarono da' Mori la Spagna il 1121. La trapiantò in Si- ciha im Blasco d' Alagona che seguì il re Pietro d'Aragona, e per gli Stati e Baronie che acquistò si fermò ivi con gran splendore. Nulla diciamo dei famosi avvenimenti di Artale e di Bla- sco bravi nella milizia, commendati dal Fazello. Solo è da notare che per tali motivi i signori Alagona ne' loro pri- vilegi furono da' re aragonesi appel- lati loro consanguinei sin dal 1365. Quindi ognun vede quanti domini di terre e di castella posseder dovettero in Catania e ne' dintorni, che sarebbe
58 lungo qui tutti riferire. Il conte Ar- tale d'Alagona dopo la morte del re Federico III governò la Sicilia col ca- rico di vicario e tutore della regina Maria. L'ultimo di questa famiglia fu un Francesco nel 1518 il quale venne • investito del feudo di Priolo. — Armasi secondo il Minutoli: campo d'oro con sei palle nere situate 2, 2 e 2, lo scudo sormontato da corona di conte, sup- porto im' aquila bicipite. Tav. Vili. i8.
Alaimo — Antica famiglia nobile di Lentini al dir di Mugnos portata in Sicilia da Roberto Alaimo, alunno dello infante D. Saverio d'Aragona figlio naturale di re Federico II. Un Giovanni passò nel- r isola di Malta col carico di governa- tore come scrive Abela ; ivi la sua po- sterità si condusse molto nobilmente come pure in Siragusa. — Fa per armi : un campo diviso di azzurro e d'argento ed una fascia d'oro broccante sul di- viso, e in capo un'aquila d'oro volante. — Corona di marchese. Tav. Vili. i9.
Alatrinì — Famiglia indigena di Taormina, un Goffredo fu cardinale di S. Chiesa sotto Papa Urbano IV. — Levò per armi giusta Mugnos: campo rosso con due cani d'argento passanti. Tav. XV. 12.
Albanionte — L' antichità di questa famiglia secondo Mugnos rimonta all' epoca del Vespro, in cui si vede che la città di Naro elige a governatore un certo Leone Albamonte. Da lui un Giovanni che per essere valoroso nelle armi ebbe da Federico III conferito il feudo di Motta d'Affermo. Da costui venne un Muzio, che il ViUabianca riconosce qual
primo ceppo della famiglia, investito da re Martino il 1453. Da lui un Gio- vanni che mori militando ni favore dello stesso re in Sardegna. Un Guglielmo fu valoroso capitano sotto Prospero Colonna in prò del re di Spagna e contro i Francesi. Fu uno dei dodici Ita- liani che combatterono alla Girignola, nella quale disfida rimasero vittoriosi. Si arma secondo il ViUabianca : cam- po rosso con un monte d'argento ed un sole d'oro nascente. — Corona di baino- ne. Il Mugnos l'arma inquartato nel 1° e 4" verde con quattro fasce d'argento; nel 2° e 3°, di rosso con una stella di oro. — Corona di barone Tav. Vili. 20.
Albanelli — Da Valenza come Mugnos ri- ferisce per Gerardo Albanelli questa nobile famiglia pervenne in Sicilia; ivi fiorì ancora un Guglielmo , capitano valoroso di re Alfonso d'Aragona, ed un Giovanni di lui fratello fa posses- sore di molte ricchezze.
Leva per armi: campo rosso con sei stelle d'oro situate 3, 2 e 1. Tav. XV. 14.
Albancs — Un Pietro Albanes,dice Mugnos, fu miles segretario della regina Bianca di Navarra, portò in Sicilia questa famiglia, ed ivi acquistò la baronia di Boternò e Marco di Grado.
Armasi : campo rosso con un cane di argento rampante con collare d'oro. — Corona di barone. Tav. XV. 13.
Albanese — Si arma secondo il ViUabianca: campo di argento con una fascia az- zurra caricata da un sole d'oro. Tav.IX.i.
AlbanetO — Oriunda di Francia secondo Mu- gnos, venne in Palermo questa distinta
e nobile famiglia, portata prima in Na- poli da un Gerardo, che seguì Carlo d'Angiò, e poi in Sicilia da un Or- lando, cameriere della regina Eleonora, da cui un Riccardo pretore di Palermo nel 1402.
Armasi: campo verde con tre monti di argento sormontati da una stella rossa. Tav. XV. 15.
Albani — Armasi secondo Villabianca: cam- po azzurro con una fascia d'oro, ac- compagnata da una stella d'oro con sei raggi in capo, e da tre monti di oro in punta. Tàv. IX. 2.
Albergaria — Questa nobile famiglia di Por- togallo, ove fiorì a tempo de' Romani, presenta al dir di Mugnos per primo stipite un Don Saverio &otto Alfonso I. Devesi al suo valore il conquisto de' cristiani della città di Lisbona. Un Garzi facendo passaggio in Sicilia con Pietro I d'Aragona, e venuto in Pa- lermo, ottenne da lui la custodia del quartiere Neapoli dal suo nome poi detto dell'Albergarla.
Levò per armi: campo azzurro sparso di gigli d' oro, ed una banda nera ca- ricata da tre scudetti d' oro broccante sul tutto. Tav. XV. 16.
Alberti — Famiglia oriunda pisana, come dice Mugnos, traendo principio dalla antica e chiara famiglia de' Pierieri. Sotto re Alfonso nel 1430 passò in Palermo. Un Antonio fu vicario del regno a' tempi di Carlo V. Suo figlio Filippo fu barone di Nicchiara in Mi- neo, ove continuò il suo stipite. Un altro rampollo da Firenze venne in
59 Messina circa l'anno 1528 ove si caso; e il di lui figlio Simone acquistò nel 1588 la terra e baronia di Pintodat- tolo in Calabria. Da questi nacquero Giuseppe e Stefano; il primo ebbe in- vertita la detta baronia nel titolo di marchese nel 1600; il secondo reca- tosi in Napoli comprò la terra di Pa- gliara; e poscia stabilissi in Palermo. Fra le celebrità di famiglia bisogna annoverare un Pontefice Innocenso VI e due cardinali Ardoino e Stefano 1439. Armasi : campo azzuro con una ca- tena d'oro situata in croce di S. An- drea; in capo imo scudetto d'oro con giglio rosso, insegna di Firenze che vi aggiunse la famiglia Alberti di Mes- sina. Lo scudo sormontato da un elmo con lambrequini. — Corona di marche- se. Tav. IX. 3.
Albirolo — Al dir di Mugnos antica nobile famio'lia di Messina col titolo di barone al servizio di re Ludovico 1344.
Armasi : campo rosso con tre fasce di argento. — Corona di barone Ta- vola XV. n.
Alborez — Armasi giusta il Villabianca: cam- po d'argento con tre bande azzurre, e la bordura d' oro caricata da quat- tro gigli azzurri, situati uno in capo, due ai fianchi, ed uno in punta; e quat- tro crocette di S. Andrea azzurre si- tuate agli angoh. Tav. IX. e.
Alboronc — Armasi secondo il Villabianca: campo d' oro con un albero nero sor- montato da tre stelle nere con sei raggi. Tav. IX. 5.
Albricio — Armasi giusta il Villabianca :
60 campo azzurro con un castello d'oro sormontato da un serpente d' oro at- tortigliato. Tav. IX. 4.
Albuzio Albutìo — Nobile famiglia milanese, secondo Mugnos. Un Giordano d'Albu- tio la trapiantò in Sicilia, essendovi stato confinato dall'Imperatore Fede- rico IL
Leva per armi : campo d' oro con tre fasce rosse ed una banda rossa broccante sul tutto. Tav. XV. is.
Alcono — Tal nobile antica famiglia origi- naria di Roma secondo Mugnos passò in Sicilia, ove possedè la baronia di Bulgarano; un Alessio Alcono fu ca- . merlerà della regina Maria nonché go- vernatore deUa camera reginale.
Armasi: campo rosso, con tre ca- prioli d'oroj, accompagnati da una croce potenziata d' oro situata sopra il se- condo capriolo. — Corona di barone Tav. XV. 19.
Alcorace — 'Antica famiglia della città di Mazzara in Sicilia, ove a dir di Mugnos à goduto le prime cariche della sua patria. Un Pietro Alcorace nel 1571 fu inviato ambasciatore al re Martino per rendergli omaggio e fedeltà.
Leva per armi: campo d'argento con un montone nero rampante. Tav. XV. 20.
Aldeniondo — Armasi giusta li Villabianca : campo di argento con una fascia di vajo, accompagnata da una croce d' azzurro in capo. Tav. IX. 7.
Alderìsio — Famiglia nobile di Termini co- me riferisce Mugnos; un Alderisio ca- valiere tradì il re dando la città di cui era governatore a re Roberto di
Napoli, ove fu costretto rifuggiarsi, tro- vando compensi e doni.
Fa per armi: campo rosso con un monte d' oro sormontato da un giglio dell' istesso metallo. Tav. XVI. 1.
Aldobrandiaì — Fiori questa famiglia in Pa- lermo, al dir di Mugnos, ove provenne da Roma 0 da Bologna. Vanta molti illustri soggetti militari prelati e por- porati. Fu ingrandita da Papa Cle- mente Vili di tal cognome. Un Luigi fu straticò in Messina nel 1336, come un Giovanni nel 1379 fu Senatore e Pretore di Palermo.
Armasi: campo azzurro con una ban- da doppio merlata, accostata da sei stelle d'oro situate 3 in capo e 3 in punta. Tav. XVI. 2.
Aledo — Leva per armi secondo il Villa- bianca: campo diviso nel 1° rosso con un castello d'oro ed un braccio ar- mato sporgente dalla porta, accompa- gnato da due dadi d'argento con cin- que punti neri, nel 2" d'argento con due cavalli neri passanti. Tav. IX. 8.
Alessandrano — Secondo il Mugnos, un Aldo da Savoja venne in Sicilia, col carico di gentiluomo di camera della regina moghe di re Federico II, e stabilì sua dimora in Catania. Un di lui figlio Onofrio fu consultore di re Martino, da cui ottenne la terra di Nuzzolino nel 1399. Da lui un .Udo che nel 1420 fu capitano in Catania e senatore.
Armasi : campo d' argento con im' a- quilanera bicipite e di sotto onde mari- ne.— Corona di barone. Tav. IX. n.
Alessandro — Famiglia Fiorentina, dice Mu-
gnos passata in Napoli ove era anno- verata tra le nobili del sedile di Nilo. Un Guglielmo Alessandri o d'Alessan- dro fu il primo a trapiantarla in Si- cilia e px'ecisamente in Catania, dove fu ascritto nella maestra de' nobili ed ottenne dal re Alfonso il feudo della Giarretta. I di lui posteri si sono con- servati nobilmente in varie città del- l' Isola.
Armasi : campo d' oro con un ca- vallo bucefalo corrente. — Corona di barone Tav. IX. 12. Alessio — A causa de' tremendi partiti guelfo e ghibellino la nobile famiglia Alessio composta di due fratelli Partenio e Guidone secondo Mugnos da Roma moveva in Palermo ove trapiantavasi. Costoro pel militare valore consegui- rono da re Federico molte e grosse terre in Messina e Castrogio vanni —
Nella prima linea troviamo un An- tonio maritato nella città di Piazza che fu barone di Bugidiano per ragion di matrimonio, 1435, ciò sino ad un al- tro Antonio che nel 1500 mori senza prole. Nella seconda linea un Matteo Alessio fu senatore in Messina nel 1550 e capitano in Catania il 1533.
Dal Matteo ne vennero dei cavalieri di Malta fra cui celebre un Alessan- dro, 1558. In fine fiori anche in Mar- sala.
Armasi: campo d'oro con tre rose, situate I e 2, (male ordinate). — Co- rona di barone. Tav. IX. 10. Ale\audi'0 — Famiglia nobile al dir di Mu- gnos in molte città d'Italia, non che
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in Messina, ove ricordasi pel primo un Giovan Filippo Alessandro, che fu consigliere di re Alfonso.
Spiega per armi: campo rosso con tre monti d' oro, battuti da onde ma- . rine. Tav. XVI. 3.
Alfiere — Questa famiglia dice Mugnos fiori
in Polizzi, ove ebbe capitani e giurati.
Armasi: campo azzurro con un'ala
d'argento ferita da una saetta.TAV. X. i.
AH'onso — Famiglia portoghese, sappiamo per Mugnos che un Martino Alfonso fiori nel 1383, e che un cavahere di- stintissimo Rodorico venne in Siciha sotto re Ferdinando I col carico di consigliere dell'infante D. Giovanni, da cui ottenne varie rimunerazioni. Nel 1443 si recò in Siciha anche un Ferdinando cavaliere di S. Giacomo della Spada; che al dir del Minutoli il 1444 abitò in Trapani, ottenendo po- scia il carico del museo del regio pa- lazzo con larghe rimunerazioni. Da lui Francesco ed Antonio, regii ca- valieri, però quest'ultimo si caso in Trapani con Violante Sigerio mercè real privilegio di potere in quei mari edificare una sahna 1504; ottenendo perciò l'isola della Calcara, non che un Fano nel porto di detta città una co' dritti corrispondenti. Fu egli tre volte prefetto di detta città 1495, e giurato nel 1500. Continuando la di- scendenza incontriamo un Alessio pre- fetto 1573; un Agostino barone di Ca- laci ed altri, fra' quali un Alfonso Gu- ghelmo barone di Graniti 0 di Man- giavacchi, fatto cavaliere da Carlo V
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nel 1535, ed un Rois tanto accetto al detto imperatore nel 1549 il feudo deir Amorosa ottenne.
Spiega per armi secondo il Minu- toli: campo azzurro con una fascia di oro accompagnata da sei stelle d'oro con sei raggi, situate 3 in capo e 3 in punta. — Corona di barone. Tav. IX. i3. Algaria — La è una famiglia, dice Mugnos di chiarissima origine catalana perchè un Giovanni Perez de Algaria genti- luomo impiegato a' ser\àzì di re Mar- tino e di re Alfonso nel 1416 acqui- stò la castellania di Capopassaro col carico di custode maggiore delle ma- rine deUa riva occidentale. Poiché si congiunse in matrimonio con Antonia Cassarino famiglia nobile diNoto. 1418 ivi fermò sua stanza. Da lui un Pie- tro altri ed in linea retta, che vis- sero con onorati carichi.
Tra' personaggi piti distinti trovia- mo un Almerico, che coli' appoggio del vescovo cU Malta Corsetto suo zio fu tre volte capitano di quest'isola non che governatore di Gozo ed altri ca- richi si ebbe. Epperò i di lui figh Gio- vanni e Pietro non pochi servigi ren- dendo a Carlo V ottennero grossi com- pensi e quinci abitarono in Palermo, ove sostennero i migliori officii nobili. In questa linea troviamo un Gaspare che fu giurato nel 1607 e 1608 e po- scia il figlio Carlo senatore nel 1646, divenuto indi deputato del regno nel 1653. Commendasi ancora dal Mon- gitore tra' letterati un Simone; più al dire del Villabianca una Melchiorra
Algaria che fu prima duchessa di Ga- lizia titolo concedutole da re Fihppo IV nel 1660.
Armasi giusta il detto Mugnos : in- quartato in croce di S. Andrea il capo e la punta lozangato d'oro e di nero, ed ai fianchi d'azzurro con una stella d'oro a sei raggi. Lo scudo sormon- tato da un elmo di nobile antico. Tav. IX. 14. Alias — Armasi giusta il ViUabianca: campo azzurro con un leone d' oro, che tiene nelle zampe anteriori due ali pur d'oro. Tav. IX. 15. Alibrio — Armasi secondo il Villabianca: campo diviso; nel 1 d'azzurro con tre monti d'oro sormontati da tre stelle dell' istesso metallo, situate in fascia, e nel 2 campo rosso con un' ala d'ar- gento accompagnata da due leoni di oro. Tav. IX. le. Alifi 0 Galifl — Famigha di greca origine se- condo Mugnos, stante un cavaliere Bal- dovino essersi staccato dal servizio dell' imperatore Paleologo, e recato in Sicilia attaccandosi a re Ruggiero di quello nimicissimo, e prendendo per sua dimora Messina, ove fondò la sua nobile famiglia. Suo figlio Roberto fu arcivescovo; epperò Guglielmo un'al- tro de' suoi figli si caso in Palermo, ed il di lui primogenito Benerio passò a' servizi dell'imperatore Enrico VI ottenendone in compenso un ballato in feudo di detta città di Messina con privilegio del 1195. che vari primo- geniti della linea ebbero conflrmato. Un Antonio sotto re Pietro II fu gen-
tiluomo di camera, e portulano del ca- ricatore di Girgenti; un Francesco letterato di vaglia e cardinal di Santa Chiesa 1380.
Nel 1506 la famiglia ebbe concessa la zecca di Messina, come pure l'ufficio di seo-reto della stessa città. Un Gui- scardo fiori nell' idioma siciliano , e visse coir abito di S. Giacomo della Spada. Qualcuno senatore nobile, ca- pitano sotto Carlo V occupando i primi uffici dello stato.
Fa ella per armi secondo Minutoli:
campo d' oro con un defluite nero ed
un sole d' oro neU' angolo destro del
capo. — Corona di barone. Tav. IX. i7.
Allegra o Gallegra — Al dir di Mugnos, è
questa una famiglia frmicese passata in Sicilia negli ultimi del secolo XIII con Carlo d' Angiò stabilendo sua di- mora in Catania, ed un Marco e Fran- cesco d' Allegra ebbero in ricompensa de' loro servizi militari il feudo di Mi- lifiudi.
■ Armasi : campo d' oro con un leone di rosso che tiene con le zampe an- teriori un mazzetto di rose e di viole. — Corona di barone. Tav. IX. is. Allegra di Palermo — Di questa famiglia non ci perviene che il nome di un Gio- vanni d'Allegra uomo filantropo e pio, il quale comecché uno dei fondatori della nobile compagnia dello Spirito Santo nel 1560 voUe con testamento del 1585 lasciare alla stessa tutti i suoi beni per farne legati di beneficenza. Armasi giusta il Villabianca che ri-
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leva le armi dalla lapide di un sepolcro di tal famiglia nella Chiesa di S. Gio- vanni de' Greci : campo azzurro con una fascia d' oro accompagnata in capo da tre rose d' oro situate in fascia ed un giglio d'argento situato in punta. Tav. XVI. i4.
Alllielda — Armasi giusta il Villabianca : campo rosso con sei bisanti d' oro or- dinati 2, 2 e 2. Tav. IX. w.
Aloqui — Armasi secondo Villabianca: cam- po d' oro con tre barre nere e la bor- dura di rosso. Tav. X. 4.
Aloi — Armasi giusta il Villabianca: campo azzurro con un albero d' oro accostato da due leoni coronati dell' istesso me- tallo ed un sole d' oro in capo. — Tav. IX. 20.
Aloisio — Riferisce Mugnos essere questa im'antica nobile famiglia di Messina; il primo a notarsi è un Federico Aloisio potente signore e rettore di detta città, il quale all' entrata di Pietro d' Ara- gona il 1282 portò la briglia del di lui cavallo. Il di lui figlio Giovanni fu caro a re Federico II, da cui si ebbe onze 50 di rendita annuale sulle ga- belle. La stessa rimunerazione si ebbero dappoi altri soggetti della stessa fami- glia, ed un Giacomo anche onze 150 in feudo da re Federico III su gì' introiti dell'Università di Messina. Si distinsero un Federico barone di Langalanti, si- gnor di Mirto, Crapisuso, Belmonte, Mirhri, Fazana, e Fraganoni, non che un Paolo, che investito venne nel 1530. Fa per armi : campo d' oro con quat-
M
tro pali di rosso ed un leone d' oro
broccante sul tutto. — Corona di ba- rone. Tav. X. 2.
Alotto — Secondo Minutoli famiglia nobile di Licata, di cui ricordansi un Nicolò ed un Matteo che sposò Beatrice Dei- carretto.
Armasi: campo azzurro con ima ban- da di tre tiri di nero e di argento. Tav. X. 3.
Alpucclie — Armasi giusta il Villabianca: campo d' oro con cinque foglie di vite verde, situate in croce di S. Andrea. Tav. X. 5.
Altacinia — Secondo il Mugnos antica e no- bile famiglia Sofo^w^se, chiarissima nelle armi e nelle lettere , un ramo della quale passò in Sicilia sotto i reali di Aragona, da cui ottenne varie baronie. Armasi : campo d' oro con un albero di pino verde. — Corona di barone. Tav. XVI. 4.
Allanledesco — Armasi secondo Villabianca: campo rosso con ima fascia d'oro ca- ricata da una lettera A. Tav. X. p.
Allai'ipa — Famiglia oriunda da Piacenza giusta il Mugnos, ed a cagion di con- tesa con la famiglia Scribani passata in Sicilia sotto re Alfonso d'Aragona e propriamente in Marsala ove si fermò. È a notarsi un Pietro Altaripa barone de' feudi di Riesi e Cipolla.
Armasi: campo d'argento con tre monti verdi battuti da onde marine. Tav. X. 7.
Altavilla — Questa famiglia dice il Mugnos fiorì in Vizzini sotto i re angioini ed aragonesi; imperocché un Roberto Al-
tavilla fu consigliere di re Carlo , e vedendo la politica piegare in male abbandonò il suo ufficio, e recossi in detta città. Pietro II di Aragona ne fé stima, e re Ludovico in vista de' suoi grandi servizi militari fra' baroni di tal città annoverollo. Suo figlio Bar- tolomeo viene citato quale legista di alta flxma, avendo avuto il carico di giudice della Gran Corte sotto Fede- rico III, da cui anche ottenne nel 1375 le baronie di Canicattini. Raculaesi, Fratemortilla ed altre, che per motivi di matrimoni col tempo in altre mani passarono. Fu egli altresì, secondo il Villabianca investito dello stato di Bagni.
Armasi secondo Mngnos : campo az- zurro con un albero di cipresso di argento trattenuto da un cane d' ar- gento rampante. — Corona di barone. Tav. X. 8.
Altieri — Armasi giusta il Villabianca: cam- po d' azzurro con sei bisanti d' oro or- dinati 3, 2 e 1 e la bordura dentata d' argento e di rosso. Tav. X. io.
Altissima — Nobile famiglia originaria di Francia, al dir di Mugnos ed un Cor- rado Altissima a' servizi di casa d'A- rao'ona si ebbe la castellania di Mineo, ove la sua posterità prosegui con molto splendore.
Armasi : campo azzuro. sparso di stelle d'oro. Tav. XVI. 5.
Alveri — Giusta il Villabianca armasi : cam- po azzurro con due ali d' oro accom- pagnate in capo da tre stelle pur di oro ordinate in flascia. Tav. X. 11.
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Alil 0 Alò — Giusta il Mugnos antichissima fipniglia di Lombardia, da dove passò in Sicilia, militando sotto re Pietro d'Aragona. Un Matteo Alìi acquistò i feudi di un tal Filippo Galipo ribelle sotto re Martino 1401.
Spiega per armi : campo rosso con ' un'anitra d'argento con becco e piedi d' oro. Tav. XVI. 15.
Alviani — Famiglia nobilissima d'Orvieto, che secondo Mugnos vanta in Barto- lomeo un celebre capitano della re- pubblica di Venezia, di cui le storie. Passò in Girgenti di Sicilia sotto Pietro II d'Aragona; ed ivi sappiamo aver fiorito Andrea Leonardo e Giro- lamo Alviani famihari di Federico III; ed un Giovanni che fu barone di Mil- ventri nel 140G.
Si arma: campo azzurro con un leone d'argento che guarda indietro una stella d' argento situata nell' an- golo sinistro del capo — Corona di ba- rone. Tav. XVI. g.
Alzanello — ^11 primo ceppo di questa fami- glia al dir di ]\Iugnos fu un Filippo Alzanello gentiluomo ]3alermitano, e . scalco di re Pietro li d' Aragona, per cui acquistò molte ricchezze. Tonunaso Alviani m seguito, ebbe da re Martino ma grosso feudo presso Girgenti, ap- pellato Calatisakhni e Racalmimi, 1395 non che un altro feudo di Celala.
Armasi secondo il Villabianca: cam- po azzurro con una ruota d' oro. — Tav. X. 12.
Ainarelli — Famiglia nobile nai^olitana e si- ciliana; giusta il Mugnos illustre per
so"'getti di alta fama e nelle armi e nelle lettere.
Si arma: campo azzurro con un leone d'argento, che tiene colle zam- pe anteriori taluni fiori d' argento. — Tav. XVI. 7. Amari — Famiglia nobile oriunda da Tra- pani, di cui il primo ceppo fu un Leo- nardo Amari, gentiluomo al dir di Mu- gnos che fu provveditore del R. Pa- lazzo nel tempo di Federico III. Indi il di lui figlio Filippo Amari fu gen- tiluomo di camera della regina Maria, ed ebbe concesso il feudo di Gibili- vasili in territorio di Salemi da re Martino 1397. Nicolò fu cavaliere del- l'abito di S. Giacomo della Spada; Giacomo figlio del precedente ebbe la baronia di Marineo e Risalaimi, An- tonio Amari s'investi de' feudi della SuUia, Ficuzza, e Casaliccio nel 1550; Federico de' feudi della Melia e Ri- nella nel, 1549. Segue la genealogia di tanti altri illustri baroni e distinti gentiluomini tra' quali al dir del Vil- labianca si annovera un Michele Amari e Barlè figlio di Antonino che nel 1722 s'invest'i della contea di S. Adriano; fu egli trascelto qual Maestro Razionale del Regno, onorato di cappa corta del R. Patrimonio con real cedola del 1738: in fine fu amministratore generale del ■fus prohibendi del tabacco in Sicilia e sue isole adiacenti. Americo Amari e Roxas de Sandoval figlio del pre- cedente successe agli onori od a' ca- richi del padre. Da costui il conte Michele Amari ed Emmanuele inve-
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stito nel 1767. Il di lui zio Gioacchino Amari fu senatore di Palermo nel 1746; ed Adriano Amari proposito della casa dei nobili padri dell'Oratorio di Palermo nel 1767. Attuale capo della famiglia Amari è il vivente Michele Amari e Bajardi conte di S. Andriano e mar- chese di S. Carlo, senatore del regno, consigliere della Gran Corte dei Conti, membro della Consulta Araldica in Fi- renze, e Commendatore dei Santi Mau- rizio e Lazzaro essendo stato Mini- stro delle finanze nel 1848. Commen- dasi infine il di lui fratello Emerico Amari la più splendida intelligenza si- ciliana del secolo XIX, filosofo, stati- sta, pcnahsta e pubblicista insigne.
Pubblicò delle opere importanti in queste materie che riscossero il plauso non che in Italia, in Francia e in Ger- mania. Fu professore a Palermo di Dritto Penale, a Firenze di Filosofia della Storia, vice presidente della Ca- mera de' Comuni di Sicilia nel 1848, e deputato al Parlamento italiano nel 1861 e nel 1867. Fu cattolico e si- ciliano non che di liberali principi e si adoperò sempre con fervore al trionfo di queste somme idee. Mori a 20 ot- tobre 1870 fra il compianto di tutto il paese e colla coscienza di avere bene nella città adempiuto alla sua missione. n Consiglio Comunale di Palermo, di alti sensi di ammirazione compreso gli votò un monumento in S. Dome- nico, affinchè il nome di lui restasse di perenne esempio ai posteri.
Si arma secondo il Villabianca: cam-
po d' argento con una sirena al natu- rale sopra onde azzurre al capo d'az- zurro con una stella d'oro. — Corona di conte. Tav. X. i3.
Aniariglii — Secondo il Mugnos famiglia no- bile di Siena, da dove passò in Sicilia al tempo de' Guelfi e Ghibellini sotto Federico II d'Aragona dando non pochi virtuosi soggetti tra cui un Giovanni Amarighi cameriere di re Alfonso.
Spiega per arme : campo diviso di azzurro e d' oro con una fascia broc- cante d' argento accompagnata in ca- po da un' aquila di oro coronata. — Tav. XVI. s.
Ambo — Famiglia nobile siciliana, e sap- piamo per Mugnos, un Michele essere stato maggiordomo di re Martino, ba- rone di Casale, di Castello, non che de' feudi di Sala di Donn'Alvira e di Misirdino e sua fortezza.
Portò per arme : campo d' oro con un capriolo verde. — Corona di barone Tav. XVI. 9.
Amato — Antichissima famiglia sjìagmtola al dir di Mugnos e d'Inveges, venuta in Sicilia con Pietro d'Aragona al 1282. Primi ceppi furono Bernardo e Pagano d'Amato, i quali per ricompensa de' loro servizi si ebbero alcuni feudi e per la parentela con la famiglia di Guglielmo Peralta signore di Calta- bellotta in questa terra si stabihrono. Indi furono a' servizi di Federico II d'Aragona per cui Pagano ottenne i feudi Cullusi, Silmda e Villanova presso la detta Caltabellotta, 1290. Un Gio- vanni fu barone di Zafi'uti, Tommaso
barone di Silinda e d' altri feudi in Messina trasferendosi ai servizi del re Martino; e da lui fu fatto avvocato fi- scale. Dalla di costui linea venne Fi- lippo, la di cui f;imiglia al dire di Bon- figlio fu una delle primarie di Messina e che governò la città di Patti. Bar- tolomeo fu barone della Massaria 1494. Un ramo al dir d'Inveges si recò in Palermo da cui Filippo che sposò A- gata Bugilo e Gravina. Fu tre volte senatore dal 1631 al 1641, fu depu- tato del regno nel 1643, capitano di giustizia, ed infine pe' meriti suoi e del suo casato ottenne nel 1644 il ti- tolo di principe di Galati conferitogli dal re Filippo IV. Due anni dopo per 120 mila scudi comprò la baronia di Cac- camo, lo che piacque tanto al re che gii conferì il titolo di duca d' Asti. Fiorirono di questo ramo come rife- risce il Villabianca: Bernardo d'Amato cavaliere di S. Giacomo, Antonio ca- valiere d'Alcantara e Fihppo gover- natore della compagnia della Pace.
Dal che si scorge essere stata tal famiglia una delle più ragguardevoli del regno , al presente quest' ultimo ramo trovasi estinto col passaggio di tutti i titoli nella nobilisshna casa Spuches.
Armasi conformemente agli autori : campo azzurro con una banda d' oro ed un leone d' oro passante, accompa- gnata all'angolo destro del capo da una cometa d'oro e nell'angolo destro della punta da una stella pur d' oro : lo scudo cimato da elmo con lambre-
quini. — Corona di principe, e mantello di velluto scarlatto. Tav. X. o.
Amalo (li Sciacca — Secondo Savasta nobile famigha di Catalogna passata in Si- ciha nel 1282, regnando re Pietro di Aragona. Mugnos le dà per ceppo Pa- gano d'Amato, uno de' baroni nomi- nati nel servizio militare di re Ludo- vico nel 1343. Egli meritossi le ba- ronie e feudi di ViUanova, Giulinda Belici, Zaffudi, Ciafagiioni, Donzelli. Martufa, Majenza, Bordia, Galando, Verdura, Cassarà, Bonfigiio, Garaga- lupo, Amboja, Belriparo ed altri. Fio- rirono di questa famiglia il milite Tom- maso e Milione Amato ed altri illustri personaggi, che sino a' nostri giorni anno occupato i primi ufKcii della città di Sciacca.
Si arma al dire de' citati autori: campo d' azzurro con sei stelle d' oro a sei raggi, ordinate 3, 2 e 1. Tav. X. i4.
Amdlia — Armasi secondo il Villabianca cam- po diviso, nel 1" d' oro un' aquila bici- pite coronata, nel 2° interzato in banda di azzurro d' argento e di nero. — Tav. X. 15.
Anielina 0 Armelina — Antica famigha nobile messinese al dir di Mugnos: Ricordasi con onore un Errico Amelina capitano che molto si distinse contro i Francesi nel vespro, ed un Bernardo Miles ba- rone al servizio militare di re Ludo- vico nel 1343.
Fa per arme : campo d'oro con tre mosche nere ordinate 2, 1. — Tavo- la XVI. 10.
AnifllSO — Famiglia illustre normanna; giù-
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sta il Mugnos proveniente da Amfuso figlio di re Ruggiero nato nel 1135. Eoii ebbe un fio'lio naturale chiamato Ruggiero che possedè alcune terre presso Catania e Lentini ove si sposò ed ebbe 12 figli.
Si arma: campo d'oro con una fa- scia verde caricata da tre mezze lune d'oro. Tav. XVI. 11. Amico — Dal Villabianca rileviamo un Gu- glielmo d'Amico che fu barone della Ficarra, ma poi fu spogliato per fel- lonia dal re Corrado I svevo. Intanto il Mugnos riferisce esser questa una famiglia nobile bolognese stabilita in Messina ai tempi di Federico II da cui ebbe carichi e favori; però Giovanni d'Amico sotto Federico III aderendo ad una ribellione fu tostp privato di tutto perdendovi anco la vita. Un'altro Giovannni poi sotto re Martino co- minciò a ricuperare una parte di tali beni, servi il re Alfonso nelle guerre per cui fu creato cavaliere dello spe- i-on d' oro con alcuni territorii e ra- gioni di gabella, ottenendo altresì nel 1457 la castellania di Milazzo. France- sco e Filippo furono cavalieri di Malta. Nel supplemento del detto Villabianca troviamo Antonino onorato da Carlo III Borbone del titolo di marchese nel 1759, e ciò per rilevanti servizi prestati alla corona cU Spagna. Finalmente, con- chiude il Mugnos, quasi tutti i membri di tal famiglia furono soggetti distin- tissimi e per carichi e per azioni il- lustri e talora valorose. Dei rami fio- rirono anche in Milazzo ed in Catania.
Si arma secondo il Minutoli : campo d' oro con una banda d'azzurro ed uno sparviero nero passante : Lo scudo sormontato da corona di marchese. Tav. XI. 1.
Amidei o Ainodeo — Famiglia al dir di Mu- gnos fiorentina che per le celebri combattuti fazioni degli Amidei e Buon- delmonti dovette abbandonare la patria e riparare in Sicilia, ed un Corrado Amidei si caso in Messina. Un Giovanni nobile fiorentino ottenne dal re Manfre- do la castellania di Trapani, dove i suoi discendenti col proprio merito al dir di Minutoli si mantennero in grande stima. Nicolò fu barone di Pietralonga nel- l'isola di Malta per concessione di re Federico III 1371; Francesco si ebbe le baronie della Tonnara, del Pala- gio di Trapani, di Monterosso e della Salina nel 1465; Errico fu capitano giustiziere e segreto, anche il figlio Giovanni ebbe questi ed altri onori cenferiti nel 1458. Lo stesso dicasi del di lui fratello Palmerio 1478. Se- gue la linea sino ai nostri giorni, non avendo mai mancato di dare perso- naggi distinti e per cariche e per virtù cittadine, avendo anche l' onore di es- sere insigniti del Sacro Ordine Gero- solimitano. •
Armasi : campo diviso d' argento e di rosso con un leone dell'uno e del- l'altro; lo scudo sormontato da elmo di barone con lambrequini. Tav. X. n.
Amidei o Omodeì — Altro ramo dello stesso stipite fiorentino e per le stesse ra- gioni sopraccennate giusta il Mugnos
passò in Sicilia com' è a dire un Puc- cio Amidei anche detto Omodei, che precisamente con suo figlio Orlando nel 1283 venne a stabilirsi in Palermo. L'Orlando ebbe la baronia di Valle- lunga; Parisi Omodei quella di Fal- conieri; Tommaso fu cavaliere gero- solimitano 1464; Giovanni vescovo di Mazzara; Antonio molto celebrato nelle storie del Fazzello, ed un Francesco sotto Carlo V militanti. Un altro Fran- cesco nel 1.381 fu pretore. Landò o sia Orlando poi come per aneddoto sappiamo d' aver mutato il proprio co- gnome in Omodei, ond' estinguere la rimembranza dei partiti guelfi e ghi- bellini , da' Bondelmonte ed Amidei cagionati. Lo stesso avvenne pel succi- tato mutamento di Amidei in Amodei.
Armasi: campo partito di nero e di argento con un'ala dell'uno e dell'al- tro ; lo scudo sormontato da elmo di barone con lambrequini. Tav. X. le. Amore — Riferisce Mus-nos che un tale An- tonio d'Amore fu a' servigi di Fede- rico III. Altri soggetti ebbero onorati carichi tanto da re Martino che dalla regina Bianca. Un altro Antonio fu segretario e consigliere dell' infante Pietro fratello di re Alfonso nella città diPiazza, dandogli per trattamento 1437 il feudo di Lorsa. Ivi molti gentiluo- mini di tal casato fiorirono, tra' quali furonvi 1566 Angelo cavaliere di Malta, Francesco barone di Bulcendelli 1527, ed Antonio che ottenne i feudi di Sic- cara, Casacchio, Sulla e Crucifia.
Armasi: campo d'oi'o con un cuore
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rosso trafitto da una saetta d'argento. — Corona di barone. Tav. XI. 2.
Ancisa — Nobile famiglia siciliana al dir di Mugnos, decorata del titolo di ba- rone di S. Bartolomeo.
Si arma : campo rosso con due bande d'argento, ed una barra d'argento broccante sul tutto. Tav. XI. 3.
Alldrada — Di questa distinta famiglia non abbiamo altra notizia se non quella che ci dà il Mugnos citando un Luigi de Andrada che con altri cavalieri passò di Spagna in Sicilia sotto re Alfonso. Il Villabianca l'arma campo d'oro con una marrella nera, ed una banda d'az- zurro, caricata all' angolo sinistro della punta da una testa di leone di ar- gento broccante sul tutto. Tav. XI. 4.
Andrea — Al dir di Mugnos famiglia cata- lana, venuta in Sicilia sotto cognome di Andres . Il primo di questa famiglia fu Garraffo d' Andrea cavaUere ai ser- vizi del re Federico II, da cui si ebbe la casteUania di Naro, ivi stabilendo sua dimora. Con Agnese Securso procreò Giovanni , Domenico e Giacomo ; da quest'ultimo ne nacque Garraffo, che servi il re Martino in qualità di pag- gio; e dal Domenico ne venne un Gio- vanni che servi in qualità di paggio la regina Bianca e da gentiluomo il re Alfonso , da cui pe' suoi servizi ottenne molte terre nel territorio di Naro. Segue la linea sino a Mincio, ch'ebbe la baronia di Seccafati nel 1474, ed altri gentiluomini illustri. Tra le famiglie estinte di Napoli vi ha al dir del duca della Guardia la fa-
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miglia d'Andrea originaria del Pie- monte. Perrotto d'Andrea, che acquistò la contea di Troja e di Ascoli, fu il primo a trasportarla in Napoli, essendo stato dal re Carlo III promosso alla dignità di maresciallo. Ma le armi di queste due famiglie sono ben differenti, portando quella di Napoli campo azzurro con una croce di S. Andrea, un giglio di oro in capo ed un pugnale con la punta rivoltata in punta, mentre quella di Sicilia secondo Mugnos un campo az- zurro con una banda d' oro. — Corona di barone. Tav. XI. 5.
Anfossì — Ainnasi secondo il Villabianca: campo azzurro con un braccio d'ar- gento sporgente daU' angolo destro del capo elle impugna un tridente di ar- gento sopra onde marine. Tav. XI. 6.
Aogelica — Famiglia, dice Mugnòs, di Lucca; venuta in Catania a' servizi di re Pie- tro II d'Aragona, poiché Corrado di Angelica ebbe il grado d'Alfiere nel- r esercito reale. Indi un membro di essa passò in Messina, dal quale ne venne un Filippo gentiluomo di molta gravità e sapere. Vanta un santo mar- tire nominato Vittorio, protettore della detta città sua patria. Un Artale poi da re Martino si ebbe la castellania del castello di S. Alessio.
Armasi secondo il Villabianca: cam- po azzurro con un angelo d'argento, che tiene nelle mani due spade d' ar- gento sguainate. Tav. XI. 7.
Angelini — Famiglia aquilana traendo ori- gine da un Angelino capitano goto, che ebbe il governo di Aquila dal re
Ataulfo come riferisce Mugnos. Un ramo passò in Sicilia stabilendosi in Lentini.
Si arma : campo d' oro con due an- geh serafini rossi accompagnati in capo da una stella rossa. Tav. XI. 8.
Angelo — stando al Mugnos la è una fa- miglia originaria dall'imperatore Isacco Angelo Comneno di Costantinopoli, venuta in Italia e precisamente nella città di Napoli, ove diramossi formando i marchesi di Ceglie, i principi di Bi- tetto ed i baroni di Carbonara, de' quah fiori Domenico avvocato ne' su- premi Tribunali. Un ramo passò in SiciUa, producendo non pochi nobih soggetti. — Ella fa per armi: campo az- zurro con una fascia d' oro accompa- gnata da due stelle pur d' oro, situate una in capo, ed una in punta, lo scudo sormontato da ehno con lambrequini. Tav. XI. 9.
Angles — Giusta il Mugnos famigiia oriun- da di Majorca sotto Federico II. Un Nicolò corrottamente detto l'Inglese fu barone in Palermo al servizio di re Ludovico 1343. Un Pietro fu poscia castellano del forte di Castellamare di Palermo.
Armasi: campo diviso, nel P verde con due leoni d' oro affrontati che so- stengono un giglio d'argento, nel 2° d'azzurro e la campagna d'argento, ed ima fascia rossa broccante sul di- viso.— Corona di barone. Tav. XI. 10.
Anglcsola — Nobile famiglia di Catalogna e Valenza, di cui un ramo al dir di Mugnos passò in Sicilia nel 1283 col
re Pietro d'Aragona stabilendosi in Sciacca. Beringario e Bernando An- glesola per aver seguito la fazione de- gli Alagona contro il re Martino n'eb- bero confiscati i loro beni, che poscia il medesimo re graziandoli restituì.
Si arma : campo rosso con un leone d' oro. Tav. XI. 11. AngoUa — Dice il Mugnos esser famiglia nobile di Galizia, di cui un ramo passò in Sicilia scegliendo per sua dimora Messina. Ivi fiori per ricchezze, per le cariche occupate di Giudici della R. G. C. e maestri Razionali del Tri- bunale del Real Patrimonio.
Si arma: campo azzurro con una banda d'oro accompagnata da un drago d' oro passante, e in punta da tre bande rotte accompagnate da stelle d' oro. Tav. XI. 12. Angullo — Giusta il Minutoli è dessa una famiglia spagmiola, venuta in Girgenti ove vantò capitani e governatori; nel 1437 un suo ramo passò in Palermo. Un Giovanni fu generale d' artiglieria del regno di Sicilia 1539.
Armasi: campo d'oro con cinque pali di nero e di rosso. Tav. XI. i3. AnicilO — È questa al dir di Mugnos una famiglia beneventana, che ben meritò da re Federico IL Giorgio Anicito fer- mò sua stanza in Messina, ove si caso. I suoi figli concorsero a' maggiori uf- fici dello stato.
Fa per arme : campo rosso con una
aquila scaccheggiata d'oro e di nero
colle ali al volo spiegate. Tav. XVI. 12.
Aniva — Rileviamo dal Mugnos esser que-
71 sta una nobile ed antica famigUa si- ciliana patrizia di Messina, che pregiasi aver contratto alleanza con la nobi- lissima famigha Colonna Romano dei Baroni di Cesarò.
Armasi : campo d' oro con una banda di rosso caricata da sette picche di lancia d'oro, accompagnati da due co- lombe nere , situate una in capo ed una in punta. Tav. XI. 14. Anorea — Giusta il Villabianca armasi: cam- po azzurro con una fascia d'oro ed un uccello d'oro passante, accompagnato da una stella dello stesso metallo al- l' angolo destro del capo, e in punta da tre monti d'oro. Tav. XI. 15. Ansaldi di Palermo — Famiglia nobile di Nicosia, ove trovasi ascritta a quella maestra de' nobili. Credesi derivare da quella di Firenze e di S. Miniato; ma comecché son differenti le armi e non abbiamo scrii documenti che conte- stino la provenienza da quella, diremo che in Siciha si divise in due rami, r uno abitò in Castrogiovanni e Maz- zarino e si estinse nella nobilissima famiglia Grimaldi di Geracello. L'al- tro rimase in Nicosia, da cui ne venne un Giovanni marchese di Spataro, che sposò la nobilissima dama Carolina Ventimiglia de' principi di Grammonte fermando in Palermo sua dimora. Fu il di lui avolo Giovanni barone di Spa- taro, al dir di Villabianca, elevato a marchese come chiaramente scorgesi dall'investitura da lui presa a 31 ago- sto 1761, per l' acquisto del titolo di marchese di Bonaccorso coinmutan-
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done il titolo di marchese di quest'ul- timo in quello del feudo di Spataro. Ebbe tre figlie, delle quali due viven- ti, inguisaccliè non essendovi maschi estinguesi questa famiglia in Clemen- tina Ansaldi col passaggio del titolo ^iire ereditario nel di lei figlio Alfredo Bertini ed Ansaldi.
Armasi secondo il Villabianca: cam- po azzurro con un braccio d' argento che impugna un giglio d' oro e la cam- pagna d' argento con tre rose unite col fusto in alto. — Corona di mar- chese. TaV. XI. 16.
Ansaldi di Messina — Secondo Mugnos è que- sta una famiglia nobile lornharda. Pri- mo a trasportarla in Sicilia fu Gre- gorio Ansaldi barone lombardo venu- tovi con l'imperatore Federico II, e stabilitosi in Messina fondò ivi la sua famiglia che produsse molti nobili sog- getti.
Fa per arme : campo rosso con un drago d' oro. — Corona di barone. —
TaV. XI. 17.
Ansalone — Il primo a scrivere su questa nobile e distintissima femiglia fu il Mugnos, il quale assicura aver tratto origine da un Ladislao cavaliere della Pannonia, e molto protetto dall' impe- ratore Enrico VI poi^chè a' suoi ser- vizi. Costui fu governatore di Messina ove si caso. Di là una serie di per- sonaggi tra cui Federico Ansalone che nel 1212 fu stràtico di questa città, Natale che fu fautore del Vespro, per cui da re Pietro fu eletto maestro giu- stiziere, e da re Giacomo a capitan
d'esercito. Lo Zurita encomia Pietro Ansalone, che da re Federico si ebbe il castello di Comiso e l' ufficio di pro- tonotaro del regno. Fiorì poscia Bon- signore, indi Andrea baroni di grossi feudi, Matteo protonotaro del regno, Giovanni barone di Pettineo, de' Rossi, Scali, Comeni, Migciidi, Ogliastro, Ca- stelluzzo ecc. Un altro Bonsignore ot- tenne la baronia di Fiumedinisi, Gia- como le tonnare di Milazzo, essendo questi Capitan Generale della città di Patti. Molti senatori in Messina vanta questa illustre famiglia e tre stràtico sino al 1329, per tacere di altri ca- richi. Ebbe dei cavalieri di Malta, tra' quali commendasi un fra Pietro che scrisse un libro De sua familia relatio. Intanto interessa conoscere che da tal famiglia derivarono ì principi di Roc- cacolomba ed i duchi della Montagna Reale. Il Villabianca riferisce che Asca- nio Ansalone si ebbe la terra baronale di detta Montagna Reale unitamente al suo feudo Marcato di Rocca, di cui fu primo duca per concessione del re Filippo IV del 1642; fu egli altresì maestro razionale del real patrimonio reggente nel Supremo Consiglio d'Ita- lia presso la Corte di Madrid 1651 , primo marchese di Sorrentino, primo conte di Tindaro , primo principe di Patti 1655 per vendita reale (sebbene fosse stata poi annullata il 1662 di ordine del detto Supremo Consiglio di Italia), due volte vicario generale del regno in vai Demone, maestro giurato per due vite, accoppiandosegli la se-
srezia di Messina, non clie le cariche di maestro segreto e di maestro por- tolano di tutto il regno. Morì senza prole, sicché tanta stupenda eredità passò ad Antonio figlio del fratello Pietro, prendendone investitura 1681. Da qui una linea cadetta di Ansaloni sino a che un Antonino lasciò unica erede sua figlia Lauretta, e questa fi- nalmente un' Alfonsina Corvaja che maritatasi con un tal di femiglia Via- nisi ne raccolse l'eredità. Intanto non passeremo sotto silenzio un Paolo An- salone e Corsetto, che nel 1639 inve- stito venne del titolo di Principe di Roccacolomba , e fu capitano di Pa- lermo.
Armasi concordemente agli autori: campo azzurro con sei barre d' oro. — Corona di principe. Tav. XI. is.
Anselmo — Sull'autorità del Mugnos è que- sta una nobile famiglia di Parma por- • tata in Sicilia da Giovanni Anselmo, che militò sotto il re Alfonso il ma- gnanimo , fermandosi in Messina ove fiorirono varii gentiluomini, tra' quali un Luigi Anselmo che fu valoroso ca- \ pitano in Francia al servizio del re Luigi XI.
Si arma : campo d' oro con un ca- stello sormontato da tre torri di ver- de. Tav. XI. 19.
Ansidca — Annasi secondo il Villahianca: campo rosso con una banda d' oro Tav. XI. 20.
Anliochia — Famiglia oriunda toscana, se- condo Inveges e propriamente da un Federico, figlio naturale dell' impera-
73 tore Federico II, e che qual principe* di Antiochia ove fu allevato divenne re di Toscana: di là la ragione del cognome. Suo figlio Corrado nel 1268 per difesa di suo cugino re Corradino contro Carlo d' Angiò da Capitan Ge- nerale governò l'isola di Sicilia. Indi sconfitto nella guerra col detto re, fu in Centuripe appiccato dopo essere stato barbaramente accecato in duro carcere. Costui secondo il Pirri fu conte della terr;). di Capizzi.
Armasi giusta Inveges : campo rosso sparso di gigli d'oro — Corona di conte. Tav. XII. 1.
Anzio — Famiglia nobile e antica di Cata- logna, fu trasportata in Sicilia da Gia- como d'Anzio a' servizi di re Pietro d'Aragona; da lui ottenne grossi te- nimenti di terre in feudo , e si rese progenitore di Antonio e Bernardo di Anzio, i quali lasciarono al dir di Mu- gnos una larga posterità.
Armasi: campo rosso con una per- gola d'argento. Tav. XII. 2.
Apilia — Famiglia sveva, dice Mugnos, ve- nuta in Sicilia con l'imperatrice Co- stanza, moglie di Enrico VI; peroc- ché ella seco condusse il cavaliere Federico Apilia, capitan della Guardia Imperiale affidandogli la soprainten- denza del governo del regno. Si caso in Palermo, ed i suoi figli divennero ricchi e potenti; se non che un Gio- vanni fattosi ribelle perdette tutti i ca- steUi, feudi e ville, conseguendoli po- scia nel 1396 un di lui fratello a nome Pv,aimondo, per motivo de' suoi grandi
74 f servizi, pe' quali anche la terra di Frizzi 1397 ottenne, non che tutti i beni di Francesco Valguarnera confiscati, la gabella de' Mortilli e Fumo di tal città con la terra di S. Fihppo d'Agirò. Il di lui figlio Giovanni possedette il feudo e castello di Cefalà nel 1399. Infine un Raimondo Apiha o d' Aptiha fu pre- tore della città di Palermo, come ri- ferisce Baronio.
Armasi secondo Magnos : campo az- zurro con un leone d' oro circondato di api d'oro. Tav. XII. 3. Aponlc — Questa nobile e chiarissima fa- miglia originaria di Spagna, al dir di Mugnos, sotto i re aragonesi fiorì in Palermo. Vanta non pochi soggetti il- lustri nelle lettere e nelle armi, se- natori e pretori. Il p. d' Aponte fu un luminare di scienze ecclesiastiche, e produsse molte opere spirituali, anche oggi ricercate.
Armasi : campo azzurro con una fa- scia d' argento, in punta un ponte di ar- gento e di sotto un fiume. — Tav. XII. 4. Aprile (li Callagirone — Secondo il Mugnos famiglia nobile di Valenza passata in Sicilia sotto il re Federico II di Ara- gona, e stabilitasi in Noto, Modica e Caltagirone con carico di segreto di quest'ultima città, e decorata col ti- tolo di barone. Commendasi il p. Aprile dotto e virtuoso gesuita.
Armasi secondo il Villabianca: campo d' argento con una fascia di rosso ac- compagnata da tre rose rosse situate 2 in capo ed una in punta. — Corona di barone. Tav. XII. e.
Aprile (li Palermo — Giusta il Villabianca si arma: campo azzurro con una fascia d' oro accompagnata in capo da un gi- glio d'argento, e in punta da tre stelle d' oro con sei raggi situate in fascia. Tav. XII. 5.
Appuzzo — Nobile famiglia di S. Filippo di Agirò; si vuole proveniente di Mosco- via dove fiorirono Abbia de Apruz ca- pitano del Granduca di Moscovia, e che si distinse contro i Tartari. Demetrio fu cancelliere di quel ducato come ri- ferisce il Mugnos.
Portarono per arme: campo d'ar- gento con tre monti rossi sormontati in capo da corona di rosso. Tav. XII. 7.
Apillia — Antica famiglia nobile siracusana che rimonta a' tempi aragonesi, al dir di Mugnos. Primo a ricordarsi è uu Ferrerò d'Apulia ricchissimo barone. Tale famiglia fiorì ancora in Lentini, ove dicesi Pulia.
Armasi : campo inquartato in croce di S. Andrea, il capo e la punta di rosso, ed ai fianchi d' argento — Co- rona di barone. Tav. XII. 8.
A(lllÌlone — n INIinutoli vuole fosse questa flimiglia nobile ed antica di Messina, ove occupò ragguardevoli posti.
Armasi : campo rosso con un' aquila nera coronata, che tiene fra gli arti- gli un serpente verde. Tav. XII. 9.
Arada - — Il Villabianca l'arma: campo rosso con una banda d'oro accompagnata in capo da un' aquila d' oro , e neU' an- golo destro della punta da un leone d' oro. Tav. XII. 10.
Aragona — Consultati gli accennati scrittori
delle cose di Sicilia, ed in ispecie il Mugnos e l'Inveges troviamo essere un tal cognome appartenuto a più rami staccati dal ceppo reale, di cui sopra femmo cenno. In fatti alcuni sonosi nominati Aragona per linee collaterali, 0 per linea paterna o materna, per mogli, fratelli, figli, ec. del re di Si- cilia, altri come figli naturali di quelli. Nel primo caso è facile incontrare non pochi distinti personaggi, che àn go- vernato l'isola da presidenti, e la città col titolo di pretori. Possedettero i titoli di principe di Castelvetrano , duca di Terranova, marchese d' Avi- la, marchese della Favara, barone di S. Angelo, Burgetto ecc: sono stati grandi di Spagna di prima classe. — Nel secondo caso se vogliamo stare al Mugnos troviamo Giaime figlio na- turale di Pietro . che casatosi ebbe Beatrice, che fu poi moglie di Gugliel- mo d' Aragona, figlio naturale di Fe- derico IH, ed un Giovanni. Indi Fe- derico II pria di sposarsi ebbe una figlia che maritò con Loria grande Ai- mirante, cui die in dote l'isola di Gerbi ed altre terre. Anche dopo il matri- monio ebbe altri figli naturali, cioè Samio, Federico ed Orlando, e perciò decorati d'infiniti titoli e baronie sin dal 1330. Di là molte linee vigenti sino ai tempi del citato scrittore e che ne tesse in certo modo e sino a quel punto la genealogia. Finalmente secondo ri- leviamo dal Villabianca per una Bea- trice d'Aragona sorella di Carlo e maritata con Giovan Vincenzo Taglia-
75 via conte di Castelvetrano e figlio di Antonio ultimo barone di detta terra, un tal cognome di Aragona in quest'ul- tima casa si estinse.
Armasi secondo Mugnos : campo di oro con quattro pali di rosso. Tavo- la XII. 11. Arbca — Riferisce Mugnos nelle sue opere essere questa una famiglia nobile ed an- tica di Catalogna, ove occupò le prime cariche dello Stato. Con Pietro I di Aragona venne in Sicilia un Ramiro Arbea, eh' ebbe la castellania di Len- tini. Da lui ne venne Antonio, rettore di detta città, e che gloriosamente mori nella battaglia navale sostenuta da Federico II contro il duca di Ca- labria. Altro ramo di tal famiglia fece altresì 'da Catalogna passaggio in Sici- ha, e ciò fu per l'opera di due fratelli Pietro e Giovanni sotto re Martino nel 1391, figli del valoroso cavaliere Simeno Arbea. Il primo fu stràtico di Messina 1398, ottenendo un feudo, detto della Vigna Grande, in contrada laci 1404. Un Giovanni indi si ebbe la baronia di Sambuca, e nel 1453 il feudo delli Muni; un Carlo fu se- greto della città di Messina, ed ebbe sempre i piti alti posti.
Armasi: campo rosso con tre barre d'oro, e il capo cucito d'azzurro con un giglio d' oro. Tav. XII. 12. Arana — Si arma secondo il Villabianca; campo d' argento con cinque cuori di rosso situati in croce di S. Andrea. Tav. XII. 13.
I — Armasi secondo il Villabianca:
76 campo di oro con sei uccelli azzurri situati 2, 2 e 2. Tav. XII. u.
Arala — Il Villabianca l'ai^ma: campo di- viso nel 1° azzurro con tre gigli d'ar- gento allineati in fascia, nel 2" d'az- zurro con due bande d'oro accorciate ed un'aratro d'oro. Tav. XII. 15.
Arcabascio — Secondo il Villabianca arma- si : campo d' oro con un leone di nero posato su di una cassa d'azzurro e che tiene colla zampa sinistra una croce nera. ■ Tav. XII. la
Arcangelo — Antica e nobile famiglia cata- nese, il di cui primo stipite nel 1495 si legge secondo Mugnos esser stato im Giovanni Arcangelo, die fu a' ser- vizi di re Ferdinando il Cattolico, e che lo creò Miles, distinzione molto pregiata. Suo figlio Aloisio fu maestro notaro nel 1523 e capitano della città; un Scipione al dir di Minutoli fu ca- valiere di Malta.
Si arma: campo azzurro con un Ar- cangelo d' argento che impugna una spada d' argento. Tav. XII. n.
Arces — Al dir di Mugnos famiglia nobile di Aragona. Un ramo di essa passò in Sicilia stabilendo sua dimora in Mes- sina ove fiori un Matteo d' Arces ca- pitan d' arme del Val Demone.
Si arma: campo azzurro con un ponte sormontato da un castello d'oro, e so- stenuto da due leoni pur d' oro Ta- vola XIII. 8.
Ardoino — Questa famiglia secondo il Rossi teatro della nobiltà à' Europa, è di ori- gine francese per un Falcone eletto • arbitro di una quistione tra Luigi re
di Francia detto il Santo, e suo fra- tello re di Napoli nel 1249. Ella si stabilì in Messina come attesta il Bon- figlio nella sua Messina, sin da' tempi normanni. Noi quindi non facciam caso e dell' Ardoino di cui parla Mugnos, nò di quello marchese d'Ivi^ea lOIO, né dell' altro re di Torino nel tempo de' Longobardi, perchè non siciliani. Ma per come riferisce l' Anzalone nel libro de sua fmnilia, ella possedette le baronie di Venetico , Longarine e Maggazzà. Il Villabianca sulle tracce dello stesso Bonfiglio assicura essere una famiglia nobilissima di Messina, colà stabilita sin dal tempo de' Nor- manni, avendo avuto molti senatori. Vanta dei porporati, de' cavalieri ge- rosolimitani, de' cavalieri del Toson d' Oro. Un Andrea fu carissimo a Car- lo V essendo stato incaricato di molte ambasciate in Fiandra Spagna ed al- trove; fu presidente del R. Patrimonio e consultore del re^no. Ebbe la ba- ronia e il castello dell' Oliveri. Un al- tro Andrea nel 1603 fu capitan gene- rale del distretto di Messina per ca- gione de' Turchi, ed altre cariche si ebbe. In fine questo ramo si estinse nei principi di Alcontres e ne' marchesi di Soreto. Intanto nel ramo secondario dice lo stesso Villabianca nell' appen- dice della Sicilia Nobile, fuvvi un Giu- seppe Ardoino e Rocca fratello di Pie- tro che fu r ultimo principe di Alcon- tres. Costui fattosi chiamare marchese di Roccalumera sostenne cariche di senatore in Messina 1759 e 1769.
Armasi giusta gli autori concordi: campo diviso, nel 1° d'argento, con una aquila nera coronata; nel 2° d'azzurro con un leone d'oro coronato, accom- pagnato da una mezza luna d'argento situata nel fianco destro dello scudo, e da una stella d'oro con sei raggi nel fianco sinistro — Corona di principe.
TaV. XII. 19.
Arena di Palermo — L'Ansalone, il Beltrani, il Zazera e Ferrante della Marra par- lano a sufficienza dello splendore di questa illustre famiglia detta in Firenze dei Conclubetti marchesi d'Arena. — Secondo Mugnos si reputa progenitore in Sicilia un Federico Arena, che pas- sò da Aragona in Napoli a' servigi di re Manfredi, il quale gli die a reggere la Calabria e poi la Sicilia. Figlio di Angiolo, pronipote di Federico fu Gi- rolamo, nome celebre ne' fiisti di Si- cilia, che dopo aver percorso le più splendide cariche giudiziarie ed acqui- statovi rinomo di sommo giureconsulto come riferisce il Diblasi, compì sua car- riera nel posto di Primo Consultore del Re sopra gli affari di Sicilia, non che Consigliere Decano del R. Con- siglio di S. Chiara di Napoli, ove morì nel dicembre 1747. Intanto per diplo- ma di Carlo III Borbone fu nel 1758 decorato del titolo di marchese. Ebbe due figh, Giuseppe che percorse con plauso la carriera della magistratura, essendo morto in Palermo col carico di Consigliere togato del Supremo Ma- gistrato di Commercio, ed Elisabetta che sposato avea Carlo MortiUaro ba-
77 rohe del Ciantro ; ella rimase perciò u- nica erede e rappresentante la famiglia Arena. Or da costei con diploma del 9 gennaro 1754 dello stesso re Carlo fu ottenuto potersi il detto titolo di mar- chese trasferire alla connata famiglia MortiUaro, chiamandola preclarissima. Per lo che ne investì il di lei figlio Antonino e suoi successori, con fre- giarsene ed imporlo a sua scelta su quel feudo attuale o futuro che gli andasse a genio : ed Antonino per ri- verenza all'avolo l'impose sulla Villa Arena, che era la delizia del suo fon- datore Girolamo.
Armasi secondo Mugnos : campo az- zurro con un monte d'argento, sormon- tato da un leone d'oro. — Corona di marchese. — Di quest' arme fece uso la famiglia Arena come si osserva nei preziosi mobili di ebano e madreperla, di proprietà oggi del marchese Mor- tiUaro di Villarena. — Tav. XII. 20. Arena di Messina — Antica e nobUe famigUa di Messina, Caltagirone e Dentini, ove al dir di Mugnos fu chiara nelle let- tere e nelle armi. — Commendasi di questa famigha un Tommaso, che fu varie volte senatore in Caltagirone.
In Messina, secondo Minutoli, vanta un Andrea, che nel 1425 fu senatore ; e nel 1582 un fra Scipione cavaliere gerosolimitano. Ivi la famiglia fiorisce ne' baroni di Montechiaro e Roccadore aggiungendo al proprio cognome l'al- tro non meno illustre di Primo, de- nominandosi Arena-Primo.
Armasi: campo rosso con due bande
10
78 d'argento, i — Corona di barone. —
TaV. XII. 18.
Argomento — Famiglia nobile e ricca della città di Sciacca, al dir di Savasta, dove si tenne neutrale per le fazioni de' Luna e PeroUo, e dedita alla pietà fondò delle chiese come quella di S. Leonardo e Santa Venera. Commendasi un Gia- como Argomento per la liberalità verso i poveri, e per aver soccorso con suo peculiare interesse la sua patria.
Si arma secondo il citato autore: campo azzurro con una fascia d'argento accompagnata da tre palle d'oro si- tuate due in capo ed una in punta. — Tav. XVI. 13.
Arezzo — Al dir di Mugnos si vuole fosse stata un'antica nobile e chiarissima fa- miglia romana detta Aretia. Un Aldo Arezzo appare esserne stato il ceppo nel 1130 ai servizi di Ruggiero, da cui si ebbe molti feudi. Qualche altro l'ha fatto derivare di Spagna asserendosi possedere in Aragona un castello detto Arizzi, da dove il cognome. La genea- logia giunta ad Andreolo si biforca in Matteo e Giacomo, l'uno ricupera i beni paterni confiscati, l'altro diviene ba- rone di Cassibile e Bibieni.
Il ViUabianca riporta un dottor Cor- rado Arezzo barone di Donnafugata in- vestito nel 1666 ; un Blasco cavaliere gerosolimitano e fondatore della Com- menda di Ragusa nel 1626, qual ra- mo continua nella detta città; ed un
1 La tavola contenente il blasone di Arena trovavasi già
Giuseppe Arezzo che fu barone di Tar- gia per investitura del 1691, ramo e- sistente nella città di Siragusa. Inol- tre, seguendo il ViUabianca, Orazio A- rezzo fu Brigadiere nei reali eserciti, onorato da Carlo III Borbone del ti- tolo di marchese per investitura del 1748; e ciò in compenso di sue bene- merenze. Il di lui figlio Giuseppe, mor- to il 1837 fu gentiluomo di camera, amministratore di Casa Reale, e pre- sidente del supremo magistrato di Sa- lute P. non che cavaliere dell'ordine di S. Gennaro e di quello gerosolimitano. Infine il vivente marchese Orazio fi- glio del precedente gentiluomo di ca- mera dei re Ferdinando II e Fran- cesco IL
Armasi come vuole il Minutoli: campo diviso nel 1° d'oro con due ricci d'azzur- ro, nel 2° d'azzurro con due ricci d'oro. Corona di marchese. — Tav. XIII. o.
Argento — Armasi secondo il ViUabianca : campo azzurro con una mezza luna di argento. — Tav. XIII. i.
ArgenvìIIieri — Secondo il ViUabianca arma- si : campo d'oro con tre pali d'azzurro. — Tav. XIIL2.
Arislippo — Famiglia al dir di Mugnos no- bile catanese , che rimonta a' tempi normanni; molti governi come riferisce Fazello gli furono conferiti.
Armasi: campo d' argento con tre monti verdi, sormontati da tre rose rosse allineate in fascia. — Tav. XIII. 3.
secondo Mugnos, cioè campo d'oro con quattro fasce più o-
pubblicata, quando pervenne tardivamente al nostro ufficio la scure dall'istesso cucite, e la banda d'azzurro broccante sul notizia d'essere stato usato lo stemma secondo Minutoli e non ' tutto.
Arloco — Secondo Mugnos la è proveniente d'Irlanda; primo a nominarsi fa mi Giovanni Arloco barone di Montalba- no, poi di casa Bonanni.
Portò per arme: campo azzurro con tre uncini d'oro. — Corona di barone. Tav. XIII. 9.
Arnialeo — Famiglia nobile al dir di Mu- gnos, oriunda tedesca; passata in Mes- sina per un certo Luigi, medico chia- rissimo di re Federico II, e che di- venne assai ricco. I di lui figli occu- parono le prime cariche; infine un Francesco da re Martino ottenne pe' suoi servigi il feudo di Scalisi 1397. Armasi: campo rosso con un leone di oro coronato. — Tav. XIII. 4.
Armenia di Messina — Antica famiglia nobile messinese che secondo Bonflgiio e Mu- gnos trasse origine da un Giorgio gen- tiluomo armeno. Costui avea dal re un assegnamento di onze 200 l' anno per sovvenire le chiese ed i poveri. Un Matteo ebbe da re Ferdinando quattro salme di terra nell'isola di Malta.
Armasi giusta il detto Mugnos : cam- po d'oro con due orsi rossi affrontati. Tav. XIII. 7.
Armenia (li Lenlini — Dal Mugnos rileviamo esser questa una famiglia nobile ori- ginaria di Piacenza, passata in Sicilia sotto i reali d'Aragona, stabilendosi nella città di Lentini, ove occupò i primari uffici.
Si arma: campo d'oro con un leo- ne rosso di unghie azzurre. — Ta- vola XIII. 5.
Arolde — La fu secondo Mugnos un'antica
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famiglia nobile di Mazzara, che godè di non poche eminenti cariche.
Fece per arme : campo d'argento con una banda verde accompagnata da un uccello di rosso. — Tav. XIII. 10.
Arrac — Armasi giusta il Villabianca: cam- po rosso con tre palme d'oro. — Ta- vola. XIII. 11.
Arrigo — Armasi giusta il Villabianca: cam- po diviso nel 1° azzurro con una zam- pa di leone d'oro; nel 2° d'argento con tre pali azzurri. — Tav. XIII. 12.
Arsini — Riferisce Mugnos essere una fami- glia antichissima messinese di origine turca. Primo a ricordarsi è un Giulia- no, uomo ricchissimo, che apparentò colle più nobili famiglie deU' isola.
Si arma : campo d' argento con un cuore di, rosso sormontato da tre stelle rosse alhneate in fascia. — Tav. XIII, 13.
Arlale— Famiglia spagmiola e propriamente di Catalogna, venuta in Sicilia con Tristano Artale ed Artali nel 1394 ai servigi di re Martino. Fu castellano del regio palazzo, signore della Cuba e suo territorio in Palermo, come assi dal p. Ansalone e Luca Barberio. II di lui figlio Simone fu del pari ca- stellano, non che capitano giustiziere nel 1439. Per opposizioni al viceré Moncada la famiglia decadde dal suo splendore^, e quinci passò in Brente, Marsala e Mazzara ove si suddivise : lochè provasi da un atto giuridico ad istanza del dottor D. Paolo Artale e ricevuto dalla R. Gran Corte di Pa- lermo del 1691. Da un Filippo Ar- tale, che nel 1597 viveva in Brente
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discende la linea dimorante a Palermo. Commendasi dal Mongitore un ca- nonico Vincenzo Artale teologo, morto in odore di santità. Un Giuseppe fu valoroso nelle armi, viaggiò in Ita- lia ed in Germania, ove fu caro a molti principi, falcile da Ernesto Brunsvick ebbe concesso per supposto alle sue armi l'aquila imperiale. L'imperatore Leopoldo l'onorò di sua amicizia e pro- tezione. Fu cavaliere dell' ordine co- stantiniano, e per le opere pubblicate fu riputato insigne poeta. Un Paolo Ar- tale, di cui parlano Amato, Mongitore e Villabianca, nel 1685 venuto da Bron te a Palermo, vi ebbe tosto cittadi- nanza; fu valente giureconsulto ed a- scritto a varie accademie. Carlo per rasion della madre ereditò il titolo di barone; e morendo lasciò una bella bi- blioteca, come Amico attesta; ed il tutto al nipote Filadelfo. Un Filippo il 1701 ottenne poi il titolo di barone di Pog- gio Ferrato. Il barone Filadelfo Artale ascritto alla nobiltà di Catania nel 1775 fu giudice jiretoriano del Concistoro e della Gran Corte, avvocato fiscale e maestro razionale sino al 1774. Il 1779 egli ebbe titolo di marchese, in- vestito essendo stato de' feudi di Col- lalto e Cannata nel 1780. In detto an- no fu altresì promosso a consultore ossia reggente in Napoli. Fu del pari valente giureconsulto, lasciato avendo raccolto ed annotato un grosso vo- lume di decisioni feudali di Sicilia, nel 1752 pubblicato. Il di lui figlio Giu- seppe, marchese di CoUalto fu cava-
liere gerosolimitano, le cariclie occu- pando di G. della G. Corte, di avvo- cato fiscale, di maestro razionale del R. Patrimonio, e di Presidente della G. C. nel 1817. Ebbe inoltre la mis- sione straordinaria di vicario generale con alter ego in Messina, ed infine fu presidente della Suprema Corte di Giu- stizia sino 1 824 : magistrato insigne in tempi difficili un nome illustrelasciando. Attuale capo della fjxmigiia è oggi il di lui figlio Filadelfio Artale ed Al- liata marchese di Collalto, che pe' suoi meriti occupò varie distinte cariche; fu Intendente della Provincia di Mes- sina, maggiordomo di settimana dei re Ferdinando II e Francesco II, in- signito essendo della croce di cava- liere dell'ordine costantiniano. Sposò la nobilissima dama Lucia Grifeo e Gra- vina de' Principi di Partanna, con la quale si rese genitore del vivente mar- chese Giuseppe Artale e Grifeo.
Si arma secondo il Mugnos : campo rosso con un leone d'oro che tiene con le zampe anteriori un martello di nero — supporto un' aquila bicipite. — Corona di marchese. — Tav. XIII. 14.
Arie — Secondo il Villabianca si arma: cam- po d'oro con un globo d'azzurro sor- montato da un uomo al naturale, che tiene nella man destra un compasso di nero. — Tav. Xlll. is.
ArlCgua — Riferisce Mugnos esser questa una famiglia nobile aragonese, passata in Sicilia con re Martino e Maria.
Primo fu un Giovanni Artegua, ba- rone di Santa Domenica nel 1399.
Fa per arme: campo rosso con due mazze d'oro situate in croce di S. An- drea. Corona di barone. — Tav. XIII. le. Artesio — Secondo Mugnos famiglia nobile catalana; venuta in Catania, ove molto fiorì.
Spiega per arme : campo inquartato di rosso e d'argento. — Tav. XIII. ir. Ascenso — Si riferisce dal Mugnos essere questa una cbiarissima famiglia spa- gnuola, proveniente di Francia — Un Giovanni Ascenso gentiluomo catalano nel 1283 fu il pruno a recarsi in Si- cilia col carico di cameriere dell' in- fante Federico, indi nel 1501 ottenne la castellania di Naro e molti terri- torio Un ]\Iatteo fu uno degli eletti ba- roni del re Federico II opponendosi a re Giacomo, che volea rinunziare la Sicilia a Carlo d'Angiò ; fu per questo eletto nel 1340 suo regio familiare. Un 2° Matteo fu cavaliere, giudice giu- rato di Girgenti con onze 24 annue su' proventi del porto di detta città. Venuto re Martino in Trapani il 1598 fu ivi accolto da un Guglielmo Ascenso ed altri baroni; per lo che fu eletto suo familiare, ed ebbe concessi i beni allodiali che appartenevano ad Enrico Ventimio-lia Conte di Alcamo. — Un Matteo in Girgenti fu cavaliere, e poi Giudice nel 1401; indi ebbe il feudo di Giardinello che da un suo discen- dente nel 1506 fu venduto. — Intanto ne venne un Stefano che nel 1454 si ebbe il governo del contado di Modica, ove stabilì sua famiglia. — Un Dottor Manfredo fu fatto Sindaco di Messina
81 e Catania, mentre un Matteo prese il governo del contado suddetto. — Un Francesco nel 1535 fu da Carlo V armato cavaliere in Bologna; ed un altro Francesco comechè fatto cava- liere dal detto imperatore il privilegio anche si ebbe di poter aggiungere l'a- quila imperiale in campo d'oro all'ar- me di sua famiglia. Il Villabianca sog- giunge : il primo ad essere investito del feudo di Santa Rosalia in vai di Noto tra Modica e Spaccaforno fu un Pietro Ascenso figlio di Francesco nel 1682, per concessione di Carlo II; e ciò in benemerenza de' suoi servigi e di quelli degli avoli — Un altro Fran- cesco fu ancora investito del feudo di Piana. Inoltie rilevasi dalla famiglia che un Pietro maritato con Alessan- dra Spadafora e Colonna, figlia del Principe di Maletto e Venetico, fu se- natore di Palermo, cavaliere di Mal- ta ed imbarcato sulle galere contro i Turchi, morto nel 1821. Il di lui fi- glio primogenito Federico , che con tanta lode seguile orme cavalleresche del padre, ereditò i titoli della madre, quali essendo egh oggi morto sono già passati alla figlia nobil dama France- sca Ascenso e Lucchesi PaUi in Mon- roy, principessa di Maletto e di Vene- tico. Commendasi in fine il vivente Domenico Ascenso generale nell'eser- cito italiano.
Armasi: campo trinciato nel 1° di oro con un'aquila bicipite spiegata di nero, nel 2° di rosso con tre bande d'oro ca- ricate da cinque palme verdi situate 3,
82 2 e 1, lo scudo sormontato da elmo di nobile antico. — Corona di baro- ne.—Tav. XIV. 1.
Ascoli — È questa, come dice Mugnos una antica famiglia baronale di Sicilia, mol- to ricca ed illustre.
Ella fa per arme: campo d'oro con una bandiera rossa con asta di nero caricata da un uccello d'argento. — Tav. XIV. a
Asmuildo 0 Sismondo — Antica ricca potente famiglia originaria di Pisa; si ha di lei contezza al dir di Mugnos sin dal tempo di Carlomagno, cui rese grandi servizii; imperocché un Sismondo ca- pitan tedesco nel passare da Germa- nia in Pisa accompagnò l' imperatore. Un ramo passò a Napoli e diessi il so- prannome di Carafa, o Caratò per la sua fedeltà, I80I; l'altro in SiciUa per Adamotto, che qui accompagnando ven- ne Ruggiero; e per cui ottenne la ca- stellania e il dominio di Jace nel 1089. Per l'elasso di anni sette colle stesse prerogative il re lo ebbe seco lui in Mazzara, conflrmando però la connata signoria al figUo Stefano. Nel 1173 la famiglia ebbe confirmato anche il feudo di Baldirone in Agrigento; indi il feudo di Pontalica. A causa di fazione avversa perde tutto; ma sotto casa d'Aragona riebbe onorati carichi; tanto che ottenne le due castellanie di Taormina e Mazza- ra. Sotto re Pietro risiedette in Catania, ove occupò le prime magistrature. Un Pietro Asmundo ebbe concesso il feudo di Amenta da re Federico. Un Adamo nel 1413 pe' suoi grandi talenti fu av-
vocato fiscale della G. C. Indi fu giu- dice di detto tribunale; poi salendo pei* tante altre cariche pervenne ad occu- pare il posto di presidente del Regno, Luogotenente Generale, e infine Vica- rio Generale con cdter ego. Perlochè ebbe annuali onze 100 in perpetuo. I suoi figli furono trattati con molta distinzione, talché il primo Nicolanto- nio fu gentiluomo di camera del re Alfonso, e cavaliere dell'Ordine Eque- stre unitamente a' suoi figli in perpe- tuo 1446; Federico fu maestro razio- nale del tribunale del E.. Patrimonio; Girolamo Vescovo di Patti, 1546. Un Girolamo cav. gerosolimitano nel 1 622. Bisogna convenire esser questa una fa- miglia molto rispettata in Catania, a- vendo sempre goduto le prime cariche dello Stato. Un Francesco fu successore della baronia di S. Giuliano; ed un 2° Gi- rolamo 1647, in età giovanile con molta destrezza e coraggio, fece cessare le po- p olari sedizioni in quella città, avvenu- te. Infine al dir di Villabianca nel 1756 un Giuseppe Asmundo Paterno Pre- sidente de' Tribunali del Concistoro e del Supremo Magistrato di Commer- cio, pe' suoi servigi e pe' suoi meriti non che per la chiarezza di sua fami- glia, ottenne dal re il privilegio di po- tersi nominare marchese di Sessa. Di lui molto scrive il dotto Gervasi nel f. 5 delle sue sicole sanzioni. Questa linea esiste tuttora in Palermo, men- tre un'altra trovasi in Catania nei Prin- cipi di Gisira.
Armasi giusta il Mugnos : campo di
oro con tre fasce di rosso, accompagna- te in capo da un leone rosso passan- te. Corona di marchese. — Tav. XIV. e.
Assale— Al dir di Mugnos fu una famì- glia nobile di Francia. Un Luigi As- sale gran maestro dell' Ordine Gero- solimitano, 1168, è il primo che si conosce aver jflorito in Siciha e pre- cisamente in Palermo, ove stabilironsi molti altri cavalieri di gran qualità. Si arma : campo rosso con tre monti d'argento, sormontati da due leoni di oro affrontati — Tav. XIV. 2.
Assicni — Secondo il Villahianca si arma: campo d'oro, con un albero verde ac- costato da due cani bracchi di rosso rampanti. — Tav. XIV. 4.
Astuto — Si arma secondo il Villahianca: cam- po d'argento con una biscia di nero, si- tuata in fascia, accompagnata in capo da tre stelle d'azzurro ed in punta da tre fiamme rosse, allineate in fescia. —Tav. XIV. 5.
Atanasio — Armasi secondo il Villahianca: campo azzurro con due bande d' oro ed un agnello d'argento dormiente. — Tav. XIV. 7.
Auria — Vuole il Mugnos fosse un'antica, chiara e molto nobile famidia di Si- cilia, e ricorda un Manfredo signor di Calatabiano e d'altri grossi feudi; il quale sotto re Federico II ebbe molti distintissimi figli. Da lui un Ottobuono la terra di Castronuovo si ebbe, il ter- ritorio di Rieni, ed il molino de' Ba- roni nel territorio di detta terra. Un Emmanuele fu gran cavahero, il quale da re Pietro II ottenne Castellammare
83 del Golfo non che il feudo di Calatubi e l'isola di Pantngia, tolti al Peralta per ribellione. Il Fazello ricorda un Gio- vanni nella città di Monte S. Giuliano ed un Corrado cavalier valoroso, 1463. Il Mugnos poi fi riflettere che un Ber- nardo nobile genovese passò da Genova in Palermo. Notisi infine un '\nneonzo Auria sommo scrittore di cose sicule.
Armasi: campo diviso d'oro e di ar- gento con un' aquila spiegata di nero broccante sul diviso. — Tav. XIV. s. Averna 0 Avarna — Il p. Coronelli, Uhìioteca utiioersale, dice esser questa un'antica patrizia famiglia messinese, ricca e si- mora della terra di S. Caterina in Ca- labria. Possedè la baronia di Manganisi, di cui fu investito nel 1560 il barone Mariano Avarna cavaliere di squisite qualità. I successori occuparono sempre distinti carichi — Il Villahianca, che la chiama Avarna, dichiara che nel 1702 un ab. Francesco Avarna si rese pos- sessore del titolo di duca di Beluiso, che fu ceduto ad una tal di Parisi, il ITI 5; il quale alla sua volta dichiarò appartenere nuovamente alla famiglia Avarna, cioè al Conte Giuseppe Avar- na, che prese investitura nel 1716. Fu egli cavaliere di S. INIaurizio e maestro razionale di cappa corta del Tribunale del R. Patrimonio, e Governatore de- gli Azzurri. Nel 1731 gli succede An- drea, che al titolo di duca di Belviso univa quello di visconte di Franca- villa, e barone della Decima.
Un altro ramo di questa famigUa trovasi in Palermo col titolo di duca
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di Gualteri, di cui commendasi Carlo A- varna, che fu governatore della nobile Compagnia della Pace nel 1812, pre- sidente del Ministero in Napoli, gen- tiluomo di camera e Cav. degli Ordini di S. Gennaro e di S. Ferdinando. Vanta in fine de' cavalieri gerosolimi- tani.
Si arma giusta il Minutoli: campo d'oro con una banda azzurra, i — Co- rona di duca. — Tav. XIV. 9.
Aversa — Non altro riferisce il Mugnos su questa nobile famiglia che d'aver tro- vato un Giacomo Aversa investito de' feudi di Felzuto e d'Ortelia nel 1509. Altrove chce d' avere soggiornata in Mistretta e sempre opulenta.
Armasi: campo d'ai^gento con un leo- ne rosso, che guarda per dietro una cometa rossa situata nell'angolo sini- stro del capo. — Corona di barone. — Tav. XIV. is.
Avellino — Famiglia nobile messinese, al dir del Minutoli, che l'arma : campo divi- so, nel 1° d'azzurro con tre barre d'o- ro, nel 2° d'oro con una barra nera ac- compagnata da un leone nero situato nell'angolo sinistro della punta. — Ta- vola XIV. 11.
Avellone — Secondo il Villabianca fa per arme: campo azzurro con tre bande di oro, la terza caricata da tre steUe az- zurre accompagnate nell'angolo destro della punta da tre rocche d'argento,
1 La tavola contenente lo stemma di Avarna trovavasi già pubblica, quando pervenne tardivamente al nostro ufficio la
dalle quali sorge ima testa di ser- pente coronata d' argento. — Tavo- la XIV. 12.
Avila — Il Mugnos ricorda un Antonio d'A- vila, barone della Biscaglia, che s'in- vestì del feudo nel 1501; cosi molti altri baroni di seguito che fiorirono; però la famiglia trovasi estinta. — Ar- masi campo azzurro con una torre di oro ed un leone sorgente dell'istesso. —Tav. XIV. io.
Avveduti — Di questa nobile antica famiglia proveniente d'Orvieto il Mugnos ripor- ta pel primo un Corrado Avveduti, se- gretario del re Ludovico; succede allo zio Giovanni Santasofia in un tenimento di terre nell'isola di Malta. Il di lui fighe Filippo fu coppiere di re Al- fonso.
Armasi: campo d'^^rgento con un leo- ne rosso accompagnato da una co- meta dell' istesso situata nell' angolo destro del capo. — Tav. XIV. u.
Avvocata — Giusta il Villabianca armasi: campo rosso con un braccio armato d'argento che impugna una penna. — Tav. XIV. 16.
Avresi — Si arma giusta il ViUabianca: cam- po d'oro con due cavalli neri passan- ti.—Tav. XIV. 15.
Azzarello — Il Villabianca l'arma : campo az- zurro con un capriolo d'argento accom- pagnato da tre uccelli d'argento situati 2 in capo, ed 1 in punta. — Tav. XIV. n.
notizia d'essere stata usata sempre dalla famiglia la fascia az- zurra in luogo della banda.
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Baglione — Armasi secondo il Villabianca : campo partito nel 1° d'argento con una fascia d' azzurro , nel 2" scaccheggiato d'argento ed azzurro. — Tav. XVII. i.
Bajada — Il Villabianca riferisce esser que- sta una nobile famiglia che pregiasi derivare dalla nobilissima Pugiades o- riunda di Barcellona, che governò il regno col carico di viceré; ciò che vien confermato da un privilegio di re Fer- dinando il Cattolico dato in Vagliadolid il 1509, e da due altri di Carlo V im- peratore, l'uno dato in Cordova 1520, e l'altro in Bruxelles 1556, in cnì un Martino Pugiades detto pur di Bajada , figlio del fu Giovannantonio Bajada ca- valiere del Cingolo Mihtare vien trat- tato per nobile del S. Romano Impero con tutti i suoi posteri e discendenti, e gli vien confermato lo stesso stem- ma usato dalla famiglia Bajada, che descriveremo più sotto — Un France- sco Bajada con dispaccio patrimoniale del primo luglio 1698 vien dichiarato discendere in linea retta dacrli antichi signori Pugiades; il di lui figlio Gia- como per la moglie Anna Caterina di Napoli il 1755 fu giudice del Conci- storo, auditore generale interino del- la Giunta di Guerra, avvocato fisca- le , consigliere togato del Supremo Ma- gistrato di Commercio, maestro razio- nale di cappa lunga, ed infine reggente consultore nella Giunta della Sicilia e de' Domimi di Parma e Piacenza presso la corte di Napoh l'anno 1774,
Un Corrado Bajada figlio del pre- cedente fu consultore di stato in Na- poli, ebbe due figlie, Caterina moglie del marchese Brancaccio, e Giuseppa che sposò Pietro Moncada conte di Caltanissetta clie poi fu Principe di Paterno.
Armasi: campo azzurro con un giglio d'oro e la bordura merlata dello stesso — Corona di marchese — Tav. XVII. 2.
BajaillOUlc — Armasi giusta il Villabianca : campo d'argento con tre fasce d'azzur- ro caricate di cinque lozanghe e due mezze d'argento. — Tav. XVII. 3.
Bajardi — Dal Villabianca si scorge essere questa una delle nobili famiglie di Pa- lermo, ove fiorì un Giuseppe Bajardi barone di Mottacamastra, luogotenente del grande Almirante del regno di Sici- lia e sue isole adiacenti; un Giovan- ni di lui figlio investito del marchesato di Mottacamastra il 1768, sotto però la novella denominazione di marchese di S. Carlo; ed infine un Giuseppe , ministro superiore della nobile com- pagnia della Carità di Palermo.
Sembra essersi estinta in casa Ri- varola.
Armasi : campo azzurro con un ca- vallo d'oro che guarda un sole dello stesso, movente dall'angolo destro del capo. Corona di marchese. — Tavo- la XVII. 4.
Bajona — Armasi secondo il Villabianca : campo d'oro con uu elefante nero po- sto su d'un poso di verde — Tav. XVII. 5.
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Baldes — Annasi giusta il Villabianca: cam- po d'argento con quattro fasce azzurre accompagnate da 10 rosette rosse or- dinate 3, 2. 2, 3. Tav. XVII. 7.
Balesleros — Famiglia spagnuola, il di cui primo ceppo in Sicilia sembra un Pie- tro Balesteros capitano spagnuolo ve- nuto da Madrid nel 1623, ed eletto ca- stellano della città di Agosta in Sici- lia per privilegio di re Filippo IV. Fio- rirono Isidoro Balesteros primo ba- rone di Bongiordano per privilegio di re Ferdinando IV; qual